Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Cristo Re a cura di Ermes Dovico
DALLA CATALOGNA ALL'ITALIA

Nazionalismo senza popolo, il film già visto

Oggi in Catalogna una minoranza di cittadini vuole la repubblica. Una minoranza violenta che esplicitamente si rifà al comunismo e alla repubblica spagnola del 1936, con l’odio per la Chiesa che li caratterizza. Una minoranza che per imporsi usa una bandiera: indipendenza nazionale. Diritto all’autodeterminazione. Questa storia l’abbiamo già vissuta.

Editoriali 06_10_2017

La vicenda dell’unificazione italiana durante l’Ottocento può aiutarci a capire cosa sta succedendo oggi in Spagna? Forse.

Qualche considerazione: l’anima del risorgimento è la massoneria, un’istituzione dal carattere internazionale, che si serve del mito del nazionalismo per scompaginare l’esistente privandolo della sua forza. L’unica istituzione che contrasta le mire egemoniche della massoneria è la chiesa cattolica, ergo la chiesa va distrutta, Roma espugnata, lo stato pontificio eliminato. Roma è da sempre caput mundi? Roma deve diventare caput Italiae.

Il nazionalismo in Italia è merce di importazione. In ordine cronologico sono Napoleone, Palmerston e Murat a spiegarci che la nostra nazione doveva risorgere dalla schiavitù in cui da tanto tempo giaceva (da quando era cattolica). La più convinta paladina del diritto agli stati nazionali durante l’Ottocento è l’Inghilterra, massima potenza coloniale. Il mondo liberale impone il diritto alla nazionalità ai soli stati cattolici: è nel nome del nazionalismo che gli Stati Uniti sostituiscono la Spagna nel controllo degli stati latino-americani appena liberati (la famosa teoria della “America agli americani” sostenuta nel 1823 dal presidente Monroe); è nel nome della libertà e dell’indipendenza che si persegue l’allontanamento dell’Austria dalla penisola italiana; è ancora nel nome della libertà e dell’indipendenza che verrà imposto –questa volta ad opera principalmente della Francia- il dissolvimento dell’impero austro-ungarico.

Per contrastare la propaganda liberale, per fare un minimo di chiarezza sull’uso delle parole e sul loro significato, nel 1846 il gesuita Luigi Taparelli D’Azeglio (fratello di Massimo e Roberto che, pur di differenziarsi dagli “illuminati” e ingombranti fratelli, aggiunge il cognome materno a quello paterno) scrive un piccolo testo molto chiaro: Nota sulla nazionalità.

A fronte della semplicità del ragionamento dello storico massone Giuseppe La Farina (1815-1863) che nella sua Storia d’Italia scrive: “il principio e la fonte di ogni diritto è il diritto naturale, del quale è parte essenziale il diritto nazionale”, “L’unità nazionale è la rivendica di un diritto naturale, e ciò che la natura ordinò dovere osservare”, Taparelli si domanda: il diritto agli stati nazionali è davvero basato sul diritto naturale? Si può invocare il principio della nazionalità in modo assoluto, a prescindere da qualsiasi altro tipo di considerazione? Si può parlare di schiavitù a proposito di qualsiasi governo sovranazionale?

No, è la risposta. Non si può invocare il diritto alla nazionalità prescindendo dalla giustizia e dal diritto: “Il vero, il supremo tornaconto de’ popoli come degl’individui, è sempre l’osservanza del dritto dell’ordine”; “la società non viene a rendersi schiava con l’obbedire a principe straniero, finché questo la ordina a bene sociale di lei, conservandole l’essere suo, la sua lingua, le sue istituzioni ec. Giacché il vero schiavo […] egli è un uomo ordinato nell’essere suo al bene d’altro uomo, un uomo immolato al suo simile; onde una nazione ordinata al bene suo proprio non è schiava: schiava sarebbe se si ordinasse al bene privato del suo solo principe, ovvero al ben di popolo straniero”.

Contingente, sì, è nella sua applicazione il vocabolo Nazione, giacché chi non vede essere oggidì le Nazioni tutt’altre da quelle che furono? E chi assicura che non saranno fra un secolo tutte altre da quelle che or sono?”; “Tutto è contingenza, tutto eventualità nell’applicazione concreta dell’idea Nazione: toglietene la costante l’invariabile norma del dritto, e ridurrete ogni ordine pubblico a barcollare perpetuamente sopra l’onde burrascose delle vicende”.

Oggi in Catalogna una minoranza di cittadini vuole la repubblica. Una minoranza violenta che esplicitamente si rifà al comunismo e alla repubblica spagnola del 1936, con l’odio per la chiesa che li caratterizza. Una minoranza che per imporsi usa una bandiera: indipendenza nazionale. Diritto all’autodeterminazione.

Questa storia l’abbiamo già vissuta.