Navalnij in fin di vita. Quei misteriosi veleni dell'ex Kgb
Aleksej Navalnij, oppositore di Putin, è ricoverato in un ospedale a Omsk, in Siberia, in condizioni critiche. Si sospetta un avvelenamento. Benché non si sappia ancora la causa del male che lo ha ridotto in fin di vita, la lista dei "presunti avvelenamenti" e misteriosi delitti di oppositori russi è molto lunga. Tutti loro si erano messi contro l'ex Kgb
In Russia bere del tè può essere talvolta un’esperienza mortale. E così anche Aleksej Navalnij, attualmente il maggior oppositore di Putin, ha bevuto un tè all’aeroporto di Tomsk, in Siberia, in un bar nell’area degli imbarchi e meno di un’ora dopo il decollo ha iniziato a sentirsi male e urlare dal dolore. L’aereo su cui viaggiava ha dovuto effettuare un atterraggio d’emergenza a Omsk, sempre in Siberia, dove l’avvocato e attivista politico è stato immediatamente portato in ospedale. Attualmente si trova in terapia intensiva, in coma, in condizioni che i medici locali definiscono “critiche, ma stabili”. Si è subito parlato di avvelenamento. È la stessa agenzia di Stato russa, la Tass, che ha citato per prima la possibile causa, citando una fonte locale e scrivendo che la prima diagnosi dell’ospedale di Omsk è quella di “avvelenamento acuto con perdita di coscienza”.
Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha affermato che i migliori medici di Omsk sono in contatto continuo con i loro colleghi di Mosca e che è troppo presto per arrivare alle conclusioni sulla causa del collasso di Navalnij. “Come a tutti i cittadini del nostro Paese, noi gli auguriamo una pronta guarigione”, ha detto Peskov in conferenza stampa, aggiungendo che: “Siamo pronti a valutare ogni richiesta di trattamento all’estero”. Nel frattempo all’ospedale di Omsk, secondo quando sosteneva Kira Jarmijsh, portavoce di Navalnij, sono giunti più poliziotti che medici. Julijia Navalnaja, moglie di Aleksej Navalnij, accorrendo all’ospedale in cui era ricoverato il marito, si è subito scontrata con la burocrazia post-sovietica: le hanno detto a lungo che non poteva accedere alla struttura, che i suoi documenti non bastavano a dimostrare che fosse realmente la moglie. Una volta ammessa, la Navalnaja ha provato a ottenere informazioni dai medici e ha chiesto di trasferire il marito a Mosca. Nell’ospedale di Omsk, secondo quanto ha riferito ad una fonte medica locale, non avrebbero effettuato su Aleksej gli esami necessari per vederci chiaro.
Il medico di fiducia dei Navalnij, Jaroslav Ashikhmin, ha dichiarato alla stampa che il suo paziente deve “essere evacuato in Europa”, per migliori cure, aggiungendo che “stiamo cercando un accordo con un ospedale ad Hannover o a Strasburgo”, dove ci sarebbero maggiori possibilità di individuare la sostanza che ha causato il presunto avvelenamento. Dall’estero, la cancelliera tedesca Angela Merkel si è detta disponibile ad accogliere il dissidente in un ospedale specializzato. Un aero-ambulanza è stata approntata e nel caso arrivino le autorizzazioni necessarie.
In assenza di prove decisive non si può ancora parlare di avvelenamento con certezza. Di certo c’è che Navalnij è un personaggio a dir poco scomodo. Avvocato e blogger, è diventato negli anni ’10 una vera celebrità nazionale, con milioni di utenti, grazie alle sue inchieste sugli scandali degli uomini del Cremlino trasmesse sul suo canale di YouTube. In particolar modo l’ex presidente, poi premier, Dmitri Medvedev, è stato da lui accusato di corruzione. Navalnij è passato dalle inchieste sul Web alle piazze, trasformando il suo successo di pubblico in un seguito politico vero e proprio. Tuttavia non è mai riuscito a capitalizzare questa sua popolarità, perché sono intervenute magistratura e commissioni elettorali bloccare la sua candidatura, sia alle presidenziali che alle elezioni a sindaco di Mosca. Aggredito e ferito a un occhio da un attivista pro-Cremlino nel 2017, arrestato più volte nel corso delle manifestazioni, che sfidavano apertamente le leggi anti-assembramento (che in Russia c’erano anche in anni non sospetti di Covid), nel luglio 2019 è stato probabilmente avvelenato una prima volta in carcere, mentre scontava una pena di un mese di detenzione. Portato subito in ospedale era stato salvato da quella che le autorità carcerarie di Mosca hanno diagnosticato come una “crisi allergica”.
