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MEDIO ORIENTE

Natale nel mondo arabo, dove lo si vuole vietare

Fino a pochi anni fa il Natale era regolarmente festeggiato in tutti i Paesi arabi. L'ingresso sulla scena di partiti e movimenti islamisti ha però ridotto la libertà di festeggiarlo. Si chiede di vietarlo anche in Paesi moderati come il Kuwait.

Esteri 29_12_2013
L'albero in un centro commerciale arabo

Il 25 dicembre come ogni anno si celebra la nascita di Gesù Cristo a Betlemme. Ma il Natale, considerato una delle due grandi festività dei cristiani nel mondo,  oggi non si festeggia più nella maggior parte dei paesi del Medio Oriente. In realtà, fino a qualche anno fa, in alcuni paesi arabi a maggioranza musulmana come Siria, Libano,  e Giordania si festeggiava  come in tutto il resto del mondo,  anzi, il 25 Dicembre  era perfino considerata festa nazionale per tutto il paese.

Per i cristiani d'Oriente, gli ultimi cinque anni sono stati disastrosi a causa dei conflitti e delle guerre ancora in atto in diversi paesi arabi: sia per coloro che, costretti , hanno abbandonato i propri paesi, sia per quelli che si trovano assediati nelle città, privi di sicurezza e di beni primari.

Considerata una festività occidentale, malgrado Cristo sia riconosciuto e rispettato dall'islam, in diversi paesi arabi del Golfo sono vietate manifestazioni e celebrazioni pubbliche, ma anche addobbi, cartoline e regali natalizi. Tutto ciò ovviamente a scapito delle comunità cristiane composte da varie nazionalità, che spesso si trovano nei paesi del Golfo anche per lavoro : europei, asiatici e cristiani mediorientali. A volte la festività cristiana ha  connotazioni e aspetti puramente commerciali, con addobbi e alberi di Natale allestiti anche dai comuni e dai centri commerciali, che si attrezzano per vendere di più, e per attirare i turisti nei paesi arabi.

Malgrado tutto ciò, ogni anno arrivano puntuali le campagne anti-Natale con un mare di critiche e proteste, provenienti dai vari gruppi estremisti e radicali, sui festeggiamenti del "Christmas".

Il predicatore islamista egiziano Al Qaradawi guida da anni campagne contro gli addobbi natalizi, reazione scatenata la prima volta  dopo che un centro commerciale del Qatar aveva osato mettere un albero di Natale, accusando l'Europa di attuare politiche discriminatorie nei confronti delle comunità islamiche.

Sconcertante invece la fatwa dei leader religiosi musulmani in Indonesia che vieta i festeggiamenti natalizi e le festività cristiane, inclusi gli scambi di auguri con i cristiani: una fatwa senza fondamenta religiose, che parte dalla regola secondo cui "se frequenti certa gente assomigli a loro alla fine, e se fai gli auguri per una festa è come se la celebrassi anche tu".

Le feste Natalizie hanno avuto questo giorni grande spazio nei giornali arabi per il caso del deputato salafita del Kuwait Hamoud Hamdan, che ha chiesto di vietare severamente qualsiasi tipo di festeggiamento natalizio, essendo il Paese, secondo lui, conservatore, educato e sulla retta via del rispetto dei precetti della fede islamica. Hamdan sostiene che negli ultimi anni si sono diffuse feste occidentali estranee, anche se Gesù è nato in Medio Oriente, accusando i governi del golfo di tollerare feste a celebrazione mista (maschi e femmine insieme) con consumo di alcool in  alberghi e ristoranti, ed invoca  l'applicazione  delle leggi della Sharia su tutti. Per Hamdan, celebrare festività non islamiche è ammettere implicitamente la legittimita' di ciò che viene ricordato: secondo le parole del profeta "chi imita un popolo diventa uno di loro"!

I governi arabi si trovano quindi di fronte ad un bivio: accontentare i gruppi religiosi estremisti e le correnti radicali, o mantenere un' immagine più tollerante ed aperta, rispettando le comunità residenti nei vari paesi, e soprattutto mostrarsi come una società più globalizzata e meno rigida nei confronti dell'altro, a prescindere da provenienza, colore, e religione.

*Giornalista conduttore e redattore tv. Siriano di Aleppo, laureato in Comunicazione all'Università Pontificia Salesiana di Roma, vive e lavora da anni in Italia. Ricercatore, ed esperto di Mass Media e Cultura araba, e dell’area mediorientale.