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Nella Certosa dove i monaci pregavano per conto terzi

La Certosa di Garegnano (Milano) venne costruita nel bosco di Merlata a partire dal 1349 e nel 1367 fu consacrata per la prima volta. Fino al 1779 fu abitata e officiata dai seguaci di San Bruno. Un ciclo bellissimo di affreschi, che ancora oggi si può ammirare, racconta la storia del monaco tedesco, fondatore dei certosini.

Cultura 26_09_2015
La facciata della Certosa di Garegnano

Nella prima metà del XIV secolo, Giovanni Visconti fu, contemporaneamente, vescovo e signore di Milano. La sovrapposizione di ruoli così impegnativi lo convinse a costruire una chiesa per ospitare monaci che pregassero per lui, al posto suo. Così si legge nell’atto notarile di fondazione: «perciò, abbiamo voluto coi beni nostri fraterni e non coi beni di qualche Chiesa, o possedimenti da dignità ecclesiastiche, far erigere in onore della B. V. Maria Madre di Dio e di N. S. G. C. nel villaggio di Garegnano della diocesi di Milano, una casa dell'Ordine dei Certosini, la quale verrà chiamata: Monastero di Santa Maria o Casa dell’Agnus Dei».

Il borgo di Garegnano distava, allora, dalle mura cittadine una manciata di chilometri. La Certosa venne costruita nel bosco di Merlata a partire dal 1349 e nel 1367 fu consacrata per la prima volta. Fino al 1779 fu abitata e officiata dai seguaci di San Bruno. Un ciclo bellissimo di affreschi, che ancora oggi si può ammirare, racconta la storia del monaco tedesco, fondatore dei certosini. Lo realizzò nel 1629, lungo la navata della chiesa, Daniele Crespi, il pittore di maggior prestigio sulla scena milanese di quegli anni, fedele interprete del magistero del cardinale Federico Borromeo. Perfettamente inseriti nelle quadrature architettoniche, dalla volta si affacciano angeli e profili di monaci certosini, mentre lungo le pareti si dipanano le storie della vita del Santo che tanto affascinarono il poeta inglese Lord Byron in occasione della sua sosta alla Certosa.  

Quello del Crespi non è l’unico ciclo pittorico di rilievo. Circa cinquant’anni prima Simone Peterzano, allievo del grande Tiziano e maestro del Caravaggio, era stato impegnato nella decorazione del coro e del presbiterio, sviluppando un programma iconografico incentrato sul tema della Redenzione. Seguendo le precise indicazioni dei certosini dipinse sulle pareti l’Adorazione dei Magi e la Natività, nel catino absidale una rigorosa Crocefissione e negli spicchi della cupola gli Angeli con i simboli della Passione. Sempre sue sono le tele dell’abside che rappresentano la Resurrezione, la Madonna col Bambino tra Santi e l’Ascensione.

Le linee gotiche e rinascimentali del primitivo edificio furono totalmente cancellate dalla ricostruzione post tridentina della chiesa, nuovamente consacrata nel 1562. A navata unica, ricoperta da volta a botte, con due cappelle laterali e coro semicircolare sormontato da un tiburio ottagonale, presenta una facciata scandita da tre ordini sovrapposti, riccamente decorati con statue e fregi. Il prospetto, in marmo di Candoglia e pietra rossa di Angera, è opera di Vincenzo Seregni, architetto responsabile anche della ridefinizione dello spazio interno.  Del grande complesso monastico, oltre alla chiesa, che ha mantenuto l’originale planimetria, oggi rimane il cortile dell’Elemosina, il Cortile d’Onore e qualche frammento del chiostro grande. La certosa di Garegnano rispetta pienamente il modello architettonico certosino, la dove ogni spazio è un invito alla meditazione e alla preghiera.