«Molti medici non vogliono ammettere reazioni avverse»
«Nel mio campo vedo riacutizzazioni di infiammazioni alla tiroide, irregolarità nel ciclo mestruale, sindrome di Guillain-Barré, parestesie, trombosi e disturbi coagulativi. La correlazione col vaccino è nei fatti e nelle tempistiche. Non si sapeva? Per forza: con due mesi soltanto di trial era inevitabile. Ma molti medici preferiscono non indagare per non rischiare di beccarsi l'accusa di no vax». Parla alla Bussola l'endocrinologo Giovanni Frajese: «Bisogna segnalare le reazioni avverse perché è l'unico modo per studiarle e perché l'EMA le inserisca tra gli effetti collaterali».
Nel giugno scorso avevano fatto clamore le sue dichiarazioni di forte critica ai vaccini per bambini e adolescenti. Per il luogo in cui erano state pronunciate, il Senato, e per la sua autorevolezza. Da quel giorno per Giovanni Frajese, medico endocrinologo e docente all’università di Roma Foro Italico, sono state migliaia le mail e le lettere di genitori preoccupati. E oggi che il tema della vaccinazione anti-Covid in età pediatrica è tornato prepotentemente alla carica, unito a una forte contrarietà del mondo scientifico, anche di parte dei virologi più intervistati sui giornali, Frajese rivendica in questa intervista alla Bussola la bontà della sua presa di posizione iniziale.
Professore, ha poi fatto fare il vaccino a sua figlia?
No, e i fatti mi stanno dando ragione. Non aveva alcun senso e non ce l’ha oggi.
Perché il suo intervento al Senato fece così scalpore?
In giugno nessuno si era ancora esposto, o meglio, nessuno con una qualifica universitaria e istituzionale. In giugno c’era una voce unica che sosteneva senza ombra di dubbio la vaccinazione pediatrica anti-Covid. Ora non è così. A qualcosa il mio appello è servito.
Ha ricevuto attacchi?
Sinceramente mi aspettavo un attacco da una parte del mondo accademico, ma non è accaduto. Nessun attacco dai colleghi, ma neanche nessuno che mi desse ragione. Semplicemente ignorato. Le perplessità espresse in Parlamento però sono tuttora valide.
Che cosa è cambiato da giugno ad oggi?
Si è rafforzata l’idea che questi vaccini siano relativamente efficaci nel tempo, ma non poteva che essere così dato che lo studio, per ragioni di urgenza, è stato fatto in tempi molto rapidi, con un’osservazione clinica durata due mesi. E infatti le pubblicazioni attuali dicono che col passare del tempo l’efficacia diminuisce al di sotto del 40%, ecco la necessità di una terza dose per riportare la risposta anticorpale a un livello di guardia.
Che cosa sarebbe accaduto se il trial fosse durato almeno un anno?
Che ci sarebbe stata una efficacia molto più bassa. A quel punto si sarebbe imposto il dilemma se approvarli o no. E soprattutto si sarebbe affermato senza tema di smentita che questi vaccini non sono stati un grande successo.
Lei è endocrinologo, che cosa vede sul fronte delle reazioni avverse?
Mi sta accadendo di vedere due tipologie di disturbi. La prima sono riattivazioni importanti di patologie autoimmuni.
In che senso?
In termine tecnico si chiama flare up, una sorta di fiammata di ritorno, come la tiroidite di Hashimoto e morbo di Graves, due tipologie serie di infiammazione tiroidea.
Perché?
Perché il vaccino riprogramma la cellula e modula il sistema immunitario. Questo aspetto non è stato ancora approfondito adeguatamente. La produzione dei sub-componenti del sistema immunitario non la conosce nessuno, cominciano a essere pubblicati dei dati preliminari su MedRX, report sulla modificazione di cellule natural killer. Le patologie autoimmuni come quelle alla tiroide si riattivano nel corso di questo processo.
E la seconda?
Noto molti disturbi al ciclo mestruale. Anche di adolescenti.
Sono fenomeni gravi?
Nelle ricadute sulla fertilità, sì.
Effettivamente nell’ultimo aggiornamento dell’EMA sulla farmacovigilanza, le irregolarità mestruali sono state inserite per la prima volta a quasi un anno dalla somministrazione delle prime dosi. Perché c’è voluto così tanto?
Perché nei trials non si potevano monitorare, in appena due mesi. Diciamo che noi medici stiamo vedendo sul campo le ricadute degli effetti avversi.
Ci sono molte altre patologie?
Sto seguendo sindromi di Guillain-Barré, parestesie, trombosi e disturbi coagulativi.
Anche queste sono state riportate negli aggiornamenti.
Ho una paziente che ha perso il controllo della sensazione della vescica. Ha 52 anni e ora ha il catetere.
Eppure, si tende a escludere sempre la correlazione. Come fa ad essere sicuro che c’entri il vaccino?
I neurologi non hanno alcuna idea di quale sia la causa, la temporalità è successiva al vaccino, i meccanismi di azione sono plausibili con l’inoculo. Si deve fare una lunga opera di studio di ogni caso.
È perché non c’è ancora molta letteratura a disposizione?
Esattamente. Non avendo letteratura a disposizione chi è che rischia di prendersi del no vax per mettersi a studiare le reazioni avverse? Purtroppo, tanti di noi stanno andando alla cieca o preferiscono fare finta di nulla.
Sta dicendo che per un medico è difficile affermare una correlazione diretta?
C’è una situazione di disagio nelle persone che hanno una reazione avversa perché la classe medica fatica a comprendere perché si è verificato un fenomeno e qual è il meccanismo fisiopatologico che sta dietro la manifestazione, così facendo sia la diagnosi che la terapia diventano di tipo intuitivo perché non si segue un protocollo.
Che cosa bisogna fare?
Continuare a segnalare, non solo da parte dei pazienti, ma sono i medici che devono segnalare tutto quello che vedono in termini di possibile reazione avversa. Solo così certe patologie verranno prese in considerazione. Le faccio un esempio.
Prego.
Nei primi report di EMA non c’era la pericardite come effetto avverso grave: finché c’erano poche segnalazioni si tendeva a non registrarle e soprattutto a non considerarle correlate. Quando il numero di reports della pericardite è aumentato superando una certa soglia allora è stata riconosciuta come possibile link causale alla vaccinazione ed è entrata a far parte degli eventi avversi noti. Ora la comunità scientifica è passata allo studio del fenomeno. La farmacovigilanza funziona in questo modo.
Siamo però ancora in un contesto di segnalazioni spontanee ad Aifa e EMA.
E questo è un grosso problema perché sistemi come Vaers ed Eudravigilance sono volontari; quindi, significa che la percentuale è molto bassa.
Di quanto?
Del 10%? Del 20% Non saprei, di sicuro è sottostimato.