Moglie Usa, amante russa: Kim ed Erdogan guardano a Putin
In questi ultimi tre giorni, la Corea del Nord e la Turchia, per motivi molto differenti, ma in base alla stessa logica, si stanno rivolgendo alla Russia per aggirare le difficoltà poste dagli Stati Uniti. È la logica della nuova guerra fredda.
In questi ultimi tre giorni, la Corea del Nord e la Turchia, per motivi molto differenti, ma in base alla stessa logica, si stanno rivolgendo alla Russia per aggirare le difficoltà poste dagli Stati Uniti. E’ la logica della nuova guerra fredda?
Dopo sette anni dalla sua successione al potere della Corea del Nord, Kim Jong-un è stato ricevuto dal presidente russo Vladimir Putin alle porte della Russia, nella città estremo orientale di Vladivostok, il 25 aprile. Il dialogo fra i due leader era a porte chiuse. Si sa, dalle dichiarazioni in conferenza stampa che secondo Putin la Corea del Nord ha bisogno di garanzie internazionali sulla propria sicurezza per poter procedere allo smantellamento del programma nucleare e che queste garanzie, per risultare davvero utili, dovranno essere proposte nell’ambito di un quadro che coinvolga numerosi Paesi. Prima dell’ultima escalation, iniziata nel 2009, la denuclearizzazione della Corea del Nord era discussa nei Colloqui a Sei, a cui partecipavano sia la Cina che la Russia. Putin non sta facendo altro che riproporre lo stesso modello di negoziato. Il presidente russo dichiara di “non avere segreti” con gli Stati Uniti e di aver comunicato le sue intenzioni anche a Donald Trump: per ogni sforzo statunitense per la denuclearizzazione in Corea, occorre coinvolgere anche altri paesi.
I colloqui avevano comunque uno scopo anche molto più immediato. Putin mira ad un più ampio accesso alle risorse minerarie della Corea del Nord, compresi i metalli rari. Kim mira, invece, ad attrarre investimenti russi per modernizzare la sua industria e le sue infrastrutture che risalgono ancora all’era sovietica. Ma pensa anche che, grazie al Cremlino, possa aggirare le sanzioni internazionali che ancora gli sono imposte a causa del suo programma nucleare e di quello missilistico, contrari alle risoluzioni Onu sul disarmo. Mosca ha infatti dato segnali di non voler inasprire le sanzioni e di applicarle in modo leggero che gli Usa giudicano molto dubbio. Tuttavia, anche dopo i colloqui del 25 aprile, dalla Russia non è arrivata alcuna promessa esplicita di assistenza economica per mitigare la pressione delle sanzioni.
I precedenti colloqui di Hanoi, fra Kim Jong-un e Trump erano falliti proprio sulle sanzioni, Kim accetterebbe di rinunciare al suo programma nucleare, solo dopo la loro rimozione. La posizione degli Usa è speculare e opposta: solo dopo aver verificato un effettivo smantellamento del programma le sanzioni potrebbero essere rimosse. Kim, in pratica, si è rivolto a Putin per annullare o mitigare l’effetto delle sanzioni. Per poter dire di “no” agli Usa senza pagare gravi conseguenze economiche. Ma pare non abbia raggiunto il suo scopo, almeno per ora
Contemporaneamente, la Turchia di Erdogan sta ragionando allo stesso modo, pur essendo non un nemico, ma un alleato degli Usa nella Nato. La contesa riguarda l’acquisto, da parte della Turchia, di missili anti-aerei S-400 russi, di ultima generazione. L’acquisto è coerente con l’atteggiamento di Erdogan dopo il fallito golpe del luglio 2016, che il presidente turco attribuisce a Fethullah Gul, tuttora protetto negli Usa. Non ottenendo la sua estradizione, per tutta risposta si rivolge alla Russia per l’acquisto dei sistemi d’arma, mostrando come possa fare anche a meno dell’alleato d’oltre oceano. Vista la delicatezza del settore (difesa aerea) gli Usa hanno però annunciato la sospensione della vendita dei nuovi caccia-bombardieri F-35 alla Turchia. E allora, Erdogan potrebbe rivolgersi ancora alla Russia per l’acquisto di cacciabombardieri russi che rimpiazzino gli F-35. Lo riporta il quotidiano turco Hurriyet, che cita Alexander Mikheev, presidente di Rosoboronexport, l’azienda di Stato russa monopolista delle esportazioni militari. Il 24 aprile, in merito alla possibile vendita degli aerei russi Mikheev diceva: “Se la controparte turca ci chiede una consulenza, siamo pronti a rivolgerci alla Russian United Aircraft Company entro i limiti delle nostre possibilità”. Il ministro della Difesa turco Hulusi Akar parlava, proprio il giorno prima, di un “piano B” nel caso gli Usa persistano nella loro intenzione di bloccare la vendita degli F-35.
I casi di Turchia e Corea del Nord, hanno questo in comune: dare per scontato che si viva, ormai, in un mondo multi-polare, in cui Russia e Usa sono in rotta di collisione, di nuovo, come ai tempi della guerra fredda. Che questo sia solo percepito o reale, importa meno. Perché si è già innescata la dinamica tipica della vecchia guerra fredda, quando tutti gli Stati in bilico, per ottenere qualcosa, ricattavano l’alleato di riferimento, o minacciavano il loro nemico, chiedendo aiuto all’altro blocco.