No, il Madagascar non soffre per il cambiamento climatico
L'anno scorso l'Onu aveva lanciato l'allarme carestia per il Madagascar, attribuendone la causa al riscaldamento globale antropico (AGW). Ma una ricerca condotta da un vasto network di università in tutto il mondo, ha smentito questa tesi. La carestia non è causata dall'AGW. Povertà e mancanza di tecnologie sono fra le cause principali.
Lo scorso agosto le Nazioni Unite avevano dichiarato che nel sud del Madagascar, la grande isola africana, stava per iniziare la prima “carestia da cambiamento climatico” del mondo. Dopo quattro anni senza pioggia, la siccità – la peggiore in 40 anni – le famiglie del sud del Paese ormai si adattavano a mangiare insetti pur di sopravvivere, spiegava Shelley Thakral, un alto funzionario del Programma alimentare mondiale (Pam) dell’Onu.
Si calcolava che almeno 30mila persone soffrissero già di carenze alimentari di quinto livello, il più grave secondo la classificazione internazionale degli stadi di insicurezza alimentare, e il loro numero è andato crescendo con l’avanzare della stagione di penuria alimentare che tradizionalmente precede il nuovo raccolto. “Ci sono zone in cui è già carestia – aveva detto la Thakral – e la causa è il clima, non una guerra. È un fatto senza precedenti. Queste persone non hanno fatto niente per contribuire al cambiamento climatico. Non usano combustibili fossili e tuttavia stanno patendo il peso maggiore del cambiamento climatico”.
Si dà per scontato, stando a queste dichiarazioni, che responsabile della siccità e della carestia sia il cambiamento climatico di origine antropica: quel riscaldamento globale originato da stili di vita e modi di produzione per i quali da anni si accusa la civiltà occidentale che – questa la colpa che le si attribuisce – li ha ideati, li pratica e li esporta/impone al mondo. Gli esperti a sostegno della teoria del riscaldamento globale di origine antropica, che tuttavia per tanti scienziati resta una congettura, sono numerosi. Chris Funk, direttore del Climate Hazards Center dell’Università di Santa Barbara, California, ha commentato le dichiarazioni del Pam confermando il rapporto tra il riscaldamento dell’atmosfera e l’attuale siccità in Madagascar. La dottoressa malgascia Rondro Barimalala, una oceanografa che insegna alla Università di Cape Town, Sudafrica, ha detto che la crisi del suo paese è un potente argomento per indurre la gente a cambiare stile di vita: “in Madagascar si osserva una siccità crescente e si prevede che aumenterà ancora se il cambiamento climatico continua”.
L’isola, qualcuno lo ammette, in realtà è da sempre soggetta a frequenti siccità e ad andamenti climatici variabili causati da El Nino, il fenomeno climatico annuale del riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico centro-meridionale e orientale che assume maggiore intensità in media ogni cinque anni, con variazioni tra tre e sette anni, determinando forti piogge e siccità prolungate e arrivando a invertire il flusso dei venti Alisei. L’esperienza di secoli insegna che in Africa, non solo in Madagascar, a un periodo di siccità ne segue uno di piogge intense, altrettanto dannose per i raccolti e per l’economia. È quel che sta succedendo ad esempio nel Sudan del Sud dove, dopo la siccità causata da El Nino tra il 2015 e il 2018, forti piogge da tre anni provocano estese, rovinose inondazioni. Ma anche per il Sudan del Sud come per il Madagascar si dà la colpa al cambiamento climatico.
Senonché adesso una ricerca condotta per accertare in che misura il cambiamento climatico antropico può aver alterato la probabilità e l’intensità con cui nel sud del Madagascar si verificano periodi di siccità smentisce le affermazioni delle Nazioni Unite. L’indagine è stata svolta da una ventina di scienziati di diverse università di Sudafrica, Madagascar, Nuova Zelanda, India, Olanda, Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna e il 1° dicembre la rivista World Weather Attribution ne ha pubblicato i risultati in un articolo intitolato “Fattori diversi dal cambiamento climatico sono all’origine della recente insicurezza alimentare nel Madagascar meridionale”.
In sintesi i ricercatori sostengono che la scarsità delle piogge cadute dal luglio del 2019 al giugno del 2021 nel Madagascar meridionale “non è aumentata in maniera significativa a causa del cambiamento climatico di origine antropica”. Durante le stagioni delle piogge 2019-2020 e 2020-2021 nella regione le precipitazioni sono state il 60% rispetto alle stagioni normali, un fatto superato solo durante la devastante siccità del 1990-1992. Benché le osservazioni e i modelli utilizzati – scrivono i ricercatori – indichino una lieve tendenza all’aumento del verificarsi di simili periodi di siccità, questa tendenza si deve essenzialmente alla normale variabilità del clima. Questo risultato – precisano i ricercatori – è coerente con quelli di precedenti ricerche, incluso lo stesso Sesto Rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) pubblicato nel 2021, nel quale si dice che un cambiamento percettibile nella siccità nella regione malgascia si verificherebbe soltanto se la media mondiale delle temperature superasse di 2 gradi centigradi quella dei livelli preindustriali.
Piuttosto, spiegano ancora gli autori della ricerca, vanno evidenziate le cause della carestia che minaccia le popolazioni malgascie, che sono la povertà, la mancanza di tecnologie e di infrastrutture. “Il Madagascar – scrivono – è uno dei Paesi più poveri del mondo, con una percentuale particolarmente elevata di persone che vivono sotto la soglia di povertà nel sud del paese. Questo rende difficile per le comunità locali far fronte a periodi prolungati di siccità, in particolare dal momento che l’agricoltura e la pastorizia di sussistenza nella regione dipendono interamente dalle precipitazioni atmosferiche”.
In pratica, è la situazione in cui si trovano gli africani che praticano economie di sussistenza, adesso come in passato, secoli prima che si parlasse di global warming di origine antropica.