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VERSO IL SINODO

Müller: la Chiesa non è un parlamento

Richiamo all'ordine da parte del prefetto dell'ex Sant'Uffizio, in vista del Sinodo. La Chiesa non è un governo democratico. "Delegare alcune decisioni dottrinali o disciplinari sul matrimonio o la famiglia alle conferenze episcopali è un'idea assolutamente anticattolica". E il cardinal Marx rischia di dividere la Chiesa.

Ecclesia 26_03_2015
Card. Muller

"Delegare alcune decisioni dottrinali o disciplinari sul matrimonio o la famiglia alle conferenze episcopali è un'idea assolutamente anticattolica". Sono parole del cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, in un'intervista al settimanale francese Famille Chrétienne.  "Un'idea assolutamente anticattolica che non rispetta la cattolicità della Chiesa", ha aggiunto il porporato tedesco, che ha ribadito come le conferenze episcopali abbiano sì autorità su determinate questioni, "ma non costituiscono un magistero affiancato a un Magistero, senza il Papa e la comunione con tutti i vescovi".

Müller entra anche nella polemica con il confratello e connazionale Reinhard Marx, il capo dell'episcopato tedesco che qualche settimana fa aveva affermato che la chiesa tedesca "non è una filiale di Roma" e che a prescindere dalla piega che prenderà il Sinodo ordinario di ottobre, a Berlino andranno avanti per conto loro. Frase, questa, che aveva portato il cardinale Paul Josef Cordes, già presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, a inviare una lunga lettera al Tagespost in cui aveva bollato come "chiacchiere da bar" le parole di Marx, denunciando altresì il ritorno di una "eccitazione antiromana con forza centrifuga alle latitudini settentrionali". Una posizione, quella del presidente della conferenza episcopale tedesca, che Cordes definiva senza troppe perifrasi "altamente distruttiva per l'unità della fede". E Müller concorda: "Questo genere di posizioni rischia di risvegliare una certa polarizzazione tra le chiese locali e la Chiesa universale, superata sia dal Concilio Vaticano I sia dal Vaticano II". Il grande rischio, ha chiosato il prefetto dell'ex Sant'Uffizio, è quello di "applicare alla Chiesa le categorie politiche anziché la vera ecclesiologia cattolica. La curia romana – ha aggiunto – non è il governo di Bruxelles. Non siamo un quasi governo, né una super organizzazione al di sopra delle chiese locali in cui i vescovi sarebbero i delegati".

Il fatto è che nell'esortazione Evangelii Gaudium, vera agenda del pontificato – "sottolineo che ciò che intendo qui esprimere ha un significato programmatico e dalle conseguenze importanti", scriveva nei primi passaggi del documento –, il Papa chiariva che "ancora non si è esplicitato sufficientemente uno statuto delle Conferenze episcopali che le concepisca come soggetti di attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale. Un'eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria".  Ed è proprio questo il punto che Müller contesta, pur senza tirare in ballo Francesco: "La Chiesa non è un insieme di chiese nazionali, i cui presidenti votano per eleggere il loro leader a livello universale".

Solo un paio di giorni fa, il cardinale (anch’egli tedesco) Walter Kasper, il titolare della relazione che aveva fatto da ouverture alla discussione sinodale su matrimonio e famiglia nel corso del concistoro del febbraio di un anno fa, aveva invitato alla preghiera durante un incontro in Inghilterra a margine della presentazione della sua ultima fatica letteraria, “Papa Francesco. La Rivoluzione della tenerezza e dell’amore”. “Speriamo che il Sinodo sarà in grado di trovare una risposta comune, a larga maggioranza, che non sarà una rottura con la tradizione, ma una dottrina che è uno sviluppo della tradizione”. “La battaglia è in corso”, aveva aggiunto.