All’inizio di quest’anno, Navalnij aveva condotto una nuova campagna politica contro la riforma della Costituzione voluta da Putin. In base alla riforma, infatti, il presidente russo potrebbe essere rieletto anche fino al 2036 ininterrottamente. Navalnij ha dunque invitato i russi a boicottare il referendum popolare per confermare la riforma, sostenendo che il suo esito sarebbe stato truccato, a prescindere dai risultati reali. “Meglio stare a casa piuttosto che nutrire la propaganda del Cremlino”, che si giustifica con una parvenza di democrazia. Il referendum (25 giugno – 1 luglio), vinto dai Sì per la riforma con il 78% dei voti, è stato subito definito da Navalnij come “una grande menzogna”. “Giusto adesso, un gran numero di persone sono deluse dal risultato. Io ho votato No, tutti qui intorno hanno votato No, ma il risultato è un solido Sì. I risultati che hanno appena annunciato sono falsi, sono una grande menzogna, non hanno niente a che vedere con l’opinione dei cittadini russi”.
E’ quantomeno sospetto che tanti oppositori e critici del Cremlino abbiano subito misteriosi avvelenamenti, talvolta letali. Il caso più recente è quello di Piotr Verzilon, attivista, artista, giornalista indipendente, ricoverato con sintomi sospetti, probabilmente di avvelenamento, nel settembre 2018, proprio mentre lavorava su un media indipendente, Mediazone, sull’inchiesta sull’uccisione di tre giornalisti russi nella Repubblica Centrafricana. È stato molto discusso ed è diventato un incidente internazionale il caso di Sergej Skripal, ex agente segreto russo avvelenato a Salisbury, nel Regno Unito, nel marzo 2018. Vladimir Kara-Murza, giornalista, documentarista e attivista, vicedirettore di Open Russia, l’associazione fondata da Mikhail Khodorkovskij (l’ex presidente della compagnia petrolifera Yukos, arrestato e privato della sua azienda nel 2003), è stato avvelenato e si è salvato per ben due volte, nel maggio 2015 e nel febbraio 2017. Risale al novembre 2006 il caso più famoso, quello di Aleksandr Litvinenko, ex agente segreto avvelenato mortalmente con una dose di polonio nel suo tè, in un albergo a Londra. Meno noto è quello di Roman Tsepov, morto nelle stesse circostanze due anni prima. Nell’estate del 2004, l’imprenditore della sicurezza privata, considerato fino a poco prima un fedelissimo di Putin, stava mediando fra il governo e la Yukos, finché non ha bevuto una tazza di tè con i colleghi in una locale stazione del Fsb (servizio segreto russo) ed è morto nei giorni successivi per sindrome acuta da radiazioni. Un anno prima, Jurij Shchekochikhin, giornalista investigativo, aveva fatto la stessa fine. Specializzato nelle inchieste sul Kgb e i suoi successori, aveva scritto Schiavi del KGB, sugli informatori russi del servizio segreto e prima di essere ucciso stava indagando sugli attentati di Mosca del 1999.
Altri oppositori e critici del Cremlino sono stati uccisi a colpi di pistola, come la giornalista Anna Politkovskaja, nel 2006 (ma dopo un tentativo di avvelenamento nel 2004), mentre indagava sui crimini in Cecenia e il politico liberale Boris Nemtsov, nel 2015, dopo che aveva promesso di pubblicare un dossier sulla guerra segreta russa nel Donbass. I mandanti dei loro omicidi non sono mai stati trovati.