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IL LIBRO

Moderati senza identità e ignari del loro potere

Dopo Tangentopoli l'area moderata è sempre più difficilmente identificabile e destinata a soccombere. Nel suo libro Il brutto anatroccolo il giornalista Andrea Camaiora spiega perché continuano a perdere quelli che dovrebbero vincere.

Politica 27_06_2014
Ministri del Nuovo Centrodestra

La travolgente galoppata renziana sembra, almeno per ora, priva di ostacoli e gli smottamenti dentro Sel, Scelta civica e grillini evidenziano una forte carica attrattiva da parte del Pd. Il centrodestra prova a riorganizzarsi, anche se il processo di riaggregazione dei moderati appare ancora agli inizi. La riforma presidenzialista, da integrare nel pacchetto di riforme su legge elettorale, Senato, giustizia, pubblica amministrazione, fisco e lavoro, dovrebbe favorire la ricomposizione tra le diverse formazioni politiche alternative alla sinistra.

Tuttavia, appare evidente che non si può costruire uno schieramento solo sull’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Occorre ben altro. Ci vuole un progetto per il Paese che nasca in un “cantiere”, attraverso un confronto, un’elaborazione sui temi cruciali per il futuro dell’Italia, senza la frenesia di riconquistare subito la fiducia degli italiani, che è evaporata per meriti altrui ma soprattutto per colpe proprie. Nei giorni scorsi Silvio Berlusconi ha sollecitato una riunificazione con gli alfaniani e le altre anime del centro-destra, quasi che una visione del mondo comune possa generarsi automaticamente dalla somma di sigle e bandiere.

I moderati hanno smarrito la propria identità, si interrogano perfino sul significato della parola moderatismo, quasi fosse un ibrido inconsistente e ormai una categoria in disuso nella dialettica socio-culturale e politica italiana. Secondo il giornalista e spin doctor Andrea Camaiora, autore di un interessante volume dal titolo Il brutto anatroccolo. Moderati: senza identità non c’è futuro (edizioni Lindau), un’autolesionistica arrendevolezza ha condannato i moderati italiani, che sono maggioranza nel Paese, all’attuale insignificanza culturale e alla diaspora politica. Camaiora va giù duro e paragona il moderato italiano al «brutto anatroccolo, protagonista della celebre fiaba dello scrittore danese Hans Christian Handersen che, schernito dagli altri animali perché sgraziato, ignora quali siano le sue origini e quale futuro di splendore gli riservi il futuro». I moderati, secondo il trentaduenne scrittore di La Spezia, «hanno dimenticato chi sono, qual è la loro storia e quali i loro meriti, accettando la rappresentazione che di loro veniva offerta di volta in volta dai loro avversari», hanno rinunciato a coltivare ambizioni, a testimoniare i loro valori, anche quelli cattolici, diluiti in contenitori modernistici e spersonalizzanti e marginalizzati entro formule stantie e di facciata; si sono piegati supinamente all’egemonia gramsciana della cultura di sinistra nel mondo dell’arte, della cultura, delle professioni e hanno progressivamente rimosso la cultura politica dall’orizzonte del loro agire, col rischio, concreto, di smarrire del tutto la memoria di sé e di veder prosciugata definitivamente la fonte dei loro pensieri politici, che nella storia hanno vinto e che sono il fondamento dei regimi democratici nei quali viviamo.

Se le categorie “destra” e “sinistra” resistono con fatica agli urti dell’evoluzione storico-politica, la qualifica di moderato si identifica, secondo Camaiora, con quella di colui «che non antepone mai alcun pregiudizio ideologico al proprio impegno civile o politico e che guarda alla realtà con un approccio che potremmo definire naturaliter cristiano e dunque ottimista, che vede la realtà come bene, e non come male da distruggere o stravolgere, appunto, sulla base delle proprie convinzioni ideologiche». Essere moderati non vuol dire, dunque, mancare di determinazione. Un padre della patria come De Gasperi, “ontologicamente” moderato, non mancava certamente di carattere, ma mostrava equilibrio e senso delle istituzioni e rifuggiva dagli estremismi rivoluzionari.

Dopo Tangentopoli è diventata meno identificabile l’area moderata, tradizionalmente riconducibile a quella del defunto pentapartito e animata da principi ideali che sembrano smarriti o ormai subalterni a quelli della sinistra massimalista. Il paradosso è che la maggioranza moderata del Paese subisce il giogo di un’egemonia culturale di sinistra che non la rappresenta. Tuttavia, non riesce ad uscire dal letargo degli ultimi vent’anni, rialzare la testa e riproporre idee, visioni, soluzioni, scelte di qualità. Il libro di Camaiora si augura per i moderati un futuro da cigni, a patto che essi si liberino dalla sindrome del brutto anatroccolo e rimettano al centro la loro identità, la loro storia, i loro valori. Lascia intendere con molta nitidezza che la storia dei moderati ben difficilmente potrà essere riscritta da sinistra e molto più opportunamente dovrebbe ripartire dal prepolitico e rimettere al centro la visione cattolico-liberale dell’uomo, della vita, della società.

Ci vorrebbero tanti testi come quello di Camaiora per supportare una profonda riflessione sulle ragioni della crisi del moderatismo in Italia e sulle sue speranze di riscatto. Nel centrodestra il cantiere della ricostruzione, ancora da creare, non dovrà alimentare i laceranti personalismi degli ultimi mesi ma premiare idee nuove e introdurre criteri meritocratici di selezione della classe dirigente. Per ora una scommessa dagli esiti incerti. Molto dipenderà anche da quanto duraturo e inclusivo sarà il ciclo renziano. Tuttavia, gran parte del destino dei moderati è nelle loro mani. L’essenziale è che lo comprendano in fretta.