ANTIABORTISMO
Movimento per la Vita, si cambia (forse)
Dopo 22 anni di leadership, l'MpV è logorato e diviso, e deve fare i conti con un mondo pro-life in costante crescita, ma lontano da sé.
Attualità
23_03_2012
C’è aria di novità nel mondo pro life italiano, e la certificazione di tale cambiamento potrebbe venire già dall’assemblea nazionale del Movimento per la Vita (MpV) che si svolgerà il 24 e 25 marzo a Palermo. Secondo alcuni osservatori è questa l’occasione in cui Carlo Casini, dal 1990 ininterrottamente alla presidenza del MpV, potrebbe essere costretto a farsi da parte.
Casini, 77 anni, magistrato in pensione, alla lunga militanza nel MpV ha associato un’ancora più lunga carriera politica, prima come deputato italiano (dal 1979 al 1996, nelle fila della Dc e del Partito Popolare) poi come parlamentare europeo dal 1989 al 1999 e dal 2005 ad oggi (nelle file dell’Udc di Pierferdinando Casini, con cui non c’è alcuna parentela). In questo doppio ruolo Casini per 22 anni ha sintetizzato in sé la vocazione movimentista del MpV e la vocazione al negoziato e al compromesso tipica dell’attività politica.
Questo, unito all’indiscutibile dedizione personale nella battaglia a difesa della vita, per una lunga stagione ha convinto la Conferenza Episcopale Italiana a considerarlo l’interlocutore esclusivo in materia di diritto alla vita; ma questo doppio ruolo è anche ciò che gli rimproverano i critici interni, che nel corso degli anni sono andati aumentando perché hanno visto sacrificato il carisma del Movimento per la Vita sull’altare delle esigenze della politica. In altre parole, molti avrebbero preferito un MpV libero di affermare la verità tutta intera in materia di aborto, eutanasia, fecondazione artificiale per poi lasciare ai politici di riferimento lo spazio per negoziare e strappare in Parlamento quanto possibile. Casini ha invece sempre considerato una forza questo suo doppio ruolo, per il peso maggiore che gli ha dato nelle trattative politiche. Resta il fatto che quella italiana è un’anomalia: in altri paesi nessun leader di movimenti pro life è anche il politico di riferimento.
Forse la questione sarebbe rimasta sotto traccia se non fossero avvenuti negli ultimi anni due eventi che hanno fatto esplodere le contraddizioni: l’approvazione della Legge 40 sulla fecondazione artificiale, con seguente referendum nel 2005, e la proposta di legge sulle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento (Dat). Nel primo caso all’indubbio successo politico nella formulazione della legge e nella sua difesa nel referendum ha fatto da contraltare una preoccupante debacle culturale. La Legge 40 è sicuramente il meglio che si poteva ottenere in Parlamento, e data la situazione precedente era da sostenere “politicamente”, ma resta una legge oggettivamente ingiusta e certamente lontana dalla morale cattolica. Però la necessità di sostenere con forza quel provvedimento legislativo, ha condotto Casini – in virtù del suo doppio ruolo - a “silenziare” in qualche modo il MpV nel giudizio etico sulla Legge 40, cosa peraltro che ha fatto anche la Conferenza episcopale. Il risultato è che nell’opinione comune la Legge 40 è passata come una legge “cattolica” e – peggio ancora – di questo si sono convinti anche molti cattolici, preti in testa, che oggi ritengono perfettamente compatibile la fecondazione artificiale omologa con la propria fede.
Ancora più lacerante sè rivelata la questione della proposta di legge sulle Dat, o “testamento biologico” come viene definito negli atti parlamentari. La vicenda Englaro ha spinto tre anni fa i vescovi e Carlo Casini (non è dato sapere chi ha influenzato chi) a chiedere una legge cosiddetta “sul fine vita”, allo scopo di escludere l’eutanasia. Ma qui il problema si pone in modo molto diverso rispetto alla Legge 40: se lì c’era in effetti un vuoto legislativo da colmare, qui il nostro ordinamento già esclude l’eutanasia, e le decisioni del giudice sul caso Englaro sono rimaste isolate. La decisione dei vertici dell’episcopato e del MpV di serrare i ranghi e procedere con il “progetto Dat” ha aumentato l’area del dissenso, anche fuori del MpV, e ulteriormente inasprito le divisioni all’interno del Movimento per la Vita stesso.
