IL DISCORSO
«Non si può separare il diritto dalla giustizia»
Per il Papa le leggi vanno interpretate alla luce del diritto naturale. Così il diritto canonico deve far riferimento alla legge superiore della Chiesa.
Attualità
24_01_2012
Nell'annuale udienza alla Rota Romana in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, il 21 gennaio, Benedetto XVI ha svolto delle considerazioni molto profonde sul rapporto fra legge positiva e legge naturale che, se si applicano specificamente al diritto canonico, sono però preziose per chiunque si occupi di diritto in generale.
Come fa spesso di questi tempi, il Papa è partito «da uno degli importanti eventi ecclesiali, che vivremo tra qualche mese; mi riferisco all’Anno della fede, che, sulle orme del mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Paolo VI [1897-1978], ho voluto indire nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Quel grande Pontefice – come ho scritto nella Lettera apostolica di indizione – stabilì per la prima volta un tale periodo di riflessione "ben cosciente delle gravi difficoltà del tempo, soprattutto riguardo alla professione della vera fede e alla sua retta interpretazione"». La parola «interpretazione» usata dal servo di Dio Paolo VI è significativa, e non si riferisce al solo ambito teologico.
Un tema parallelo è «l’interpretazione della legge canonica in ordine alla sua applicazione. Il nesso con il tema appena accennato – la retta interpretazione della fede – non si riduce certo a una mera assonanza semantica, considerato che il diritto canonico trova nelle verità di fede il suo fondamento e il suo stesso senso, e che la "lex agendi" non può che rispecchiare la "lex credendi"». Problema, ha detto il Papa, «vasto e complesso», in ordine al quale - come si è accennato - si pongono questioni che, pure specifiche del diritto canonico, hanno rilievo anche per il problema delle leggi e del diritto in generale.
Anzitutto, «l'ermeneutica del diritto canonico è strettamente legata alla concezione stessa della legge della Chiesa». Il positivismo giuridico - per cui l'unica legge è quella positiva, scritta, e non esiste nessun diritto naturale - è purtroppo penetrato anche tra i canonisti, alcuni dei quali vorrebbero «identificare il diritto canonico con il sistema delle leggi canoniche». Ma in questo caso, ha obiettato il Pontefice, «la conoscenza di ciò che è giuridico nella Chiesa consisterebbe essenzialmente nel comprendere ciò che stabiliscono i testi legali». Come avviene per il positivismo giuridico in genere, «a prima vista questo approccio sembrerebbe valorizzare pienamente la legge umana. Ma risulta evidente l'impoverimento che questa concezione comporterebbe, con l'oblio pratico del diritto naturale e del diritto divino positivo».
Il Papa critica anche le correnti progressiste che, partendo da una critica in sé giustificata del positivismo giuridico, «hanno messo in guardia contro l'eccessivo attaccamento alle leggi della Chiesa, a cominciare dai Codici, giudicandolo, per l'appunto, una manifestazione di legalismo. Di conseguenza, sono state proposte delle vie ermeneutiche che consentono [secondo chi le propone] un approccio più consono con le basi teologiche e gli intenti anche pastorali della norma canonica, portando ad una creatività giuridica in cui la singola situazione diventerebbe fattore decisivo per accertare l'autentico significato del precetto legale nel caso concreto». In pratica, ogni caso singolo avrebbe la sua legge. «La misericordia, l'equità, l'oikonomia così cara alla tradizione orientale, sono alcuni dei concetti a cui si ricorre in tale operazione interpretativa», applicata soprattutto alle questioni morali e matrimoniali. Ma, obietta il Papa, «questa impostazione non supera il positivismo che denuncia, limitandosi a sostituirlo con un altro in cui l'opera interpretativa umana assurge a protagonista nello stabilire ciò che è giuridico. Manca il senso di un diritto oggettivo da cercare, poiché esso resta in balìa di considerazioni che pretendono di essere teologiche o pastorali, ma alla fine sono esposte al rischio dell'arbitrarietà».
