Migration Paket, la Germania svolta sull’immigrazione
Il Bundestag ha approvato il cosiddetto Migration Paket. L’iniziativa è stata di Horst Seehofer, ex presidente della CSU, il partito gemello della CDU di Angela Merkel, che già nove anni fa aveva dovuto ammettere il fallimento dell’approccio multiculturale. Il nuovo pacchetto normativo prevede espulsioni e un giro di vite sugli ingressi legali. Il cambio di strategia non è solo politico, ma culturale.
Il tentativo della Germania di creare una società multiculturale è “completamente fallito”, aveva detto nell’ottobre 2010 il cancelliere Angela Merkel a un incontro con i giovani membri della CDU a Potsdam. Già allora, ben prima delle ondate migratorie degli ultimi anni lungo la rotta libica e quella balcanica, la Merkel aveva ammesso che permettere alle persone con differenti background culturali di vivere fianco a fianco senza integrarsi non aveva funzionato in un Paese che ospita circa quattro milioni di musulmani. “Questo approccio multiculturale è fallito, completamente fallito”, aveva detto cedendo alle richieste interne al suo partito e alla CSU bavarese, per assumere una linea più severa sugli immigrati che non mostrano la volontà di adattarsi alla società tedesca.
La Merkel aveva affermato che l'educazione dei disoccupati tedeschi dovrebbe avere la priorità sul reclutamento di lavoratori dall’estero pur sottolineando che la Germania non potrebbe cavarsela senza lavoratori stranieri qualificati e aggiungendo che i tedeschi devono accettare che le moschee sono diventate parte del loro paesaggio.
Rileggere oggi quell’intervento è utile a comprendere l’iniziativa assunta da Horst Seehofer, ex presidente della Christian Social Union (CSU), il partito gemello della CDU, e ministro dell’Interno che ha appena varato il cosiddetto “Migration Paket” che prevede l’espulsione immediata dei migranti illegali, l’ampliamento della detenzione preventiva per chi entra illegalmente in Germania e il taglio del Welfare agli stranieri che potranno essere sottoposti a perquisizioni senza bisogno di mandato giudiziario.
Misure approvate dal Bundestag con il voto della SPD che ben fotografano il crescente malcontento dei tedeschi nei confronti delle continue violenze compiute da immigrati illegali per lo più di religione islamica.
Per comprendere come sia cambiata la Germania appena quattro anni dopo la “politica del benvenuto” rivolta dalla Merkel ai migranti illegali arrivati perlopiù dalla “rotta balcanica”, basti pensare che ora chi è privo del permesso verrà espulso fisicamente dal Paese. Berlino si impegna quindi ad accogliere solo 260.000 migranti regolari all’anno, necessari all’economia nazionale; e benché le associazioni industriali sostengano che nella Repubblica Federale manchino lavoratori specializzati, in molti ormai ritengono più utile motivare a venire a lavorare in Germania cittadini europei piuttosto che accogliere persone di culture diverse.
Alle dure critiche dell’opposizione di Sinistra (e a quelle di AfD, che chiede misure ancora più rigide contro l’immigrazione) Seehofer ha replicato affermando che “non si tratta di calpestare i diritti umani ma piuttosto di eseguire le procedure previste. Ci sarà, in futuro, un modo legale di immigrare nel nostro Paese anche perché abbiamo bisogno di uomini e donne qualificati per il nostro mercato del lavoro”.
Non è forse un caso, sottolinea il quotidiano comunista Il Manifesto, che “il pacchetto-Seehofer supera il vaglio istituzionale esattamente il giorno dopo la pubblicazione dell’ultimo sondaggio Infratest che conferma come i Verdi sarebbero oggi il primo partito tedesco col 26% dei voti seguito dal CDU/CSU col 25%, AfD con il 13% mentre la SPD non supererebbe il 12%, i liberali l’8% e la Sinistra (Linke) il 7%”.
Sarebbe però riduttivo interpretare il cambiamento di approccio politico della Germania rispetto all’immigrazione extra europea come un mutamento determinato solo dai problemi sociali e di sicurezza senza tenere conto dell’aspetto culturale.
Già nove anni or sono aveva suscitato scalpore il libro Deutschland schafft sich ab (traducibile in “La Germania abolisce sé stessa”) scritto dall'economista ed ex membro del consiglio di amministrazione della Deutsche Bundesbank Thilo Sarrazin, che attribuiva agli immigrati musulmani l’abbassamento dell'intelligenza media nella società tedesca. Sarrazin venne censurato per le sue opinioni e licenziato dalla Bundesbank, ma il suo libro si è rivelato molto popolare e i sondaggi mostrarono che la maggioranza dei tedeschi era d'accordo con i suoi argomenti, come sottolineò un report dell’agenzia Reuters.