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CONTINENTE NERO

Nigeria, può essere l'ultima generazione di cristiani

I vescovi della Nigeria hanno alzato la voce in difesa dei loro fedeli, minacciati da gruppi islamici. I pastori Fulani, musulmani, massacrano i villaggi di agricoltori cristiani. L'ultimo eccidio a Berom: 200 morti. Non è più solo una guerra per il possesso delle terre. E' guerra di religione e il presidente (musulmano) non garantisce la sicurezza.

Libertà religiosa 16_07_2018
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Nei giorni scorsi i vescovi della Nigeria hanno alzato la voce, come già in passato, in difesa dei loro fedeli, minacciati da gruppi armati islamici. Non si tratta però questa volta dei jihadisti Boko Haram, attivi nel nord est del paese.

Il 23 giugno nello stato centrale del Plateau 200 agricoltori cristiani di etnia Berom sono stati uccisi da un gruppo di pastori Fulani. L’episodio è l’ultimo di una lunga serie. Da alcuni anni gli attacchi a villaggi e insediamenti di contadini cristiani si sono fatti sempre più frequenti e cruenti. Succede nel Plateau e negli altri stati della “Middle Belt”, la fascia centrale del paese, luogo di faglia dove da secoli convivono senza mai essersi amalgamate le etnie musulmane del nord, dedite alla pastorizia, e quelle del sud, cristiane, che praticano l’agricoltura. Le divide la religione, ma non solo.

La conflittualità etnica è una costante nella storia africana, è un fattore strutturale del modo di produzione di lignaggio e in generale delle economie di sussistenza. Si combattono guerre di conquista, per il controllo di terre coltivabili, sorgenti e altri punti d’acqua, pascoli, acque pescose. Ma la scarsa, incerta e irregolare produzione di beni essenziali rende utile, e in situazioni critiche indispensabile, impadronirsi di quelli prodotti da altri. Anche la guerra a scopo di razzia è dunque un fattore strutturale, vale a dire non marginale, non occasionale, delle economie di sussistenza.

In effetti l’impressione era che finora in Nigeria le divisioni religiose si sommassero a quelle tribali accentuando ostilità e intolleranza. Ma negli ultimi anni l’integralismo ha conquistato alla causa molti musulmani, soprattutto tra i giovani e si fa strada l’idea che esista un progetto assecondato o addirittura pilotato dalle autorità politiche del paese che mira a indurre i cristiani della Middle Belt a spostarsi verso il sud cristiano: per estendere il dominio dell’Islam nel paese e al tempo stesso per liberare terre e risorse a beneficio delle etnie del nord.

Il 4 luglio l’agenzia Fides ha pubblicato un comunicato emesso il 29 giugno con il quale i vescovi nigeriani hanno rinnovato la richiesta al presidente Buhari di lasciare la carica se non è in grado di provvedere alla sicurezza di tutti i cittadini: “se il Presidente non riesce a garantire la sicurezza del paese – scrivono i vescovi – ha perso la fiducia dei cittadini. Non può più governare i campi di sterminio e i cimiteri di massa che è diventato il nostro Paese”.

Anche se i mass media tendono invece ad attribuire la violenza a “tensioni etniche”, a “conflitti per la terra e le risorse” o persino “ai cambiamenti climatici”, molti in Nigeria pensano che ormai i Fulani agiscano spinti soprattutto da motivazioni religiose. I vescovi concordano. Alcuni parlano apertamente di “pulizia etnica”, di “genocidio”. È il caso di Monsignor William Amove Avenya che ammonisce: “non commettete lo stesso errore che è stato fatto con il genocidio in Rwanda, che era sotto gli occhi di tutti”. È in atto un piano per islamizzare la Middle Belt usando i pastori Fulani, sostiene monsignor Matthew Ishaya Audu, “si vogliono colpire i cristiani, non ci sono motivazioni economiche, e il governo non fa niente per fermarli perché il presidente Buhari è un Fulani anche lui”.

“Non si può considerare una mera coincidenza – si legge nel comunicato dei vescovi – il fatto che i pepetratori di questi crimini odiosi sono della stessa religione di coloro che controllano gli apparati di sicurezza, incluso lo stesso presidente. Le parole non bastano al presidente e ai capi dei servizi di sicurezza per convincere il resto della cittadinanza che i massacri non facciano parte di un progetto religioso più ampio”. Peraltro i vescovi ammettono che le violenze non sono affatto a senso unico. Anche i cristiani attaccano i Fulani. Lo stesso massacro del 23 giugno è stata la risposta a un attacco di contadini Berom che due giorni prima avevano ucciso cinque pastori fulani e a una serie di furti di bestiame – oltre 500 i capi rubati – compiuti nelle settimane precedenti. Solo che – osservano i vescovi – quando gli aggressori sono cristiani le forze dell’ordine sono in grado di arrestare rapidamente i colpevoli mentre lo stesso non succede quando si tratta di perseguire gli autori dei massacri dei cristiani. Difatti i responsabili dei 200 cristiani uccisi non sono ancora stati individuati. Il National Christian Elders Forum ritiene che in Nigeria il cristianesimo potrebbe addirittura scomparire nel giro di pochi decenni: “potremmo essere noi l’ultima generazione di cristiani del paese se non cambieranno le cose”.

Le prossime elezioni generali sono previste all’inizio del 2019. Il paese è già in campagna elettorale. Il Muslim Rights Concern ha reagito alle dichiarazioni dei vescovi e del National Christian Elders Forum dicendo che quelle rivolte al presidente Buhari sono accuse prive di fondamento e ridicole.

Sta di fatto che le bande dei giovani Fulani non si limitano più a razziare bestiame e raccolti, a incendiare i villaggi per impedire di essere inseguiti, a far strage degli abitanti, sperando di evitare così le loro rappresaglie, altrettanto cruente. Adesso attaccano anche le chiese e gli edifici religiosi. L’ultimo episodio è avvenuto il 24 aprile scorso, a Mbalom, nello stato del Benue, ed è costato la vita  a due sacerdoti che stavano celebrando la messa nella chiesa cattolica di Sant’Ignazio e a 17 fedeli.