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LA NAVE ENI BLOCCATA

Minacce della Turchia, Ue e Italia perdono credibilità

"La situazione non è sotto il nostro controllo, le diplomazie stanno discutendo, stiamo aspettando" ha detto ieri l'amministratore delegato di Eni riguardo alla nave della compagnia fermata al largo di Cipro da navi da guerra turche. Attesa finora vana: solo parole dall'Ue e il governo italiano è passivo.

Politica 17_02_2018
Recep Tayyip Erdogan

La crisi che coinvolge l’ENI e l’Italia a Cipro è solo in teoria un problema tra i due Stati ciprioti e Ankara perché investe in realtà gli interessi italiani e la residua credibilità della stessa Unione Europea di cui Cipro fa parte.

A Cipro "la situazione non è sotto il nostro controllo, le diplomazie stanno discutendo, stiamo aspettando" ha detto ieri l'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi commentando il blocco in atto da giorni della nave-piattaforma della società energetica italiana Saipem 12000, fermata dalla Marina turca mentre si dirigeva ad attuare trivellazioni per la ricerca di giacimenti di gas in un settore della Zona economica esclusiva di Cipro. Come è noto, Ankara occupa dal 1974 una parte dell’isola ed è l’unica a riconoscere la Repubblica Turca di Cipro rivendicando il controllo di alcune aree marittime circostanti. "In questo momento la Turchia sta violando le regole del diritto internazionale, sta forzando la mano, è una provocazione inutile che non otterrà grandi risultati" ha affermato il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani. "La Turchia - ha aggiunto - è un Paese candidato a far parte della Ue, però progressivamente si sta allontanando dall’Unione europea. E' un po' un controsenso chiedere di far parte dell’Unione Europea e poi fare l’esatto contrario di quello che bisogna fare per esserne parte e questa scelta, che è anche una violazione del diritto internazionale, va esattamente nella direzione di un allontanamento tra i valori dell'Unione europea e quelli della Turchia".

A parte il fatto che la Turchia è distante anni luce della Ue (e non dovrebbe mai farne parte in quanto Paese islamico retto da un regime islamista) per ben altre ragioni oltre alla disputa sul controllo dei giacimenti di gas off-shore ciprioti, la Ue non è andata oltre a dichiarazioni di circostanza come quelle di Tajani o dell’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri, Federica Mogherini. Sul fronte italiano il ministro della Difesa, Roberta Pinotti ha avuto un colloquio bilaterale al vertice Nato di Bruxelles con l’omologo turco, Nurettin Canikli, il cui esito non è stato comunicato, mentre il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha incontrato nei giorni scorsi il titolare della Farnesina, Angelino Alfano, che ha espresso la salomonica quanto inconcludente aspettativa per “una soluzione condivisa nel rispetto del diritto internazionale e nell’interesse sia dell’Eni, sia dei Paesi della regione, sia delle due comunità cipriote”.

Quanto paghino cautela e linea morbida con la Turchia di Recep Tayyp Erdogan dovremmo però già saperlo bene in Italia come in tutta la Ue. L’invasione di 2 milioni di migranti illegali lungo la rotta balcanica nel 2015 non ci è bastata? Neppure le accuse di nazismo rivolte da Erdogan ad Olanda e Germania? Neppure la visita a Roma del presidente turco che ci ha accusato di razzismo e islamofobia per i fatti di Macerata, ha espresso la pretesa di dettare l’ammissione della Turchia nella Ue e infine ha ammonito l’Eni dal penetrare nelle acque cipriote (ma questo il governo italiano non ce lo aveva detto)?

L’arrendevolezza col regime islamista turco non paga mai, come hanno confermato anche le ultime dichiarazioni di Erdogan. “Avvisiamo coloro che su Cipro e nell’Egeo stanno facendo male i conti e si stanno comportando in maniera impertinente che: manderemo all’aria i vostri piani. Consiglio alle compagnie straniere che operano nelle acque di Cipro, fidandosi di Nicosia, di non superare i limiti e di non lasciarsi strumentalizzare per un lavoro che eccede i loro limiti e le loro forze. Le spacconerie di costoro sono sotto osservazione dei nostri aerei, delle nostre navi e dei nostri uomini”. Erdogan è giunto a paragonare l’impegno militare di Ankara nell’Egeo (dove le navi turche hanno anche speronato un pattugliatore greco) alle operazioni belliche contro i curdi nel nord della Siria. Toni bellicosi che giustificherebbero quanto meno l’invio di una flotta Ue per tutelare anche Cipro e il varo di dure sanzioni economiche alla Turchia (che avremmo in realtà dovuto varare già nel 2015 invece di negoziare lo stop ai flussi di migranti illegali) il cui impatto potrebbe essere destabilizzante per lo stesso Erdogan.

Tra l’altro iniziative militari ed economiche europee sarebbero del tutto giustificate dall’uso della forza da parte turca nella Zona economica esclusiva cipriota e dalla violazione del diritto internazionale. Mobilitare navi militari italiane per affiancare la Saipem 12000 non dovrebbe essere un’opzione remota, ma un’esigenza prioritaria per la tutela degli interessi nazionali. Peccato disporre della più potente Marina del Mediterraneo e di navi come le fregate Fremm (gioielli tecnologici da mezzo miliardo di euro ad esemplare valutate anche dalla Marina Usa) e impiegarle come “traghetti” per immigrati clandestini invece che per difendere i nostri interessi nel Mediterraneo. Meglio ricordare a chi governa un’Italia sempre più genuflessa a chiunque la minacci (l’India per il caso Latorre-Girone, i trafficanti di esseri umani libici e ora il “sultano” turco) che le navi da guerra ricoprono da sempre compiti di diplomazia armata, mostrare bandiera e deterrenza.

Proprio in questi giorni una lezione in tal senso ce la offrono i britannici che hanno inviato la fregata HMS Sutherland nel Mar Cinese Meridionale per riaffermare la libertà di navigazione presso arcipelaghi rivendicati anche da altri Stati della regione ma che Pechino sta occupando militarmente in violazione del diritto internazionale. Pur non avendo più interessi territoriali nel Sudest asiatico dalla cessione di Hong Kong alla Cina (nel 1997) la Gran Bretagna ritiene necessario impiegare le proprie navi nel Mar Cinese Meridionale per ribadire il rispetto del diritto marittimo.

Paradossale al confronto che invece Italia e Ue non schierino flotte neppure nel Mediterraneo Orientale a difesa dei propri interessi, delle navi mercantili come la Saipem 12000 e di un o Stato partner come Cipro.