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ECONOMIA POLITICA

Non si riducono le tasse aumentandole

Suggerimento (non richiesto) al governo: non si possono ridurre le tasse sul lavoro, alzandone altre su rendite e patrimoni. Si devono ridurre le tasse ovunque, se si vuole far ripartire l'economia. Meno tasse vuol dire più crescita.

Editoriali 26_02_2014
Padoan, ministro dell'Economia

La Nuova Bussola Quotidiana si è impegnata a fornire “pro bono” suggerimenti, non richiesti, ai governi in carica affinchè possano realizzare bene il bene comune . Settimana scorsa abbiamo cercato di spiegare perche non si devono mai più aumentare le tasse. Oggi vorremmo entrare nel merito della riduzione del costo del lavoro (il famoso cuneo fiscale), per realizzare il quale si sta pensando di aumentare, naturalmente, le tasse su qualcosa. In pratica un governo di filosofi sta pensando come diminuire gli oneri fiscali aumentando oneri fiscali. Magari è bene che i governanti-filosofi apprendano regole elementari di “meccanismi economici” affinché si realizzino risultati e non si creino invece maggiori danni. Attenzione all’uso semantico di certe espressioni. Se invece di voler “aumentare le tasse”, il governante-filosofo dice di voler “cambiare le tasse”, poi chi deve pagare le tasse “cambiate”, magari, si arrabbia...

Ma veniamo al problema del “cuneo fiscale”. Il governante-filosofo dice che, per render più competitivo il paese, bisogna ridurre il costo del lavoro, perciò gli oneri sociali che vi gravano. Bene, siam d’accordo. Ma per ridurli il governante-filosofo spiega che bisogna tassare di più qualcosa d’altro. Magari la sera prima ha letto un libro di filosofia finanziaria e così decide di tassar le rendite finanziarie, o fare patrimoniali o prelevare dalle pensioni d’oro, argento e mirra. Vediamo di dare il famoso contributo settimanale

L’Italia è un paese di imprese sane, di imprenditori seri. Ma sono imprese piccole per competere nel mercato globale. Devono poter crescere con investimenti, mantenendo i valori della imprenditorialità. Per render attraente investire in dette imprese, in Italia, si deve accrescere la possibilità che detto investimento dia un ritorno, un reddito adeguato. Per dare questa sicurezza si deve, anche, ridurre la fiscalità delle imprese e gli oneri sociali che gravano sul costo del lavoro (cuneo fiscale). Anche, ho detto. Il filosofo al governo ha annunciato di “cambiare” la tassazione del lavoro, o cuneo fiscale, diminuendola, ma aumentando la tassazione delle rendite finanziarie. Cioè sposta le tasse. Ma questa non è economia, è politica. Non è decisione di politica industriale, è decisione di politica politica. Bene, affermiamo che il cuneo fiscale si deve riuscire a risolvere senza “cambiare le tasse”, senza trasferirle danneggiando con questa manovra altri meccanismi del sofisticato sistema economico (che il filosofo non conosce), ma soprattutto senza MAI PIU’ aumentare alcuna tassa. Anzi, si deve ridurre il cuneo fiscale riducendo con coraggio la fiscalità per le imprese, senza trasferirla ad altre tassazioni.

Perchè appena si riduce il cuneo fiscale l’economia riparte, a brevissimo, perchè diventa competitiva (lo sa il filosofo che le imprese che operano sul mercato domestico lavorano al 60-70% di capacità pruduttiva?), vende, esporta, guadagna (sia che lavori sul mercato domestico che all’export). Le imprese che hanno progetti veri di crescita ricevono capitali e investono, le banche finanziano, le imprese crescono, assumono, fan profitti, pagano le tasse. È la crescita economica che assorbe il cuneo fiscale, non altre tasse da altre parti. Meno tasse = più crescita. Meno costo del lavoro = più competitività, più investimenti, più impiego, più crescita e profitti tassabili.

Certo, si può prevedere una certa discrasia temporale. Che il governante-filosofo vada a Bruxelles a spiegarla ed ottenere approvazione. Così sarà utile. Per esser certo di essermi spiegato, lo ripeto: il ministro dell’industria (in accordo con Confindustria, Sindacati...) deve imporre come norma di governo la riduzione del cuneo fiscale dal 40% al 30-20%, diminuendo i contributi a carico delle imprese, senza toccare il welfare (se non negli sprechi). È evidente che ciò va fatto per le imprese che devono poter crescere perche hanno progetti e capacità di crescita e traino dell’economia. Confindustria lo sa bene quali sono i settori e i caratteri. Senza questa valutazione la riduzione del cuneo fiscale diventa solo indiscriminata riduzione costi, ma non diventa vero sviluppo economico. Se poi è stato finanziato dal trasferimento su tassazione rendite finanziarie, diventa penalizzazione di risparmio e probabile minori consumi. Senza alcun risultato. Se non si sa spiegarlo a Bruxelles, si fallirà ancora una volta! Questa è la vera riforma del lavoro che i sindacati sosterranno sicuramente, aiutando la creazione, anziché la protezione, di posti di lavoro. Così riporteremo in Italia il lavoro esportato all’estero. Così si fa economia industriale e non filosofia politica.