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ALTA CORTE USA

Morto il giudice Scalia, Obama ha davvero campo libero

Il giudice Antonin G. Scalia è morto a 79 anni: cattolico e giurista di fama internazionale, era l’emblema del conservatorismo più intransigente nella Corte Suprema federale. La sua scomparsa offre a Obama l’occasione per lasciare la Casa Bianca con un ultimo colpo basso, forse il peggiore di tutti.

Esteri 15_02_2016
Il giudice Antonin G. Scalia

Il giudice Antonin G. Scalia (1936-2016) è morto a 79 anni la notte tra il 12 e il 13 febbraio in una stanza del Cibolo Creek Ranch, poco distante da Marfa, in Texas, dopo una giornata passata a caccia di quaglie. Cattolico da Messa in latino e giurista di fama internazionale, era l’emblema del conservatorismo più intransigente e combattivo nella Corte Suprema federale di Washington, dove nel 1986 era stato nominato dal presidente Ronald Reagan (1911-2004). 

La sua scomparsa improvvisa lascia un vuoto enorme e alpresidente uscente Barack Obama offre su un piatto d’argento la totalmente insperata occasione per lasciare la Casa Bianca con un ultimo colpo basso, forse il peggiore di tutti. La Corte Suprema federale è l’unico tribunale espressamente regolato dalla Costituzione degli Stati Uniti. Giudica la costituzionalità delle leggi, sia quelle federali approvate dal Congresso di Washington sia quelle varate dalle assemblee legislative dei singoli Stati dell’Unione. In altre parole, è l’interprete autentico della Costituzione. Non può dunque legiferare autonomamente. Quando lo ha fatto, ha violato la Costituzione e abusato dei propri poteri: il caso più evidente è la sentenza con cui il 22 gennaio 1973 legalizzò l’aborto, ma quello fu né il primo né l’ultimo caso di illecito.

I giudici che lo compongono sono nove, di cui uno è il presidente. Sono nominati a vita, anche se hanno la facoltà di ritirarsi. Il loro numero dispari consente di raggiungere sempre un verdetto finale, evitando la parità. I nove giudici vengono nominati dal presidente degli Stati Uniti «con il parere e con il consenso del Senato» (come recita l’Art. II. Sez. 2 della Costituzione) per garantire quell’equilibrio tra i poteri federali di cui Washington mena vanto. Il Senato ha dunque il potere di bocciare o di ratificare la scelta presidenziale, ovvero ce l’ha la maggioranza che lo domina, ma soprattutto la geografia politica che lo frastaglia dove la divisione fra conservatori e progressisti non coincide sempre automaticamente con quella fra Partito Democratico e Partito Repubblicano.

Scomparso Scalia, i giudici supremi sono John G. Roberts (il presidente), Clarence Thomas, Samuel Alito, Ruth Bader Ginsburg, Stephen Breyer, Sonia Sotomayor, Elena Kagan e Anthony Kennedy. Fino a ieri, dunque, i conservatori erano quattro (il presidente Roberts, Thomas, Alito e Scalia) e cinque i liberal (Bader Ginsburg, Breyer, Sotomayor, Kagan e Kennedy che se non è liberal è bizzoso). Ma non è l’unico conto da fare. L’altro è quello delle appartenenze religiose, con cinque cattolici tra cui il presidente (Roberts, Thomas, Alito, Scalia, Sotomayor, Kennedy), tre ebrei (Kagan, Breyer, Bader Ginsburg) e nessun protestante. È stato merito del presidente George W. Bush Jr., protestante (metodista): nominando Roberts al posto del luterano e conservatore William H. Rehnquist (1924-2005) nonché Alito al posto all’episcopaliana e ambigua Sandra Day O’Connor (dimissionaria) diede netto vantaggio ai cattolici, escluse i protestanti e portò un cattolico alla presidenza. 

Una composizione che non dà niente per scontato, ma che certamente aiuta a equilibrare i voti sia di una cattolica “adulta” come la Sotomoyor sia di un cattolico “senile” come Kennedy che il 26 giugno 2015 ha fatto pendere la bilancia dalla parte della legalizzazione del “matrimonio” omosessuale (clicca qui). Senza Scalia il fronte cattolico conservatore, che ha impedito alla Corte Suprema di fare più danni di quanti ne abbia fatti pur ogni tanto scivolando su bucce di banana (clicca qui), è seriamente indebolito. E c’è da aspettarsi che Obama non perderà l’occasione per lasciare la Casa Bianca imprimendo al Paese quella profonda svolta a sinistra che appunto non tramonterà assieme alla sua amministrazione.

Come Bush Jr. fece la storia “cattolicizzando” la Corte Suprema, Obama cercherà di fare la storia marchiando la pietra. Intrecciandosi con le primarie per le elezioni presidenziali di novembre, la sostituzione di Scalia verrà politicizzata al massimo e i Democratici faranno di tutto per spingere sull’acceleratore. Oggi il Senato che dovrà pronunciarsi sul prossimo candidato alla Corte Suprema è a maggioranza Repubblicana, ma per fermare Obama potrebbe non bastare. Così Scalia mancherà ogni giorno di più a un Paese profondamente in crisi. Per decenni è stato l’emblema vivente della fedeltà ai principì della Costituzione nonché il custode dello spirito conservatore e cristiano con cui la Costituzione fu voluta dai Padri fondatori.

Per questo lo hanno dileggiato a lungo, ma è stato così che Scalia ha vinto una delle battaglie americane più importanti di sempre: quella di mostrare nei fatti che un cattolico può essere un buon patriota, anzi che un cattolico che sa spiegare meglio il Paese al Paese stesso è più patriota degli altri. La cultura cattolica sarà grata per sempre a questo John Courtney Murray S.I (1904-1967) in abiti conservatori, anzi tradizionalisti. Nemico giurato del politicamente corretto e del liberalismo progressista, antiabortista convinto e difensore della famiglia naturale, nel parere di minoranza alla Corte Suprema ha messo per sempre agli atti della storia che la legalizzazione dei “matrimoni” gay è una «minaccia per la democrazia americana», è roba da nascondere «la testa in un sacco» e si fonda su «aforismi mistici da biscottini della fortuna» (clicca qui). La sua giurisprudenza farà scuola elevandolo al rango di campioni americani del diritto quali John Marshall (1755-1835) e Joseph Story (1779-1845), ma anche degli eroi della buona battaglia cattolica.