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FINE VITA

Napolitano preme ma dimentica la povera Eluana

Giorgio Napolitano bacchetta il Parlamento per il suo silenzio sul tema del fine vita. Davvero strano questo appello se si pensa che nel 2009 Napolitano bloccò il decreto che avrebbe salvato la vita alla povera Eluana Englaro.  

 

Vita e bioetica 12_07_2014
Giorgio Napolitano

«Quello che è emerso negli ultimi tempi in modo particolare - parlo appunto del quadro istituzionale – è il silenzio del Parlamento. Abbiamo visto che di materie come quelle alla vostra attenzione si può anche parlare un po' a sproposito o in modo gravido di conseguenze non positive in Parlamento, da parte delle istituzioni? però effettivamente oggi siamo passati di colpo da momenti di acuta tensione su temi fondamentali tra quelli che voi affrontate, in modo particolare sui temi del fine vita, al silenzio, e non credo che sia una situazione corretta. Il Parlamento può decidere di occuparsi in una maniera o nell'altra di questi temi senza strafare, però dovrebbe rimettersi non solo all'autorità del Comitato Nazionale di Bioetica, ma alla maturazione delle situazioni, situazioni in cui magari poi interviene anche un altro potere, come il potere giudiziario, il potere della giurisdizione, oltre agli interventi che vengono dal mondo della cultura e dal mondo della scienza».

Queste le parole che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rivolto al professor Francesco Paolo Casavola, presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica, e ai membri di questo Comitato, ieri in visita al Quirinale. Il presidente lamenta il silenzio delle assemblee parlamentari su temi di bioetica. Alcuni anni fa, esattamente nel febbraio del 2009, il Consiglio dei ministri composto nella stragrande maggioranza da senatori e deputati elaborò un testo normativo su una precisa questione bioetica, un decreto legge che avrebbe dovuto poi essere convertito in legge. Ma con grande sorpresa lo stesso presidente, Napolitano, con una sua nota ufficiale, fece sapere che se il Consiglio dei ministri avesse sottoposto alla sua firma quel decreto, lui presidente della Repubblica non lo avrebbe firmato. 

Fatto singolare nella storia della Repubblica italiana: il presidente fa sapere in anticipo al governo che non firmerà un decreto legge. Risultato finale: una cittadina italiana, gravemente handicappata, morì. Si tratta del caso di Eluana Englaro e si tratta del decreto legge che se firmato avrebbe consentito di continuare a prestare a Eluana gli atti di assistenza e di cura (non le terapie, perché non aveva alcuna patologia in corso) perché lei da sola non era in grado di procurare a se stessa. Perciò, non può non destare meraviglia che il Presidente della Repubblica oggi invochi delle iniziative legislative, proprio lui che cinque anni fa dichiarò in anticipo che non avrebbe firmato quel decreto legge che avrebbe impedito la morte di Eluana. 

Il silenzio dei due rami del Parlamento può avere, e di fatto ha, molte cause. Alcune di convenienza politico-partitica, altre di opportunità sociale, altre di competenza giuridica. I parlamentari, ad esempio, possono legittimamente ritenere che siano più urgenti per il nostro Paese delle norme che riformino la procedura di assegnazione degli appalti pubblici uniformandola a quella di Paesi, come la Francia e la Germania, al fine di ridurre il più possibile la triste e costosissima piaga della corruzione. Questa a mio parere è una questione etica decisiva per uscire dalla stagnazione economica che deprime le speranze di tanti cittadini e che induce molti giovani a lasciare l’Italia. La corruzione e il sistema clientelare penalizza la libera concorrenza tra le imprese e quindi deprime la libertà tra i cittadini e tra gli imprenditori: qui è in gioco la libertà di iniziativa economica prevista dalla Costituzione della Repubblica.  Altra questione etica scottante che non ha ancora trovato soluzione è quella relativa ai flussi imponenti di migranti, di profughi e di persone che richiedono asilo: e qui sono in gioco i più elementari diritti dell’uomo. 

Altra questione è la radicata e oramai misconosciuta violazione del principio di uguaglianza tra gli esseri umani, ricordato dalla Costituzione all’art. 3 e continuamente violato ai sensi della legge 194 del 1978 che consente ad alcuni cittadini adulti di togliere la vita a esseri umani di età embrionale o fetale e ai sensi della legge 40 del 2004 che consente sempre ad alcuni cittadini di produrre e selezionare dei propri simili nei primissimi giorni della loro vita embrionale: e qui è in gioco il principio di uguaglianza nel godimento del diritto fondamentale all’esistenza. Nel campo dei diritti umani e dei diritti di libertà fondamentali il silenzio del legislatore, soprattutto quando ci sono violazioni clamorose che ledono il bene della vita, è un silenzio gravissimo.

Ci sono poi alcuni campi in cui il silenzio, invece, è auspicabile. Innanzitutto perché l’ordinamento giuridico di un Paese liberale non può e non deve legiferare su tutto. Se così fosse, avremmo sicuramente tre effetti disastrosi: 1) le norme dell’ordinamento costituirebbero un ginepraio inestricabile, all’interno del quale sarebbe difficile riscontrare coerenza e uniformità; 2) aumenterebbe in modo elefantiaco la mole di lavoro della magistratura, già oberata, chiamata a dirimere controversie tra cittadini; 3) e effetto più grave, cadremmo nello Stato etico, le leggi della Repubblica ti diranno sempre cosa e come fare. In secondo luogo, il silenzio è auspicabile soprattutto perché l’ordinamento giuridico di un Paese liberale deve sempre vietare ciò che contrasta gravemente il bene comune e i diritti fondamentali dell’essere umano, ma in molti settori deve lasciare ampi margini di azione al cittadino, tenuto conto della sua libertà e delle sue competenze. 

Penso ad esempio alle questioni cosiddette del fine-vita, per cui alcuni invocano una legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento o sul testamento biologico. Se fosse introdotta una norma in questa materia, almeno indirettamente, si consentirebbe al dichiarante la possibilità di disporre di sé, il che va contro il principio classico degli ordinamenti liberali secondo il quale il corpo e la vita fisica sono beni indisponibili della persona umana. A proposito del fine-vita, come in altre questioni legate alla medicina o alle bio-tecnologie, è più saggio e prudente affidarsi alle competenze e alla professionalità di medici e biologi seri e eticamente motivati.