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PROPOSTA SHOCK

Mutilazioni genitali femminili, il Gambia valuta se autorizzarle

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Presentata in parlamento una proposta con cui si chiede di abrogare la legge che vieta le mutilazioni genitali femminili. Pareri discordanti nell’islam. Intanto, due agenzie dell’Onu rilanciano un rapporto sul gran numero di “femminicidi” in Africa.

Esteri 08_03_2024
Foto licenza CC, via Monusco su Flickr

Ci sono notizie che non si vorrebbero mai sapere e alle quali si stenta a credere. È il caso di quella appena arrivata da un piccolo Stato dell’Africa occidentale, il Gambia, meno di tre milioni di abitanti, il 96% dei quali musulmani. Il 4 marzo è stato presentato in parlamento un disegno di legge che chiede l’abrogazione della legge in vigore dal 2015 che vieta le mutilazioni genitali femminili (Mgf). Attualmente chi pratica Mgf rischia fino a tre anni di carcere e una multa pari a circa 675 euro. Nel caso in cui un intervento provochi la morte è previsto l’ergastolo. Tuttavia le autorità non devono aver messo molto impegno a far rispettare la legge. Il Gambia infatti è uno dei Paesi in cui più del 50% delle bambine continuano a subire Mgf. Eppure solo nel 2023 è stato avviato il primo procedimento giudiziario a carico di tre donne accusate di aver praticato Mgf, conclusosi con una condanna.

Che la richiesta di abrogazione sia approdata in parlamento non costituisce una sorpresa. In realtà, dalla sua introduzione, la legge ha diviso opinione pubblica, parlamentari e autorità religiose. Il Gambia è anche, insieme al Mali, alla Sierra Leone, alla Somalia, all’Egitto e alla Guinea Conakry, uno dei Paesi in cui si registrano le più alte percentuali di sostegno alle Mgf persino da parte delle stesse donne. Chi disapprova questa pratica porta come argomento i danni fisici e psicologici provocati dagli interventi. Sostiene che la revoca del divieto di praticarla rappresenterebbe un enorme, inaccettabile passo indietro. Ma ha contro la convinzione che le Mgf siano prescritte dall’islam, quindi volontà indiscutibile di Allah. Su questo fonda la legittimità della sua iniziativa Almameh Gibba, il parlamentare che ha depositato il disegno di legge. Il divieto, sostiene, viola il diritto dei cittadini di praticare la loro cultura e, cosa ancora più importante, di compiere il loro dovere di credenti.

In realtà, su questo punto nell’islam i pareri non sono concordi, non lo sono mai stati. La shari’a, la legge islamica, si fonda sul Corano, che i musulmani ritengono parola di Dio increata, e sugli hadith, i racconti di quel che Maometto ha fatto e detto nel corso della vita. Il Corano non dice niente sulle Mgf. Stando agli hadith, Maometto non si è pronunciato né a favore né contro. Ha consigliato che gli interventi non fossero “eccessivi”, come si legge in alcuni racconti che però molti studiosi islamici ritengono siano per lo più falsi e quindi inattendibili. Sta di fatto che centinaia di milioni di musulmani non praticano le Mgf.

Anche in Gambia non tutti ritengono che le Mgf facciano parte dei doveri imprescindibili di un fedele ligio alle regole. Di questo parere è il vicepresidente del parlamento, Seedy Sk Njie, che ha garantito il forte impegno del gruppo di maggioranza affinché il disegno di legge venga respinto. La discussione del testo riprenderà il 18 marzo.

C’è una seconda notizia, di quelle che non si vorrebbero sapere, che riguarda l’Africa, ma non solo. In occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna, due agenzie delle Nazioni Unite, Unodc (Ufficio Onu per il controllo della droga e la prevenzione del crimine) e UN Women, ripropongono “Uccisioni di donne e ragazze legate al genere”, il più recente rapporto globale, diffuso nel 2023, sui cosiddetti femminicidi. Riguarda il 2022. Le donne uccise da parenti o partner nell’arco di quell’anno sono state 89.000, 48.800 delle quali, in media più di 133 al giorno, in ambito domestico. È il numero più alto mai registrato negli ultimi vent’anni. Il rapporto evidenzia come aggravante che, mentre nel 2022 il numero totale di omicidi a livello mondiale è diminuito rispetto al 2021 e agli anni precedenti, il numero degli omicidi legati al genere è aumentato. Il primato negativo spetta all’Africa, con 20.000 uccisioni. Seguono l’Asia (con 18.400), le Americhe (7.900), l’Europa (2.300) e l’Oceania (200). Colpisce in particolare il confronto tra Africa e Asia, se si pensa al numero di abitanti. L’Africa infatti ha quasi 1,5 miliardi di abitanti, l’Asia ne ha più di 4,7 miliardi.

Kenya, Camerun, Somalia, Nigeria e Sudafrica sono gli Stati africani nei quali si è verificato il numero più alto di uccisioni. Il rapporto sottolinea che nel 2022 l’Africa è stata anche il continente con il maggior numero di vittime in rapporto alla popolazione femminile: 2,8 ogni 100.000 donne. Inoltre, per la prima volta dal 2013, l’anno in cui l’Unodc ha incominciato a pubblicare stime regionali, l’Africa ha superato l’Asia come continente con il maggior numero di vittime anche in termini relativi (in Asia il rapporto è di 0,8 vittime su 100.000 donne), oltre che in valori assoluti.   

Il rapporto avverte infine – ed è un fattore di cui va tenuto conto – che i casi registrati in Africa sono soltanto la punta dell’iceberg perché in Africa, più ancora che altrove, raccogliere dati sulla violenza domestica o comunque legata al genere è difficile. Ancora pesa, ad esempio, l’influenza di tradizioni tribali che autorizzavano i mariti a infliggere punizioni fisiche alle mogli, se le ritenevano colpevoli di qualcosa, ad esempio, di mancanze o svogliatezza nello svolgimento dei lavori domestici e delle attività produttive loro assegnate. L’islam, a differenza del cristianesimo, ha concorso a mantenere vive queste tradizioni che sottomettono e penalizzano le donne.



IMMIGRAZIONE

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VIOLENZA

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CONTINENTE NERO

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ONU

Mutilazioni genitali femminili, un giorno per combatterle

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