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LA PROPOSTA DEL GOVERNO

No tax family: realismo oltre lo choc

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E' indubbio che le indiscrezioni sulla volontà del governo di detassare chi ha figli dai due anni in su vadano finalmente nella direzione dello choc salutare per invertire la rotta intapresa del suicidio chiamato denatalità. Ma lo choc deve essere accompagnato anche da un sano realismo e da idee chiare e realizzabili. Ecco perché. 

Editoriali 21_04_2023

Pensare di riformare il fisco in chiave famigliare, azzerando le tasse di chi ha due o più figli, è un’utopia che comporterebbe non solo squilibri economici, ma non risponde neanche al principio della tassazione giusta parametrata ai carichi famigliari. Sarebbe una misura che costerebbe almeno 72 miliardi allo Stato, impensabile dunque poterla realizzare.

È, dunque, molto probabile che molte delle indiscrezioni che il Foglio ha attribuito al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti vengano ridimensionate o peggio ancora smentite.

Così come è impensabile che si verifichi anche la possibilità illustrata dal Sottosegretario Massimo Bitonci di uno sgravio di 10mila euro per ogni figlio. A pagare l’Iperf resterebbero davvero in pochi, creando situazioni paradossali di famiglie non ricche con un figlio sulle quali peserebbe lo sgravio di famiglie con tre figli, ma molto più benestanti.

Nelle prossime settimane si comprenderanno dunque meglio le intenzioni del governo. Quel che è certo è che il tema del sostegno alla famiglia in chiave di rilancio della natalità è finalmente sdoganato ed è destinato a diventare protagonista nell’agenda dell’esecutivo Meloni, nonostante le critiche del Pd, che non si è ancora sganciato dal vecchio pregiudizio sessantottino della famiglia come istituzione borghese.

Il tempo, come tutti gli indicatori demo-economici rivelano, ormai è scaduto e l’Italia per invertire la rotta verso un suicidio che è già iniziato, deve introdurre misure choc. E choc è proprio la parola utilizzata da Giorgetti durante la presentazione del Def.

Resta però da capire dove si troveranno le risorse (al momento le risorse aggiuntive di 3 miliardi sono solo sul taglio del cuneo fiscale, che attiene alla tassazione sul lavoro) e come si articolerà questo choc. È su questo punto che regnano incertezze, ipotesi, soluzioni difficilmente percorribili e contraddizioni che sono il punto più nebuloso della partita Fisco.

È opportuno, dunque, che accanto allo choc si accompagni un sano realismo dei fatti anche per non ingenerare aspettative eccessive. È per questo motivo che chi si occupa da sempre di politiche famigliari come il Forum delle associazioni famigliari, ieri non ha esultato, ma ha salutato le novità con un bilanciato e ottimistico realismo: «Se le indiscrezioni fossero confermate, ci troveremmo di fronte ad un deciso cambio di prospettiva. Passeremmo finalmente dai brodini alle bistecche. Sarebbe uno degli interventi necessari per rivitalizzare un Paese che la denatalità sta rendendo esangue», ha dichiarato il neopresidente Adriano Bordignon.

Che ha aggiunto: «Dopo aver garantito a livello fiscale un’equità verso le famiglie con figli che oggi non c’è, uno strumento premiale verso le famiglie con due o più figli sarebbe un vero investimento per il futuro» e accennando ad un vero e proprio Piano Marshall per la famiglia ha auspicato «che servono perciò vere politiche familiari, coraggiose, stabili, organiche, universali, generose e continuative».

L’impressione è che il Governo abbia una volontà politica precisa, ma non sappia ancora come realizzarla. In questo sconta un po’ di litigiosità parlamentare fisiologica, ma soprattutto l’essere rimasti un po’ nel vago in campagna elettorale senza indicare un modello preciso: ungherese? tedesco? francese? Infatti, le ipotesi in campo che stanno circolando sembrano aprire a un ventaglio di soluzioni tra le più variegate.

