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ISLAM

Nigeria, kamikaze a 10 anni Il vero volto di Boko Haram

Dopo il massacro che nei giorni scorsi ha cancellato la città di Baga, ancora un crimine efferato: nel nord del paese, una bambina è stata costretta a farsi saltare in un mercato provocando 16 morti. Non è la prima volta che i fondamentalisti usano bambine per i loro attentati: o si fanno saltare in aria o vengono sepolte vive.

Esteri 11_01_2015
Baga, un sopravvissuto fra le macerie

È di almeno 16 morti il bilancio di un attentato suicida compiuto ieri 10 gennaio a Maiduguri, la capitale dello stato del Borno. A rendere più spaventosa la notizia è il fatto che a indossare la bomba era una bambina di dieci anni. L’attentato non è stato ancora rivendicato, ma tutti accusano i terroristi islamici Boko Haram.

Non sarebbe la prima volta che i jihadisti nigeriani si servono di bambine, sacrificandole. Il 25 novembre, proprio a Maiduguri, due ragazzine sono state portate anch’esse in un mercato, imbottite di esplosivo nascosto sotto il niqab, il nero mantello integrale.  Le bombe sono esplose in sequenza. La prima ha ucciso tre donne. La seconda, fatta detonare mentre la gente tentava di soccorrere i feriti, ha ucciso più di 40 persone. Il 10 dicembre altre due bambine sono saltate in aria a Kano, capitale dell’omonimo stato, uccidendo quattro persone in un mercato e ferendone sette.

Una terza bambina, di 13 anni, anch’essa destinata al suicidio, è sopravvissuta riuscendo in qualche modo a evitare di attivare l’innesco. Il 24 dicembre ha raccontato la sua storia ai giornalisti nel corso di una conferenza stampa organizzata dalla polizia nigeriana allo scopo di far sapere di che cosa sono capaci i terroristi. Era stato suo padre a portarla in un rifugio dei Boko Haram nello stato di Bauchi. I jihadisti per convincerla le avevano detto che doveva farsi esplodere per poter andare in paradiso. A farle dire di sì era stata piuttosto la paura di essere sepolta viva, come nel frattempo aveva visto succedere ad altre persone. 

Di che cosa siano capaci i terroristi si è visto nei giorni scorsi. Proprio nel giorno in cui si compiva la strage dei giornalisti di Charlie Hebdo, Boko Haram ha messo a segno il più cruento dei suoi attacchi. A farne le spese Baga, una cittadina di circa 10.000 abitanti nel nord est della Nigeria, sulle rive del lago Chad, che ormai non esiste più: interamente distrutta dal fuoco e deserta, dispersi nei dintorni gli abitanti che sono riusciti a mettersi in salvo, lasciando insepolti, per le strade e tra le macerie, centinaia di cadaveri, può darsi addirittura 2.000.

Quel che i mass media forse non hanno evidenziato a sufficienza è che Baga era già stata attaccata altre volte, con gravi danni materiali e numerose vittime, e sempre la gente era poi tornata a ricuperare quel che restava dei propri beni, riprendendo poco per volta attività e ritmi di vita, solo per subire un nuovo attacco e un altro ancora: e tutto questo sotto gli occhi di militari per lo più poco motivati, male addestrati e dotati di armi inadeguate a fronteggiare gli avversari, per colpa di un governo assente, occupato in prove di forza interne, scontri tra i diversi schieramenti in vista delle imminenti elezioni generali, costantemente invischiato in pratiche di corruzione e malgoverno, inaffidabile al punto di annunciare lo scorso ottobre, a gran voce, di aver stipulato una tregua con i terroristi, da questi invece subito smentita nei fatti e a parole.

Prima dell’attacco a Baga, l’atto più clamoroso compiuto dai Boko Haram era stato il rapimento in un collegio di Chibok, lo scorso aprile, di 276 studentesse in gran parte cristiane. Allora il mondo aveva reagito con centinaia di migliaia di  twitter e hashtag “BringBackOurGirls” (Riportate indietro le nostre ragazze), senza capire che servivano solo a gratificare i terroristi, lusingati da tanta fama.

Subito dopo, i Boko Haram si sono fatti più agguerriti. Ad agosto il loro leader, Abubakar Shekau, ha annunciato la nascita di un califfato governato dalla legge coranica che poi è andato ampliandosi fino a comprendere un territorio vasto più del Galles, che include villaggi e città anche di grandi dimensioni e che, oltrepassati i confini nazionali, si estende nel nord del vicino Camerun. Dall’inizio di novembre, smentita la tregua, la situazione è ulteriormente peggiorata, con attacchi e attentati ormai quotidiani, centinaia di morti e di persone rapite, nuove città conquistate.

Per citare solo gli episodi più cruenti: 16 vittime in una banca per l’esplosione di una bomba ad Azare, nello stato di Bauchi, il 7 novembre, 47 studenti uccisi in una scuola superiore da un attentatore suicida a Potiskum, nello Yobe, il 10 novembre, 48 morti nel villaggio di Doron Baga, nel Borno, il 18 novembre e, nello stesso stato, 45 nel villaggio di Azaya Kura, il 20 novembre; altri 45 morti in un mercato a Maiduguri (quelli uccisi dalle due ragazzine suicide), il 25 novembre, e almeno 25 il giorno successivo vicino a Mubi, nell’Adamawa.

Il 28 novembre, un venerdì, i terroristi hanno colpito la Moschea Centrale di Kano uccidendo più di 100 fedeli riuniti in preghiera e il 10 dicembre hanno fatto esplodere due bombe in un mercato di Jos, capitale dell’omonimo stato, causando 31 vittime. Il 18 dicembre hanno attaccato il villaggio di Gumsuri, sempre nel Borno, dove hanno ucciso 33 persone e ne hanno rapite più di 100, forse 180. Il nuovo anno è iniziato con il rapimento di circa 40 ragazzi nel villaggio di Malari, ancora nel Borno, il 2 gennaio.

Il 3 gennaio i terroristi sono confluiti su Baga per attaccare la base della Multinational Joint Task Force, una unità militare creata da Nigeria, Ciad e Niger nel 1998 per garantire la sicurezza lungo le frontiere comuni e rafforzata nel 2012 con il mandato di combattere Boko Haram. Dopo 16 ore di combattimenti i jihadisti l’hanno conquistata, mettendo in fuga i soldati che in quel momento erano tutti nigeriani. Poi hanno raso al suolo i villaggi vicini e Baga e ne hanno decimato gli abitanti: non che servisse a qualcosa, se non a mostrare ferocia e sprezzo della vita altrui.