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IL VERTICE

Nato, doccia fredda per Zelensky. Erdogan trionfa, Europa vassalla

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Al summit di Vilnius rimandato sine die l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Irritazione per le pretese di Kiev. Trionfa il presidente della Turchia, la cui adesione all’UE, sempre più vassalla degli USA, è voluta da Biden.

Esteri 13_07_2023

A Vilnius la NATO “congela” l’ingresso dell’Ucraina e lo rimanda a data da destinarsi mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan trionfa a spese dell’Unione Europea. In sintesi sono questi i dati salienti emersi dal summit dell’Alleanza Atlantica nella capitale lituana e le cui conseguenze saranno misurabili nel tempo. «Saremo in grado di estendere un invito all'Ucraina ad aderire all'Alleanza quando gli alleati saranno d'accordo e le condizioni saranno soddisfatte», si legge nella dichiarazione conclusiva del vertice. Un esito previsto, voluto dagli Stati Uniti ma anche da quasi tutti gli Stati membri della NATO che non intendono imbarcare l’Ucraina finché è in guerra con la Russia, neppure con una road-map che stabilisca i tempi per l’ingresso di Kiev.

Per addolcire la pillola a Zelensky, a Vilnius è stata definita una più rapida consegna dei caccia F-16 (che in realtà è tutta da verificare considerato che l’avvio dell’addestramento del personale ucraino continua a slittare) mentre i membri del G7 hanno annunciato accordi bilaterali con Kiev per continuare a sostenere il riarmo e l’economia ucraina. In cambio il governo di Kiev si impegna a democratizzare il Paese attuando riforme del sistema giudiziario, anticorruzione, governance delle imprese, rispetto dello stato di diritto e il controllo civile democratico delle forze armate.

Impegni certo eccessivi per gli attuali standard ucraini mentre le offerte dell’Occidente mirano a calmare la delusione di Volodymyr Zelensky che la sera dell’11 luglio ha definito «assurdo che non sia fissato il calendario né per l'invito né per l'adesione dell'Ucraina. Mentre allo stesso tempo viene aggiunta una formulazione vaga sulle “condizioni” persino per l'invito. Sembra che non ci sia disponibilità né a invitare l'Ucraina nella NATO né a renderla membro dell'Alleanza. Ciò significa che viene lasciata una finestra di opportunità per negoziare l'adesione alla NATO nei colloqui con la Russia. E per la Russia, questo significa motivazione per continuare il suo terrore. L'incertezza è debolezza».

Il presidente ucraino ha colto nel segno. Nonostante i proclami altisonanti di Kiev che annunciano vittorie militari per ora inesistenti, i membri della NATO hanno ben compreso che il fallimento della controffensiva ucraina e l’esaurimento progressivo degli aiuti militari che l’Occidente può fornire a Kiev imporranno presto di negoziare un accordo con la Russia.

Difficile dire se Mosca sia disponibile e se le trattative coinvolgeranno direttamente gli Stati Uniti: di certo la base su cui i russi si sono detti disponibili al confronto riguarda la cessione delle quattro regioni ucraine in buona parte occupate e annesse alla Federazione con un referendum nel settembre scorso e lo status neutrale dell’Ucraina. In vista di questo possibile negoziato i membri della NATO hanno ritenuto di non assumere impegni formali con Kiev che peraltro avrebbero irritato ulteriormente Mosca. Non a caso la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha ironizzato sull’esito del vertice apostrofando gli ucraini. «Sciocchi, dovevate imparare le regole prima che iniziasse il gioco, non dopo», ha scritto su Telegram.

I russi non sono i soli a ironizzare sulla delusione di Kiev. Il ministro della Difesa britannico Ben Wallace ha invitato l’Ucraina a porre maggiormente l'accento sul ringraziare per l'aiuto occidentale. «Piaccia o no, la gente vuole vedere un po’ di gratitudine. A volte si chiede ai Paesi di rinunciare alle proprie scorte di armi», ha aggiunto. Wallace ha rivelato di essersi recato in Ucraina l'anno scorso, ricevendo da Kiev una lista della spesa di armi e di aver risposto alle reiterate richieste di forniture immediate affermando: «Sa, non siamo Amazon».

L’irritazione, finora in buona parte rimasta sotto traccia, di molti in Europa e USA nei confronti delle continue pretese di Kiev ha cominciato ad emergere a Vilnius anche tra i più accesi sostenitori della causa antirussa, come appunto Wallace. Complici anche i mancati successi militari di Kiev nonostante l’enorme quantità di armi fornite dagli Stati membri della NATO, cui si aggiungeranno presto le munizioni a grappolo americane, i missili da crociera francesi SCALP e altri veicoli corazzati.

Il vertice di Vilnius sembra quindi aver chiarito a Zelensky che gli alleati occidentali sono pronti a celebrare gli altissimi valori ideali per cui questa guerra deve essere combattuta «fino all’ultimo ucraino» ma non certo a rischiare di trovarsi in prima linea a mandare i propri soldati a combattere in trincea. Del resto, se anche volessero, gli europei non avrebbero né le armi né le munizioni per far fronte a una guerra come quella in atto.

Ammonito, il presidente ucraino ha infatti rilasciato ieri dichiarazioni più concilianti nella conferenza stampa congiunta con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg: «Sono fiducioso che, con la fine della guerra, l'Ucraina entrerà finalmente nella NATO. Sono grato al presidente americano Biden e a tutti gli americani per il loro sostegno». Su Twitter invece il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak non ha rinunciato ai toni polemici.

Il vero vincitore del summit è stato il presidente turco Erdogan che in cambio del via libera all’ingresso della Svezia nella NATO ha ottenuto garanzie da Stoccolma sullo stop agli aiuti ai dissidenti curdi, sulle forniture di nuovi cacciabombardieri F-16 Viper dagli Stati Uniti e sull'espansione degli accordi di libero scambio con l’UE da cui si aspetta presto la rimozione dell’obbligo di visto per i cittadini turchi che intendono recarsi in Europa. Alla vigilia del vertice Erdogan aveva chiesto un «messaggio chiaro e forte» sull'adesione della Turchia all’UE, che non è in agenda a Bruxelles, è osteggiata da molti in Europa ma è stata invece ieri caldeggiata da Biden. «Il presidente Biden ha sempre appoggiato l'aspirazione della Turchia ad entrare nell'Unione Europea», ha detto in un briefing il consigliere per la sicurezza nazionale degli USA, Jake Sullivan.

Accomodante la risposta del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che dopo «l'ottimo incontro» con Erdogan, ha twittato che «sono state esplorate le opportunità per riportare la cooperazione Ue-Turchia in primo piano e rivitalizzare le nostre relazioni».

Inutile ricordare l’ostilità turca nei confronti dell’Europa, dal ricatto pluriennale sui migranti illegali (la gran parte delle rotte dei clandestini sono gestite o controllate dalla Turchia) al sostegno ai gruppi jihadisti, alle pressioni a tutela delle comunità islamiche nei diversi Paesi europei, inclusa la Francia.

Certo, gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse a sottrarre la Turchia dall’abbraccio con Putin, ma il fatto che l’UE sia oggi disposta a concedere tanto alla Turchia in cambio dell’ingresso della Svezia nella NATO la dice lunga su quanta autonomia questa Europa abbia da Washington anche nella gestione dei suoi affari interni. Ridottasi a vassalla degli interessi statunitensi, pronta a piegarsi a quelli turchi e a pagare il conto per l’allargamento della NATO, l’Unione Europea sembra aver di fatto rinunciato a tutelare gli interessi delle nazioni e dei popoli del Vecchio Continente.