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POLITICA

Napolitano, da garante a tappo su riforme e democrazia

Quando venne riconfermato nel suo secondo settennato, Napolitano fu osannato da tutte le forze politiche come garante delle riforme. Oggi, però, il presidente rappresenta il vero difensore dello status quo e il primo ostacolo al cambiamento del Paese, una sorta di “tappo” che frena il rinnovamento del sistema politico.

Politica 06_10_2014
Giorgio Napolitano e Matteo Renzi

Nell’aprile 2013 Giorgio Napolitano venne riconfermato alla Presidenza della Repubblica, primo caso nella storia italiana. L’evento eccezionale si rese necessario in conseguenza dello stallo permanente delle votazioni per l’elezione del suo successore. Il Parlamento non riuscì a trovare un accordo su nomi alternativi e il Pd, partito col maggior numero di voti, riuscì nell’impresa di bruciare due suoi “cavalli di razza”: Franco Marini e Romano Prodi. Napolitano fu osannato da tutte le forze politiche e, forte di questa acclamazione quasi unanime, pur lasciando intendere che non avrebbe terminato il suo secondo settennato al Quirinale, prese la palla al balzo per sferzare le forze politiche esortandole ad un’assunzione di responsabilità sulle riforme e sulla costruzione di quel clima di pacificazione nazionale necessario per portarle a compimento.

In quel momento l’Italia sembrava a tutti gli effetti una Repubblica presidenziale, con un inquilino del Quirinale in grado di orientare la vita politica in una certa direzione, supplendo al vuoto di iniziativa dei partiti e alla litigiosità esasperata al loro interno. Col tempo, però, si sta scoprendo quello che in molti temevano: Napolitano rappresenta il vero garante della conservazione dello status quo e il primo ostacolo al cambiamento del Paese, una sorta di “tappo” che frena il rinnovamento del sistema politico e il pieno esprimersi della volontà popolare. La frequenza delle sue esternazioni, peraltro, lo ha di fatto degradato da Presidente “super partes” a “primus inter pares”, vale a dire uno dei tanti soggetti in campo che esprime opinioni e rivolge appelli quasi sempre destinati a cadere nel vuoto. Al di là della liturgia dei messaggi di fine anno, il cui appeal sulla popolazione italiana appare ormai prossimo allo zero, si registra una completa indifferenza nei confronti di quello che dice e raccomanda Napolitano da almeno un anno a questa parte.

Il suo messaggio alle Camere dell’ottobre 2013 sul degrado della situazione carceraria mirava a segnare una netta inversione di tendenza nel trattamento riservato ai detenuti, ma dalle sue parole nulla è scaturito in termini di iniziative legislative né di interventi correttivi. Il carcere, in Italia, continua ad essere in moltissimi casi un luogo alienante e tutt’altro che rieducativo, contrariamente a quanto si auspica nella Costituzione italiana. Per non parlare dei suoi frequenti richiami alle forze politiche sulla necessità inderogabile di riformare la legge elettorale. Ci è voluta la Consulta per trasformare il Porcellum in Consultellum, abolendo il premio di maggioranza e ripristinando un proporzionale puro con preferenza. In Parlamento l’Italicum, tra i punti qualificanti del Patto del Nazareno, non è ancora stato discusso e, se si votasse oggi, l’attuale legge elettorale non darebbe la maggioranza assoluta a nessuno schieramento e quindi non assicurerebbe la governabilità.

Napolitano ha anche svolto un’azione energica per sostenere Enrico Letta e il suo governo di larghe intese, nato dall’incerto esito elettorale del febbraio 2013. Nonostante l’appoggio del Quirinale, quell’esecutivo cadde e, al suo posto, nel febbraio 2014, si insediò il governo di Matteo Renzi. Il resto è storia di queste settimane. Ripetuti moniti del Quirinale alle forze politiche affinché proseguano, in un clima costruttivo, sulla strada delle riforme, ma in realtà di riforme non se ne fanno, il Paese langue e gli annunci di Renzi non hanno finora prodotto alcun risultato concreto. Perfino sull’elezione dei membri del nuovo Consiglio superiore della magistratura e della Corte Costituzionale l’indignazione del Colle per le numerose fumate nere è passata inosservata. 

C’è anche un aneddoto che circola nei Palazzi del potere e riguarda il nuovo candidato che, in coppia con Luciano Violante, sta cercando di ottenere in Parlamento i voti necessari per la Consulta. Il nome di Ignazio Francesco Caramazza incontrerebbe il gradimento personale di Napolitano, ma, nonostante questa importante referenza, è stato impallinato come i precedenti (Catricalà e Bruno). I tentativi di moral suasion di Napolitano si rivelano, dunque, sempre più sterili. Pesa, certamente, anche l’appannamento della sua immagine a seguito del coinvolgimento, come testimone, nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Il Capo dello Stato verrà sentito il 28 ottobre prossimo presso il Quirinale. Sia Totò Riina sia suo cognato, Leoluca Bagarella, mafiosi stragisti da anni al 41bis, hanno chiesto di assistere alla deposizione di Napolitano in video-collegamento dal carcere, ma con la facoltà di fare dichiarazioni spontanee e di intervenire (il Codice glielo consente). 

Tutto ciò non contribuisce a distendere gli animi e alimenta un grande punto interrogativo sulla capacità dell’attuale Presidente della Repubblica di continuare a garantire, considerata anche l’età, un ruolo di impulso sulle forze politiche e sul processo riformatore.