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MEGLIO TARDI CHE MAI

New Orleans si scusa per il linciaggio degli italiani del 1891

Il sindaco di New Orleans il 12 aprile prossimo chiederà ufficialmente scusa alla comunità italo-americana per quel che accadde quasi centotrent’anni fa, il 17 marzo 1891. Quel giorno una folla di migliaia di persone, capeggiate da alcuni dei maggiorenti cittadini, assaltò la prigione e massacrò undici detenuti. Tutti italiani immigrati negli Usa

Cultura 08_04_2019
Il linciaggio di New Orleans (1891)

Il sindaco di New Orleans il 12 aprile prossimo chiederà ufficialmente scusa alla comunità italo-americana per quel che accadde quasi centotrent’anni fa, il 17 marzo 1891. Quel giorno una folla di migliaia di persone, capeggiate da alcuni dei maggiorenti cittadini, assaltò la prigione e massacrò undici detenuti. Questi ultimi erano tutti italiani, siciliani per la precisione, immigrati negli Usa.

La vicenda destò molta impressione soprattutto all’estero. Fu uno  dei più estesi linciaggi di massa della storia. Era accaduto che il 15 ottobre dell’anno precedente, David Hennessy, sovrintendente di polizia, di origine irlandese e molto stimato in città, era stato abbattuto proditoriamente a colpi di pistola. Pare che prima di spirare abbia detto ai soccorritori che erano  stati i dagoes, come venivano spregiativamente definiti gli immigrati italiani. Pare. Ma tutta la vicenda, più che altro, era legata al mercato delle merci al porto, un affare che faceva gola a parecchi e nel quale gli italiani avevano gran parte. Nel 1999 il regista Nicholas Meyer ne trasse un film, Vendetta, con Christopher Walken. Il film sposa la versione del complotto: Hennessy, molto apprezzato a New Orleans e difficilmente corruttibile, sarebbe stato eliminato da sicari al soldo di chi voleva mettere le mani su quei traffici; con la sua uccisione si sarebbero presi due piccioni con una fava, togliendo di mezzo un ostacolo e scaricando la colpa sulla concorrenza. Sia come sia, il risentimento popolare fu abilmente dirottato sugli italiani, che lo stesso sindaco di allora, Joseph Shakespeare, definì pubblicamente «peggiori dei negri».

Così, le indagini si diressero immediatamente verso la comunità italiana, senza neanche provare a indagare a tutto raggio. Un arresto di massa portò alla sbarra una ventina di poveracci che vennero processati a furor di popolo nel marzo 1891. Ma il giudice, sia pure a malincuore, non poté fare altro che assolverli, perché gli alibi erano troppo plateali. Tuttavia, la pressione popolare era così forte e quelli che soffiavano sul fuoco aizzavano talmente gli americani, che gli imputati, contro ogni regola, vennero tenuti in prigione in attesa di un nuovo processo. Fu allora che migliaia di americani, armi in pugno, assaltarono la prigione e si impadronirono dei siciliani. Due li impiccarono a lampioni, gli altri nove li finirono a colpi di fucile.

L’indignazione italiana fu notevole. Il capo del governo, Antonio Starabba di Rudinì, subito ritirò l’ambasciatore, Francesco Saverio Fava, e protestò ufficialmente contro gli Stati Uniti. Il presidente Benjamin Harrison, stretto tra due fuochi (uno era la sua opinione pubblica), stanziò un risarcimento per le famiglie delle vittime, provvedimento che sollevò un’ondata di proteste negli Usa. Il disprezzo nei confronti degli immigrati italiani, quasi tutti del Sud, paradossalmente era stato cagionato dagli italiani stessi, cioè quegli “scienziati” lombrosiani che, misurando crani e fisiognomiche, avevano decretato che gli abitanti dell’ex Borbonia erano «inferiori», dunque incivili, sporchi, abietti e delinquenti nati. La propaganda «piemontese» seguì perciò quei disgraziati anche in America (oltre ad averli costretti a emigrare per fame), dove aveva larga popolarità il mito di Garibaldi «liberatore» e «redentore» dell’Italia del Sud. Oggi, finalmente, la sindaca di New Orleans, LaToya Cantrell (non a caso una nera), rende giustizia, sia pure tardiva, a quei nostri poveri connazionali di tanti anni fa.