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Nicaragua, la dittatura fa morti come fantasmi

Non occupa i titoli dei media internazionali, ma il suo popolo è vittima del dittatore socialista Ortega, il cui regime ha già ucciso 634 oppositori: numeri choccanti per un Paese di soli 6,3 milioni di abitanti. Il dissidente in esilio Álvaro Leiva Sánchez denuncia in esclusiva alla Nuova BQ la crisi dei diritti umani della nazione centroamericana.

Esteri 14_12_2019 English Español

Martedì 10 dicembre si è celebrata la Giornata internazionale dei diritti umani per ricordare la data in cui l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Dichiarazione universale dei diritti umani, nel 1948. Un documento storico che ha proclamato i diritti inalienabili di tutti gli esseri umani, il più tradotto al mondo, disponibile in oltre 500 lingue.

Nell'ambito di questa importante celebrazione, vale la pena ricordare il popolo del Nicaragua, un piccolo Paese situato nell'istmo centroamericano, di soli 6,3 milioni di abitanti, che non fa parte dell’agenda dei principali media internazionali, sebbene subisca una delle dittature più sanguinose della storia moderna dell'America Latina, sotto il regime sandinista-socialista di Daniel Ortega.

Per parlare dei diritti umani in Nicaragua, la Nuova BQ ha intervistato il Álvaro Leiva Sánchez, segretario esecutivo dell'Associazione nicaraguense per i diritti umani (Anpdh) e delegato della missione della Canadian Human Rights Organization International (Chrio) in America Centrale e negli Stati Uniti, che dal suo esilio in Costa Rica ha raccontato la brutale repressione e persecuzione governativa che soffre il popolo nicaraguense.

Dall'aprile 2018, il Nicaragua è stato teatro di importanti manifestazioni contro il dittatore Ortega, che ha scatenato una repressione crudele che all'inizio ha fatto notizia. Oggi, tuttavia, si parla poco del suo Paese ...
Dal 19 aprile dell’anno scorso abbiamo perso la pace sociale in Nicaragua, di fronte a un regime che non ha la volontà politica di migliorare la situazione dei diritti umani dei suoi cittadini, nonostante gli impegni internazionali che abbiamo con l'OSA (Organizzazione degli Stati Americani) e le Nazioni Unite. L'attuale governo ha commesso crimini contro l'umanità, un vero genocidio, violando i diritti umani del popolo del Nicaragua.

Martedì ha presentato in Costa Rica un rapporto di 480 pagine sulla situazione dei diritti umani nel suo Paese, un resoconto di tutto ciò che è accaduto dall'inizio delle proteste fino ad oggi. Qual è il suo bilancio?
I diritti umani in Nicaragua sono in profonda crisi. Le statistiche aumentano ogni giorno: 634 cittadini sono stati assassinati, 5.021 sono stati feriti durante le proteste e gli è stato negato il diritto alla salute negli ospedali semplicemente perché non condividono l'ideologia del governo. 590 cittadini sono stati rapiti da gruppi paramilitari e dalla polizia del regime e sono prigionieri politici, mentre 846 cittadini sono scomparsi.

Alcuni personaggi legati al governo Ortega l’hanno accusata di gonfiare il numero delle vittime; questi casi sono documentati?
Sì, ogni caso presente nel rapporto è debitamente documentato. Al momento, le autorità competenti del Nicaragua non forniscono dati esatti sulle vittime, quindi il rapporto si basa sulle denunce presentate dai parenti all'Anpdh. Questi morti sono il risultato delle operazioni attuate dal regime di Ortega, nell'ambito della campagna “Vamos con todo” (andiamo avanti con tutto) e che ha compreso almeno tre piani trasversali di esecuzioni, denominate “cortina de humo” (cortina di fumo), “operación limpieza” (operazione pulizia) y “plomo” (piombo, proiettile). Pertanto, il rapporto elenca le vittime di ingiustizie in un contesto di omicidi eseguiti da forze governative regolari e da gruppi irregolari. Le persone sono state uccise per aver appoggiato barricate, sono stati prelevati in modo selettivo dalle loro case, sulla base di elenchi fatti da membri del partito di governo. Ci sono persone uccise dalla polizia del regime in diverse circostanze, come ad esempio durante presunti atti criminali, in cui si cerca di presentare le vittime come criminali con precedenti penali, quando sono cittadini onesti che hanno semplicemente esercitato il loro diritto costituzionale di protesta.

È il caso dell'attivista José Isaías Ugarte, che recentemente è morto con altri due civili nel mezzo di uno scontro con la polizia?
Sì, ma non solo è stato ucciso, è stato anche crudelmente torturato. In Nicaragua, pensare in modo diverso o manifestare può portare a essere criminalizzati e trattati come criminali comuni, come nel caso della studentessa belga-nicaraguense Amaya Coppens, che è stata arrestata e ora è sotto processo con altre 12 persone per aver tentato di portare acqua alle madri che facevano lo sciopero della fame per chiedere il rilascio dei loro figli, ancora imprigionati dalle proteste del 2018. Si vive in un'atmosfera di ansia, di paura. Ad esempio, l'uso di un semplice simbolo come la bandiera nazionale può essere motivo di reclusione.

Questa persecuzione l’ha portata all'esilio?
Sì; il 31 luglio 2018 siamo andati in esilio a causa dell'assedio e delle minacce alla nostra integrità fisica come difensori dei diritti umani. Ad oggi 131 cittadini sono stati condannati illegalmente, 178 cittadini sono detenuti illegalmente e 280 soffrono persecuzioni illegalmente. Oggi la nostra gente soffre perché reclama giustizia e rispetto dei propri diritti umani.

Durante le proteste del 2018 è stato visto accompagnare le vittime durante i momenti più tragici che ha vissuto la popolazione di Masaya, insieme a membri della Chiesa cattolica, usando solo la protezione di una bandiera bianca ...
Ci chiedevano se la bandiera bianca facesse rimbalzare proiettili o i colpi dei mortai. Semplicemente, ciò che ci ha motivato ad andare avanti nel nostro lavoro è il secondo mandato della legge di Dio, ama il prossimo come te stesso, e il nostro impegno nei confronti del popolo del Nicaragua. Difendere i diritti umani in Nicaragua non è stato un compito facile e il nostro esilio non ha permesso al regime di schiacciarci, ma loro hanno provato a delegittimare il nostro lavoro. Il mio sogno è quello della stragrande maggioranza dei nicaraguensi: avere democrazia e rispetto dei diritti umani di tutti, senza eccezioni.