Non sarà un governo del popolo
Per il bene del Paese ci si augura che il suo tentativo riesca, ma bisogna essere consapevoli che Enrico Letta - ex sinistra DC migrato verso il PCI - è punto di riferimento di circoli elitari, laici progressisti, che non promuovono nulla di ciò che sta a cuore ai cattolici.
Stretto fra l’ammonizione di Napolitano, secondo il quale Enrico Letta deve assolutamente riuscire a formare un nuovo governo, e la riserva di quest’ultimo, che ha detto chiaro e tondo di non essere disponibile a formarlo a qualsiasi costo, il cammino verso il cambio della guardia a palazzo Chigi si prospetta né lineare né agevole. Dimostrando di esserne ben consapevole, Letta ha accettato l’incarico con una riserva che dovrebbe sciogliere lunedì prossimo.
Mentre per il bene del nostro Paese in questo momento non si può che augurargli di riuscire nella difficile impresa vale forse la pena di soffermarsi sul personaggio e sul suo itinerario politico-culturale. Si cita spesso il fatto del suo legame di parentela con uno dei più stretti collaboratori di Berlusconi, Gianni Letta, di cui Enrico Letta è nipote in quanto figlio di un fratello. I due hanno ricoperto il medesimo incarico in governi rispettivamente presieduti da Prodi e da Berlusconi tanto che per ben due volte da nipote a zio e viceversa si sono scambiati le consegne.
Questa circostanza è però più curiosa che significativa. I Letta sono di origine abruzzese, ma il padre di Enrico, professore universitario, si era trasferito a Pisa, dove l’attuale presidente del Consiglio è nato, è cresciuto e si è laureato in un ateneo, quello pisano, che è una delle roccaforti del pensiero illuminista nel nostro Paese.
Nato nel 1966, Enrico Letta, impegnatosi nella Democrazia Cristiana sin dagli anni del liceo, è un politico di professione nel più stretto senso della parola. Tra il 1991 e il 1995 è presidente dei giovani democristiani europei. Poi, travolta la DC da “Tangentopoli”, diviene vicesegretario del Partito Popolare Italiano, carica che ricopre fra il 1997 e il 1998.
In seguito, insieme a tutto quel che resta della sinistra democristiana, migra verso il PCI che frattanto cambia più volte nome fino ad assumere quello attuale di Partito Democratico. Qui come noto l’antica sinistra democristiana costituisce la seconda componente per importanza dopo quella di origine comunista. E dell’antica sinistra democristiana conserva il tipico carattere: una fedeltà talvolta solo affermata ma talvolta anche autentica per un cristianesimo inteso soprattutto come morale, e pertanto vissuto per lo più in modo moralistico, però paradossalmente collocato all’interno di una visione del mondo secolarizzata e del tutto subalterna al progressismo “laico”. Sono i cosiddetti cattolici “scomodi”, in realtà comodissimi per i loro compagni di viaggio perché sempre molto disponibili a lavorare seriamente senza porre i proverbiali paletti, e sempre pronti a sacrificare per il bene della causa le questioni di principio.
E’ questa tra l’altro l’area da cui proviene pure Matteo Renzi, anche se per motivi anagrafici non direttamente. Chiamato giovanissimo da Mino Andreatta a far parte della sua segreteria, Enrico Letta si affaccia ben presto alla ribalta della politica nazionale sino a diventare il più giovane ministro nella storia della Repubblica Italiana. Frattanto sviluppa relazioni internazionali ben qualificate con circoli esclusivi del mondo nord-atlantico tanto che oggi ha un ruolo di rilievo nella sezione italiana della Trilateral Commission ed è membro del comitato esecutivo dell’Aspen Institute Italia, sezione italiana di un club molto elitario basato negli Usa che si pone come obiettivo quello di “incoraggiare le leadership illuminate, le idee e i valori senza tempo”. Sono gli stessi club e lo stesso ambiente cui appartengono, per fare qualche esempio, tanto Giulio Tremonti quanto l’attuale premier Mario Monti.
Tornando ai più modesti orizzonti del nostro Paese Enrico Letta è oggi segretario generale dell’Arel, l’agenzia “di Ricerche e Legislazione” fondata da Nino Andreatta che è punto di riferimento e lobby di quegli influenti circoli laici progressisti e post-democristiani di sinistra di cui Romano Prodi è una delle figure più note. Senza pregiudizio per la qualità della preparazione e per l’esperienza di queste persone – facilitata dalle qualificate carriere che hanno fatto grazie a una lungimirante capacità di aiutarsi reciprocamente che ad altre aree è invece mancata – siamo di fronte a un ambiente che nella sostanza non ha niente di popolare; e che per natura sua non promuove nulla di ciò che può stare a cuore ai cristiani per il bene non solo loro, ma di tutti gli uomini.
In tal senso da Monti a Letta non c’è nulla di nuovo da attendersi. Di questo però il ceto politico di più autentica matrice cattolica deve rimproverare in primo luogo se stesso, la propria incapacità di pensare alle cose in grande prospettiva, le rivalità interne e la troppo diffusa inclinazione a vendere qualsiasi primogenitura per qualsiasi piatto di lenticchie.