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decreto

Mons. Rico Pavés: è il fedele a scegliere come comunicarsi

Linee guida del vescovo di Asidonia-Jerez (Spagna) che richiama alcuni punti fermi sulla liturgia. Con una precisazione significativa sulla comunione.

Borgo Pio 13_12_2024

All'inizio del nuovo anno liturgico e in vista dell'imminente Giubileo un vescovo spagnolo emana un decreto sulla liturgia, con una significativa precisazione riguardo al modo di comunicarsi. Dopo le indicazioni per il Giubileo e la designazione delle chiese giubilari in diocesi, mons. José Rico Pavés, vescovo di Asidonia-Jerez, passa in rassegna alcune questioni liturgiche e sacramentali.

Niente Messa domenicale il sabato a mezzogiorno, è forse l'indicazione più curiosa. Il presule interviene su «due consuetudini viziate», tra cui quella di anticipare al mezzogiorno del giorno precedente la messa domenicale o di altri giorni di precetto. La domenica o la festa iniziano invece qualche ora dopo, dai primi vespri, ricorda mons. Rico Pavés. L'altra «consuetudine» da correggere è «la celebrazione continua della messa domenicale solo con il proprio gruppo (movimento, fraternità, scuola, ecc.)».
L'invito a rispettare gli orari è ribadito per il Triduo Pasquale, evitando di anticipare «la Messa nella Cena del Signore il Giovedì Santo al mattino o a mezzogiorno» e «la celebrazione della Veglia pasquale al pomeriggio del Sabato Santo».

«Che sia rispettata la norma liturgica sul modo di comunicarsi, che consente al comunicando, e non al ministro, di scegliere il modo di ricevere la comunione, in ginocchio o in piedi, in bocca o nelle mani ben disposte». Niente self service eucaristico, ricorda il vescovo citando le relative norme dell'Ordinamento Generale del Messale Romano che vieta «ai fedeli non è consentito prendere per sé il pane consacrato o il sacro calice e tanto meno passarselo di mano in mano» (OGMR, 160-161) e raccomanda che anche quanti si comunicano restando in piedi «facciano la debita riverenza».

In sintesi: ordine nelle celebrazioni e libertà (con riverenza) nel modo di comunicarsi: in bocca o sulla mano, in piedi o in ginocchio, è il fedele a sceglierlo, non il ministro a imporlo. Precisazione tanto più significativa negli anni post-2020, quando alcuni ministri (e persino diocesi) hanno prolungato lo "stato di emergenza" liturgico ben oltre la fine di quello sanitario imponendo ai fedeli di comunicarsi soltanto sulla mano.