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INTERVISTA

«Nessuno vuole la pace, ecco la tragedia di Gaza»

«Non c’è la volontà di arrivare alla pace tra Israele e Palestinesi. Ne abbiamo abbastanza di discorsi e belle parole, abbiamo fatto riunioni, congressi, fiumi e fiumi di parole dal 1948 in poi, e il quadro che abbiamo davanti è desolante». Parla Monsignor Giacinto Marcuzzo, vescovo e vicario patriarcale per Israele.

Esteri 16_07_2014
Bombardamenti nelle Striscia di Gaza

«Sono giorni drammatici e la situazione è tragica. Il pericolo c’è e si sente». Monsignor Giacinto Marcuzzo, vescovo e vicario patriarcale per Israele, non usa giri di parole per descrivere ciò che sta accadendo a Gaza. «Le notizie che sentite e le immagini che vedete alla televisione sono purtroppo vere». 

Eccellenza, qual è la situazione in cui versa oggi la Terra Santa?

La situazione più grave riguarda soprattutto il Sud del Paese, qui al Nord (monsignor Marcuzzo sta parlando da Nazareth- ndr)  la vita è quasi normale. Il problema glie lo dico subito: non c’è l’intenzione di arrivare alla pace. Non ci vengano a dire che adesso vogliono fare la pace. Ne abbiamo abbastanza di discorsi e belle parole, abbiamo fatto riunioni, congressi, fiumi e fiumi di parole dal 1948 in poi, e il quadro che abbiamo davanti – desolante - non è solo il risultato di quanto è avvenuto qualche settimana fa. Quel che succede non è solo la conseguenza dell’uccisione di quei tre ragazzi israeliani morti in circostanze ancora da chiarire, ma dell’interruzione dei negoziati di pace. E’ stata una grande delusione. Noi speravamo, come i discepoli di Emmaus, speravano nel Vangelo, e invece tutto si è concluso con un nulla di fatto.  

E questo perché secondo lei?

Perché siamo tutti vittime di alcuni gruppi ideologici che non accettano la condivisione della Terra d’Israele con altri, anche se il problema è molto più complesso. I Palestinesi avevano finalmente trovato un accordo, perché non si può parlare di pace senza l’unità. Ma anche questo accordo è stato interrotto. E il risultato è davanti agli occhi di tutti.

Ha parlato in questi giorni con qualcuno della piccola comunità cristiana della Striscia?

Ho parlato con il parroco. Sono sotto assedio, vivono momenti di tensione altissimi. Fortunatamente la chiesa parrocchiale non ha subito bombardamenti, ma il quartiere sì. Giorno e notte i cristiani vivono sul “chi va là”, la vita quotidiana è impossibile, con la mancanza di elettricità, acqua e forniture indispensabili che sono state interrotte. La nostra comunità è stata ridotta a metà da quando Hamas è al potere e i cristiani sono in tutto 1500. 

Gaza sembra quasi abituata a questo circolo vizioso di violenza. Periodicamente la tensione sale e le due parti ritornano in lotta. A che serve allora, anche ammesso sia possibile, una tregua?

Noi abbiamo bisogno della pace vera, è ovvio. Da un momento all’altro può scoppiare una guerra, e questo accade perché siamo in un equilibrio talmente precario che qualunque gesto può scatenare la violenza. Anche in questo caso, non parliamo di un rapporto di causa/effetto, perché non esiste. Gli scontri sono iniziati perché la situazione è sempre tesa e infiammata. Dobbiamo puntare sulla giustizia, su condizioni condivise e accettate dai due popoli, perché nasca una soluzione giusta al conflitto. L’alternativa è aspettare, periodicamente, nuove ondate di violenza.

Ha una via di uscita da proporre?

Le due parti, da sole, non troveranno mai un accordo. Abbiamo bisogno di un arbitro, un mediatore credibile che possa intervenire seriamente. E’ questo che ci manca. L’Europa non viene accettata e le Nazioni Unite sono molto deboli. L’America sta chiaramente con una parte sola, e anche se mostra un’apparente neutralità nei fatti sappiamo benissimo che non è neutrale per niente. Le due parti sono lasciate a loro stesse, nella loro incapacità di dialogare. Questo è un dramma, mi creda.

Papa Francesco ha parlato di una pace artigianale, e dell’importanza della preghiera. Non è sufficiente secondo lei?

L’iniziativa del Papa è stata bellissima, e molto proficua. Si è posta però a un livello morale e umano, perché ha ridato fiducia nella pace. Ha detto che la pace è possibile, appena finiti i negoziati di pace.  All’inizio di una nuova fase di violenza ci ha detto: non disperate! Ha rotto il fatalismo, e ci ha fatto respirare una boccata d’aria. E’ chiaro però che la soluzione deve essere politica, e anche l’intervento del Santo Padre non può farne a meno.