Migranti illegali e tratta, la ricerca di una Ong fa luce
Il rapporto “L’intersezione tra migrazione irregolare e traffico di esseri umani in Africa occidentale e nel Sahel”, della Global Initiative, sottolinea i pericoli affrontati dagli emigranti illegali. L’organizzazione dei viaggi rende molto. E i dati della ricerca, svolta con interviste a 1.600 migranti, smentiscono l’idea che alla base dell’emigrazione ci sia un’estrema povertà. Ma tale argomento continua a essere usato in Italia, dove nel 2020 gli arrivi sono triplicati.
L’immigrazione illegale in Europa continua a diminuire, ma resta consistente. Il 2020 si è concluso con 94.080 arrivi, 86.649 dei quali via mare, mentre nel 2019 erano stati 123.663. Per contro, in Italia gli arrivi sono triplicati: da 11.471, nel 2019, sono saliti a 34.133. A livello europeo, i principali paesi di origine sono Tunisia, Algeria, Marocco e Bangladesh. In Italia gli emigranti illegali sono arrivati soprattutto da Tunisia, Bangladesh, Costa d’Avorio e Algeria. Seguono in entrambi i casi altri paesi in gran parte africani.
La Global Initiative, una organizzazione non governativa con sede a Ginevra che ha come missione la denuncia e la lotta contro il crimine organizzato transnazionale, ha pubblicato di recente i risultati di una ricerca che richiama l’attenzione su un aspetto dell’emigrazione illegale poco considerato e invece drammaticamente centrale, vale a dire i pericoli che gli emigranti illegali affrontano, soprattutto lungo le rotte di terra africane che portano alle coste del Mediterraneo. Il rapporto si intitola: “L’intersezione tra migrazione irregolare e traffico di esseri umani in Africa occidentale e nel Sahel”.
Per traffico o tratta di esseri umani si intende lo sfruttamento di uomini, donne e bambini costretti a lavorare o ridotti in stato di schiavitù sessuale, indotti con la forza o adescati con l’inganno. Per estensione la Global Initiative ha considerato traffico anche ogni forma di profitto ricavato approfittando della situazione vulnerabile in cui viene a trovarsi chi ricorre a canali illegali per emigrare, affidandosi a una delle tante organizzazioni criminali che provvedono al contrabbando di esseri umani.
Il fulcro dell’indagine sono le interviste a 1.600 emigranti illegali, realizzate lungo le rotte migratorie tracciate dai contrabbandieri di uomini. Si stima che circa il 90 per cento degli emigranti illegali ricorra a una organizzazione per raggiungere la destinazione scelta. Viaggiare clandestinamente è difficile: bisogna sapere come muoversi, quali itinerari scegliere, come procurarsi documenti falsi e come aggirare i controlli di frontiera e quelli delle forze di sicurezza dei paesi che si attraversano, dove alloggiare, quali mezzi di trasporto utilizzare. In Africa i tratti da percorrere in savana e nel deserto aggiungono altre difficoltà e incognite. Infine c’è da compiere l’ultima tappa del viaggio: imbarcarsi per attraversare il Mediterraneo o il tratto di Oceano Atlantico che separa le coste africane dall’arcipelago delle isole Canarie. Sono viaggi costosi: da alcune migliaia di dollari a decine di migliaia. Il prezzo varia in funzione della distanza da percorrere, delle difficoltà da affrontare, del tipo di trasporto scelto, dei documenti necessari…
L’organizzazione dei viaggi illegali rende molto di per sé. Nel 2015 e nel 2016, gli anni di maggior traffico verso l’Europa, si stima che il contrabbando di persone abbia fruttato complessivamente da sei a sette miliardi di dollari. Inoltre c’è modo di arrotondare, ricattando i “clienti” e abusandone in vari modi. La ricerca descrive come: tra le forme di abuso più comuni, il lavoro forzato, patito dall’11 per cento degli intervistati, la schiavitù (7 per cento), lo sfruttamento sessuale (4 per cento). La detenzione a scopo di estorsione è di gran lunga l’abuso più frequente. Il 54 per cento degli intervistati ha detto di averla sperimentata: inflitta dai dipendenti dell’organizzazione stessa a cui si erano affidati o da altri soggetti, ad esempio, altre organizzazioni criminali o gruppi armati da cui sono stati rapiti o ai quali sono stati ceduti.
È nei campi di detenzione gestiti dalle organizzazioni criminali, e dai gruppi armati che in Africa controllano grandi estensioni di territorio, che gli emigranti illegali subiscono le violenze spesso denunciate, ma attribuendole alle forze di sicurezza dei governi di transito. Lì attendono per settimane che i loro carcerieri ricevano, dai parenti allertati, di che riscattarli, per proseguire il viaggio. I più fortunati, per meglio dire, i meno sfortunati, sono quelli arrestati dalla polizia e detenuti in centri di raccolta o in carcere. Di solito vengono rimpatriati e, se davvero hanno fortuna, possono usufruire dei programmi di rimpatrio volontario assistito finanziati dall’Unhcr, dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni e dall’Unione Europea, grazie ai quali già decine di migliaia di africani sono tornati a casa.
Con l’esperienza e il passaparola, gli emigranti hanno imparato che un modo per ridurre il rischio di subire violenze e abusi, e furti, durante il viaggio è non portare con sé tutto il denaro concordato, ma farselo spedire di volta in volta. Il 51 per cento degli intervistati ha detto di aver affidato il resto del denaro ad amici o famigliari; altri, il 29 per cento, addirittura al contrabbandiere. Ma non è sufficiente.
Per finire, la ricerca, che prende in considerazione anche gli africani che emigrano illegalmente in altri stati africani, arriva a una “scoperta”. Gli emigranti diretti in Europa sono più spesso vittime di abusi, sono più spesso “trafficati” rispetto a quelli che restano nel continente africano. Il motivo è che hanno più denaro con sé, durante il viaggio, o reperibile. E, spiega il rapporto, “più denaro hanno con sé, più è probabile che vengano trafficati”. Stando alle dichiarazioni rilasciate dagli intervistati, la differenza è in effetti notevole. Quelli diretti in Europa avevano in media 821 euro. Quelli in viaggio verso altri stati africani ne avevano in media 277. Tra quelli con destinazione l’Europa, i più “ricchi” risultano quelli che intendevano raggiungere la Francia (876 euro). La destinazione meno costosa sembra essere la Spagna (770 euro). La ricerca ha individuato inoltre un’altra differenza. Le donne del campione avevano in media 776 euro contro i 447 degli uomini.
Perde valore, alla luce di questi dati, l’asserzione che sia una condizione di povertà estrema a costringere a emigrare, argomento che in Italia continua a essere usato per chiedere che lo status di rifugiato sia riconosciuto a tutti gli emigranti illegali, non solo ai profughi, già smentito da altre ricerche condotte nel corso degli anni.