A cominciare da quelle del Foglio, che per primo ha rivelato l’intenzione di una tassazione a zero per chi fa figli. L’ipotesi più accreditata è l’introduzione di un bonus famiglia sul modello del Superbonus al 110% per i genitori con figli. L’idea è che i nuclei familiari con almeno due figli a carico non debbano pagare le tasse o in alternativa possano godere di uno sconto fiscale sostanziale.

Ma anche qui ci sono più dubbi che certezze: l’esecutivo ha cancellato con un colpo di spugna il 110 per il settore edilizio perché – a detta dell’esecutivo – gravava eccessivamente sui bilanci dello Stato generando deficit. Come potrà tornare a credere in una misura che ha sconfessato per creare uno choc e contemporaneamente resistere alle accuse della Bce di creare moneta fiscale, come lo stesso Giorgetti ha rimproverato al meccanismo del superbonus?

Anche l’idea di una maxi detrazione da 10mila euro a figlio provocherebbe la creazione di una vastissima no tax area di famiglie, ma non più tardi di un mese fa, nel momento in cui il governo ha presentato la delega fiscale, era stato escluso il meccanismo del quoziente famigliare proprio per lo stesso motivo.

C’è poi da non dimenticare che un conto è fare politiche strutturali ed economiche per incentivare la natalità, altro è sostenere la famiglia fiscalmente per correggere la stortura – come giustamente ha detto Giorgetti – per la quale si tassa allo stesso modo come ora chi è single è chi ha una famiglia con figli «perché chi ha dei figli ha dei costi che in qualche modo alterano il concetto della progressività del carico fiscale».

Nel primo caso bisogna sostenere le famiglie in formazione e sono all’inizio della loro esperienza di vita famigliare; nel secondo caso si devono fare politiche di sostegno per ripristinare quell’equità fiscale che in questi anni è stata calpestata e ha visto le famiglie con figli, soprattutto quelle già formate o le numerose, pagare il conto più salato della tassazione oppressiva di Stato.

Le due cose sono distinte, ma non devono essere disgiunte, però è bene che lo Stato si ricordi che le famiglie non hanno sempre figli piccoli, ma hanno un compito educativo che si snoda nel perimetro lungo di più 20 anni, anche 30 per le numerose e per questo non possono essere abbandonate col crescere dell’età dei figli.

In questa direzione va infatti fatta una puntualizzazione: nelle ipotesi circolate in queste ore da indiscrezioni probabilmente inaffidabili, ma spacciate per fonti governative, si è ipotizzato che la misura della detassazione famigliare potrebbe coinvolgere le famiglie con figli fino a 14 anni. Non si comprende la ratio di una misura del genere, ma è bene ribadire che è proprio a quell’età che un figlio inizia a costare di più ai genitori e con un nucleo XL questo può portare alla povertà.

Infatti, in paesi come l’Ungheria, è con l’arrivo del quarto figlio che la famiglia ottiene dallo Stato la detassazione totale dell’imposta sulle persone fisiche, proprio perché è come se venissero “saldati i conti” in virtù dell’investimento fatto negli anni precedenti. Un aspetto che va fatto comprendere nel dibattito politico del Paese, infatti, è che il sostegno alla famiglia nella detassazione, non è un fatto assistenziale che arriva come misura di welfare (per quello c’è l’assegno unico che sta funzionando bene), ma come pareggio dei conti con lo Stato per il lavoro di investimento che la famiglia ha fatto nutrendo, crescendo, educando e formando al lavoro i contribuenti di domani. È per questo che serve invertire la rotta della denatalità, non per altro: per la sopravvivenza dello Stato e per la sua crescita.

Infine, è bene ricordarlo e su queste colonne è stato fatto più volte: benissimo combattere la lotta alla denatalità con la riforma del Fisco, ma ci sono anche altre corde, che, per quanto sensibili e urticanti, sono vere e pertanto vanno messe nel computo: l’inverno demografico nel quale l’Italia è sprofondata, come del resto tutte le democrazie occidentali, è provocato anche dalla sistematica accettazione dell’aborto che ha soppresso almeno 6 milioni di vite umane le quali oggi andrebbero conteggiate nel computo dei cittadini under 45. Proprio quello che manca all’appello. Ricordarlo ogni tanto non farebbe male. Se choc deve essere, allora che sia di quelli forti.