Sarebbe però sbagliato ridurre il fermento del mondo pro life a una questione personale. Il fatto è che dal 1990 sono anche cambiate moltissimo sia la società – e la politica – sia il mondo pro life italiano e mondiale. Non c’è più la Democrazia Cristiana, ovvero lo sbocco scontato dei cattolici in politica, e attualmente l’Udc è un partitino che rappresenta soltanto una delle opzioni possibili di voto e impegno politico per cattolici e pro life. D’altra parte il mondo pro life italiano – sulla spinta anche di movimenti internazionali – è cresciuto molto e in forme variegate; soprattutto è cresciuto all’esterno del MpV, che pure fino a pochi anni fa era il rappresentante pressoché esclusivo di questo mondo.
Basta dare un’occhiata all’elenco delle adesioni per la Marcia della Vita che si svolgerà il 13 maggio a Roma, un’alternativa all’iniziativa proposta dal Movimento per la Vita che si radunerà invece il 20 maggio nell’Aula Nervi. Promossa dal Movimento Europeo Difesa della Vita e dall’Associazione Famiglia Domani, la Marcia per la Vita, arrivata alla II edizione, ha fin qui raccolto l’adesione di 90 diverse sigle. A testimonianza che c’è ormai un ampio mondo pro life che non è più intercettato dal Movimento per la Vita.
Allo stesso tempo, forse anche a causa di queste spinte, la dirigenza del MpV sembra aver cercato di limitare la vocazione federalista del movimento, arrivando a vere e proprie guerre interne con alcune realtà locali e nazionali. Il lungo braccio di ferro con Federvita Piemonte – sicuramente una delle realtà più significative del movimento – arrivato nelle ultime settimane a una completa rottura; e l’espulsione del Comitato Verità e Vita hanno oggettivamente logorato e indebolito il MpV. E l’ultimo episodio, la minaccia di espulsione per quei Centri di Aiuto alla Vita che avevano inizialmente aderito alla Marcia del 13 maggio, non ha certo contribuito a rasserenare gli animi.
Così all’assemblea di Palermo si presenta un MpV indebolito da divisioni interne e da pressioni esterne. E soprattutto con un leader che sembra aver perso quel rapporto esclusivo con il vertice della Conferenza episcopale che è stato finora l’asso nella manica di Carlo Casini. Non bisogna dimenticare che ogni anno la Cei versa nelle casse del MpV 600mila euro, quasi la metà del bilancio totale del Movimento che, per il 2010, era di 1 milione e 400mila euro. Per molti anni Casini è stato l’interlocutore unico della Cei, ma negli ultimi mesi la situazione sembra essere cambiata, anche per il malcontento crescente manifestato da diversi vescovi per la sua gestione.
Fatto sta che il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, il suo predecessore Camillo Ruini, il segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia Ennio Antonelli, altri cardinali come Carlo Caffarra, Giuseppe Betori e Angelo Comastri, vescovi come Luigi Negri, Claudio Giuliodori, Simone Giusti, solo per citarne alcuni, hanno tutti aderito alla Marcia per la Vita, un fatto impensabile solo un anno fa. E un segnale chiaro per Casini e chiunque guiderà in futuro il MpV.
Dall’assemblea nazionale di Palermo potrebbe dunque venire la svolta che ratifica questo cambiamento: tutto dipenderà da chi sarà eletto nel Consiglio direttivo, che poi a sua volta sceglierà il presidente. Al momento non è ancora chiaro se Carlo Casini si ricandiderà o cercherà semplicemente di gestire la transizione designando alla presidenza un suo fedelissimo, l’attuale vice presidente Lucio Romano (che è anche presidente di Scienza & Vita). Chi vorrebbe superare l'era Casini non ha ancora un candidato chiaro, anche se probabilmente il nome uscirà tra gli esponenti della vecchia guardia.
Ma il nodo fondamentale a questo punto non sono i nomi, quanto la strategia per il futuro. Il MpV deve decidere se provare a interpretare i cambiamenti avvenuti nella società italiana ponendosi a servizio e punto di riferimento di un mondo pro life variegato e in crescita costante (non ripetendo l’esperienza di un presidente-politico), oppure continuare a difendere l’esistente accettando di diventare una fra le tante sigle del mondo pro life (seppure la più importante e radicata sul territorio).