Migranti, le "curiose" amnesie di Amnesty
Il rapporto Amnesty accusa l'intesa tra Europa e Libia di violazioni dei diritti umani sui migranti ritornati in Libia o in attesa di partire. Ma tace sul business delle organizzazioni criminali. Perché ha l'obiettivo di far riprendere gli sbarchi.
Le misure attuate dalla Libia con l’appoggio dell’Italia e della Ue per frenare i flussi di immigrati illegali stanno avendo un successo certo non completo e che potrebbe diventare totale se anche le navi militari italiane ed europee riportassero in Libia i migranti illegali soccorsi in mare e se a quelle delle Ong venisse impedito di sbarcare clandestini nei porti italiani
La conferma della svolta è facilmente misurabile dalla sequela di scoop ad orologeria che “scoprono” solo oggi la “schiavitù” in Libia e dai rapporti di Ong e organizzazioni umanitarie che mettono sotto accusa l’intesa tra europei e governo libico a causa delle pessime condizioni dei centri di raccolta libici, evidentemente con l’obiettivo di far riprendere l’esodo incontrollato verso le coste italiane.
“Nonostante i ripetuti avvertimenti, i governi europei hanno continuato a sostenere attivamente un sofisticato sistema di abuso e sfruttamento di rifugiati e migranti da parte delle autorità libiche” riferisce il rapporto di Amnesty International intitolato "La rete oscura della collusione in Libia".
Un documento reso noto ieri che elenca le complicità dei governi europei riguardo le violazioni dei diritti umani nei confronti dei migranti rimasti in Libia. Secondo quanto riferito dall'organizzazione umanitaria, la cooperazione dei governi dell'Unione con le autorità di immigrazione libiche, compresa la Guardia costiera, ha contribuito alle "terribili condizioni" che i migranti stanno affrontando nel paese nordafricano.
"I governi europei sono consapevolmente complici della tortura e degli abusi su decine di migliaia di rifugiati e migranti detenuti in Libia", si legge nel rapporto.
Strano che Amnesty non sappia che i migranti illegali non vengono rapiti dalle loro case ma giungono in Libia volontariamente, pagando le organizzazioni criminali perché li portino in Europa. Paradossale che non sia a conoscenza del fatto che la Ue e l’Italia finanziano pesantemente le agenzie dell’Onu (Unhcr e IOM) affinchè migliorino le condizioni di vita nei centri di raccolta dove sono presenti circa 20mila migranti respinti dalle autorità libiche dopo averli soccorsi in mare. Incredibile che Amnesty, tanto preoccupata per le precarie condizioni di vita offerte da questi centri di raccolta, non mobiliti tutte le Ong invitandole a recarsi proprio lì a svolgere il loro prezioso lavoro umanitario.
Perché poi interessarsi solo dei 20 mila migranti respinti e in attesa di rimpatrio (oltre 15 mila quelli già riportati nei paesi d’origine con voli charter da Tripoli organizzati dall’IOM) ma non degli oltre 100 mila che restano in Libia in attesa di un imbarco illegale per cercare di arrivare in Italia? Se i migranti vengono respinti dalle autorità libiche riconosciute dall’Onu, Amnesty si scandalizza ma se arricchiscono cosche criminali no?
Per Amnesty e il mondo delle Ong, che evidentemente si disinteressano anche dei tanti migranti morti nella traversata del deserto libico nel lungo viaggio per raggiungere la costa de Mediterraneo, l’unica soluzione al problema sembrerebbe continuare a riempire l’Italia e l’Europa di immigrati illegali africani.
Tutte vite che si potrebbero risparmiare, in mare come nel deserto, con lo stop ai flussi illegali che scoraggerebbe ulteriori partenze dal Sahel.
Il rapporto del resto parla chiaro e critica i paesi dell'Unione, in particolare l'Italia, per l'attuazione di "una serie di misure volte a chiudere la rotta migratoria attraverso la Libia e attraverso il Mediterraneo centrale, con poca attenzione per le conseguenze per coloro che sono intrappolati all'interno dei confini della Libia, dove non vige alcuna legge". Amnesty sostiene che i governi europei abbiano fornito supporto tecnico al Dipartimento libico per la lotta alla migrazione illegale (DCIM), che è responsabile della gestione dei centri di detenzione, dove rifugiati e migranti sono, nella maggior parte dei casi, arbitrariamente e indefinitamente detenuti ed esposti a torture e altre gravi violazioni dei diritti umani. L'11 settembre anche l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, il giordano Zeid Ra'ad al-Hussein, aveva denunciato "gli orribili abusi che i migranti affrontano dopo essere stati intercettati in mare e riportati Libia".
Perché allora, davanti a tanta indignazione, né l’Onu né le Ong sbarcano in forze in Libia a dare conforto ai migranti?
"La Guardia costiera libica mette a rischio le vite dei migranti, intimidisce le Ong" sostiene Amnesty international che sottolinea come sia "noto che ufficiali della Guardia costiera operino in collusione con le reti di trafficanti e abbiano usato minacce e violenze contro rifugiati e migranti su barconi in difficoltà". Curiosa affermazione poiché, anche se in passato vi sono state complicità tra trafficanti e Guardia costiera di Tripoli, i fatti dimostrano ora l’impegno dei militari di Tripoli addestrati dagli italiani mentre le recenti inchieste giudiziarie italiane hanno invece evidenziato i rapporti tra i criminali e le stesse Ong con intese mirate a favorire il trasbordo dei migranti da sbarcare in Italia.
Curioso anche il principio su cui sui basa Amnesty e cioè che le Ong dovrebbero essere considerate da tutti una sorta di “caschi blu” a cui lasciare campo libero e carta bianca quando invece sono soggetti privati che rispondono a interessi non certo coincidenti con quelli di Italia, Ue e Libia.
Vietarne l’accesso ai porti italiani, così come hanno fatto i libici bandendole dalle acque di loro competenza, favorirebbe la fine dei flussi migratori illegali e cesseremmo così anche di contare morti in mare.
Amnesty rilancia poi le accuse alla Guardia costiera libica per i fatti del 6 novembre scorso quando i morti annegati tra i migranti che venivano raccolti dalla motovedetta libica Ras Jadir furono determinati dall’arrivo della nave della Ong Sea-Watch che i clandestini cercarono di raggiungere a nuoto.
La ragione? Così semplice che pare strano non venga annotata da Amnesty International nel suo rapporto. La motovedetta avrebbe riportato i migranti in Libia in un capo di raccolta o detenzione in attesa del rimpatrio mentre la nave della Ong li avrebbe portati in Italia.