Natale, il giorno migliore per avvicinarsi al tabernacolo
«Quello di Natale - ha detto il papa nel corso dell'omelia nella Notte Santa - è il giorno migliore per avvicinarci al tabernacolo, al presepe, alla mangiatoia, per dire grazie». Accogliere il dono che è Gesù ci consente, ha aggiunto, di «diventare dono come Gesù», permettendoci così di dare un senso alla vita. Questa, secondo Bergoglio, è la via migliore per «cambiare il mondo».
Settimo Natale celebrato a San Pietro per Francesco. Nella Basilica il pontefice ha presieduto la Santa Messa della Notte di Natale, pronunciando un'omelia incentrata sulla gratuità di Dio opposta alla "logica del dare per avere" che impernia la vita materiale dell'uomo. "Dio - ha detto il papa - arriva gratis" ed il Suo amore non è negoziabile: non abbiamo fatto nulla per meritarlo e non potremo mai ricompensarlo". La Notte di Natale rende gli uomini consapevoli del miracolo di un Dio che si fa bambino, che "si è fatto piccolezza per noi, mentre andavamo per i fatti nostri".
Nell'omelia della Messa celebrata in Basilica, Francesco ha evidenziato come "il Natale ci ricorda che Dio continua ad amare ogni uomo, anche il peggiore". Secondo Bergoglio, "Dio non ti ama perché pensi giusto e ti comporti bene (...) il suo amore è incondizionato, non dipende da te". Il Signore non rinuncia ad amare anche se si hanno "idee sbagliate" e se ne combinano "di tutti i colori". Per il papa è sbagliato pensare che "Dio è buono se noi siamo buoni e che ci castiga se siamo cattivi" e fa l'esempio dei pastori di Betlemme, i primi a ricevere la notizia della nascita di Gesù, che "non erano certo dei santi".
Quello di Natale, ha detto il papa, è il giorno migliore "per avvicinarci al tabernacolo, al presepe, alla mangiatoia, per dire grazie". Accogliere il dono che è Gesù ci consente, ha aggiunto, di "diventare dono come Gesù", permettendoci così di dare un senso alla vita. Questa, secondo Bergoglio, è la via migliore per "cambiare il mondo", visto che tutto cambia: "noi cambiamo - ha detto - la Chiesa cambia, la storia cambia quando cominciamo non a voler cambiare gli altri, ma noi stessi, facendo della nostra vita un dono".
Ieri mattina, invece, Francesco si è affacciato dalla Loggia Centrale della Basilica per la tradizionale benedizione Urbi et Orbi. Il pontefice era affiancato dal cardinale protodiacono, Renato Raffaele Martino e dal cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere di Sua Santità assurto all'onore delle cronache per aver personalmente riallacciato la corrente di un palazzo occupato a Roma.
Nel messaggio natalizio pronunciato prima della benedizione, Francesco ha voluto ricordare molti degli scenari di guerra sparsi nel mondo: dalla Siria all'Iraq, dall'Ucraina alla Repubblica Democratica del Congo. Non è mancato un passaggio anche sul suo continente, quell'America latina "in cui diverse Nazioni stanno attraversando una stagione di sommovimenti sociali e politici". Menzione speciale per il caso venezuelano, con la benedizione per coloro i quali "si stanno prodigando per favorire la giustizia e la riconciliazione e si adoperano per superare le varie crisi e le tante forme di povertà che offendono la dignità di ogni persona".
Bergoglio non ha parlato espressamente di cristiani perseguitati, ma di tutti quelli che patiscono sofferenze a causa della loro fede religiosa, riservando un pensiero speciale ai "missionari e i fedeli rapiti, e a quanti cadono vittime di attacchi da parte di gruppi estremisti, soprattutto in Burkina Faso, Mali, Niger e Nigeria".
Ma il fulcro del suo messaggio natalizio è stato senz'altro il capitolo dedicato ai migranti: il papa ci è ritornato per ben tre volte. Li ha ricordati parlando dell'Africa "dove perdurano situazioni sociali e politiche che spesso costringono le persone ad emigrare, privandole di una casa e di una famiglia". Poi, dopo l'accenno alle persecuzioni religiose ancora presenti nel mondo, Bergoglio ha riservato un passaggio intero sul fenomeno delle migrazioni. Queste le sue parole integrali: "Il Figlio di Dio disceso dal Cielo sulla terra, sia difesa e sostegno per quanti, a causa di queste ed altre ingiustizie, devono emigrare nella speranza di una vita sicura.
È l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e mari, trasformati in cimiteri. È l’ingiustizia che li costringe a subire abusi indicibili, schiavitù di ogni tipo e torture in campi di detenzione disumani. È l’ingiustizia che li respinge da luoghi dove potrebbero avere la speranza di una vita degna e fa loro trovare muri di indifferenza". Concludendo il suo messaggio, Bergoglio ha ricordato ancora una volta la condizione di chi tenta le traversate della disperazione, augurandosi che "l'Emmanuele sia luce per tutta l'umanità ferita" e quindi "sia vicino alle persone anziane e a quelle sole, ai migranti e agli emarginati".