In questo progressismo, con il pretesto di un buonismo che si vuole misericordioso verso tutti, «l'ermeneutica legale viene svuotata: in fondo non interessa comprendere la disposizione della legge, dal momento che essa può essere dinamicamente adattata a qualunque soluzione, anche opposta alla sua lettera». Quando si parla di far prevalere la vita, non si comprende che essa ha in realtà «una intrinseca dimensione giuridica». Tra il positivismo giuridico e un presunto anti-positivismo che distrugge il diritto sulla base del primato assoluto del caso concreto, «esiste un'altra via, in cui la comprensione adeguata della legge canonica apre la strada a un lavoro interpretativo che s'inserisce nella ricerca della verità sul diritto e sulla giustizia nella Chiesa». E questo, insiste Benedetto XVI, non vale solo per il diritto canonico ma per ogni diritto. «Come ho voluto far presente al Parlamento Federale del mio Paese, nel Reichstag di Berlino, il vero diritto è inseparabile dalla giustizia».
Questo principio, che vale anche per la legge canonica, consente di superare il positivismo giuridico. «In quest'ottica la legge positiva umana perde il primato che le si vorrebbe attribuire, giacché il diritto non si identifica più semplicemente con essa; in ciò, tuttavia, la legge umana viene valorizzata in quanto espressione di giustizia, anzitutto per quanto essa dichiara come diritto divino, ma anche per quello che essa introduce come legittima determinazione di diritto umano». Solo così, in verità, «si rende possibile un'ermeneutica legale che sia autenticamente giuridica, nel senso che, mettendosi in sintonia con il significato proprio della legge, si può porre la domanda cruciale su quel che è giusto in ciascun caso».
In concreto, come procedere? «Conviene osservare, a questo proposito, che per cogliere il significato proprio della legge occorre sempre guardare alla realtà che viene disciplinata». Le leggi infatti vanno sempre «interpretate anche alla luce della realtà regolata, la quale contiene sempre un nucleo di diritto naturale», «con il quale deve essere in armonia ogni norma per essere razionale e veramente giuridica». Per quanto riguarda il diritto canonico, questo modo di interpretare la legge dovrà essere «vivificato da un autentico contatto con la realtà complessiva della Chiesa, che consente di penetrare nel vero senso della lettera della legge». Il Papa applica all'interrogazione delle leggi una frase di sant'Agostino [354-430] in tema di ermeneutica biblica: «il trascendimento della lettera ha reso credibile la lettera stessa». «Si conferma così che anche nell'ermeneutica della legge l'autentico orizzonte è quello della verità giuridica da amare, da cercare e da servire». Interpretare il diritto canonico nella Chiesa e con la Chiesa significa, ha affermato il Pontefice, «applicare anche alla legge canonica quell'ermeneutica del rinnovamento nella continuità di cui ho parlato in riferimento al Concilio Vaticano II, così strettamente legato all'attuale legislazione canonica».
Questa ermeneutica, applicata al diritto canonico, chiede di «studiare con onestà e dedizione la tradizione giuridica della Chiesa per potersi identificare con essa e anche con le disposizioni legali emanate dai Pastori, specialmente le leggi pontificie nonché il magistero su questioni canoniche, il quale è di per sé vincolante in ciò che insegna sul diritto» - un principio, naturalmente, che non vale solo in tema giuridico. Le riflessioni proposte dal Papa si applicano a tutto gli ambiti del diritto, ma per i canonisti «acquistano una peculiare rilevanza nell'ambito delle leggi riguardanti l’atto costitutivo del matrimonio e la sua consumazione e la ricezione dell’Ordine sacro, e di quelle attinenti ai rispettivi processi. Qui la sintonia con il vero senso della legge della Chiesa diventa una questione di ampia e profonda incidenza pratica nella vita delle persone e delle comunità e richiede una speciale attenzione».
Qui, in particolare - soprattutto quanto all'annullamento dei matrimoni - il positivismo giuridico inutilmente lettera lista e rigorista e il buonismo che si ammanta di falsa misericordia hanno fatto gravi danni. Su questi temi, ha detto il Papa, occorre rileggere il Magistero ordinario - compresi i numerosi discorsi dello stesso Benedetto XVI in tema di nullità dei matrimoni - e seguirlo fedelmente. Si dovrà dunque «procedere con un senso di vera riverenza nei riguardi della verità sul diritto, cercando di praticare esemplarmente, nell’applicazione degli istituti giudiziali e amministrativi, la comunione nella disciplina, quale aspetto essenziale dell'unità della Chiesa».