"Mi dicevo cristiana Lgbt, ma vivevo una fede fai-da-te"
Una storia politicamente scorretta, non solo per il mondo ma per l’eresia nella Chiesa che ha coniato il termine di “cristiani Lgbt”. Dopo anni di relazioni con altre donne, Emily pensava che a Dio andasse bene così: finché "capii che mi aveva creata donna per un motivo e che la mia identità era in Lui"
Oltre 2 milioni e passa di visualizzazioni di un suo recente video postato su Facebook hanno portato l’America a parlare di lei. Non solo i siti cristiani ma anche i grandi giornali e le riviste, fra cui Newsweek, hanno raccontato la storia di una giovane, Emily Thomes, che ha colpito tutti costringendo a porsi la scomoda domanda che anche lei si pose: “E se fosse tutto vero? Sei sicuro che questo è quello che sei?”. Emily, infatti, aveva sviluppato pulsioni omoerotiche, per cui da 15 fino ai 22 anni aveva avuto relazioni sentimentali con altre donne, convincendosi di essere comunque cristiana e identificandosi perfettamente con l’ossimoro eretico di “cristiana lgbt”. Ma come mai tanta certezza?
In una delle interviste rilasciate, Emily spiega del divorzio dei genitori quando lei aveva 4 anni e del fatto che “entrambi si risposarono poi per tre volte”. Fino a 15 anni la giovane vive con la madre, dopodiché si trasferisce dal papà. Solo che “ero sempre nei casini” e “ovunque ci fosse una regola, ovunque ci fosse una soglia di sbarramento io dovevo fare due o tre passi oltre ad essa”. Come per ribellarsi alla negazione della sua identità, quella che ogni bambino riceve dall’unità fra mamma e papà e che il divorzio mette in dubbio. Alle superiori Emily comincia a pensare di “essere attratta dalle donne” e si dice: “Ok, se mi sento così, significa che sono gay”. Perciò comincia a frequentare alcune donne e da quel momento in poi “la guerra fra me e i miei genitori cominciò…ovviamente mi spingevo sempre più oltre, mi ribellavo ancora di più”.
Diciottenne Emily se ne va di casa per vivere come voleva: “Mi ero convinta che andavo bene così”, tanto da guardare alla sua pulsione come fosse “un diritto civile: pensavo di essere sempre nel giusto, che stavo difendendo la mia persona, non solo un comportamento”. La ragazza era caduta nella riduzione dilagante e pericolosa dell’ideologia gender, per cui si limita l’identità di una persona a ciò che fa e sente e per cui “non avevo mai messo in dubbio di essere nell’errore”.
A 18 anni ogni inibizione è ormai persa: “Mi comportavo in maniera selvaggia. Bevevo molto, andavo ad una tonnellata di feste, fumando erba quasi ogni giorno per alcuni anni. Uscivo con diverse donne ed ero così lontana, quasi irriconoscibile anche a me stessa" ma pensando di non avere alternative, "mi lasciavo andare così, dicendo: "Beh questo è ciò che sono"”. Mentre racconta la sua storia gli occhi di Emily si riempiono di dolore, come stesse rivivendo un passato che invece che guarire le sue ferite le ha allargate drammaticamente.
Finché un giorno la mano di Dio la raggiunge attraverso la zia che la invita ad un gruppo di studi biblici, a cui lei accetta di partecipare solo per dimostrare che la sua vita è giusta. Ma lì molte donne con esperienze simili alla sua la mettono in crisi. Un giorno poi, “stavo leggendo i diversi attributi di Dio che non avevo mai considerato: non somigliava più a questo fantasma in cielo. Era santo e buono, era amore, ma era anche giusto”. Così da un ente disinteressato che vive e lascia vivere, da un ente che “se ti senti così va bene così”, Dio le si mostra per ciò che è: “Come un creatore che aveva uno scopo, che era coinvolto nelle nostre giornate e che si curava del nostro cammino quotidiano”.
Comprensibilmente Emily cerca di togliersi questi pensieri dalla testa per timore di mettere in discussione tutto ciò di cui si era convinta, ma ad un certo punto non può farne a meno di chiedere ad un’amica, parlandole del gruppo di studi biblici: “Se avessero ragione?”. E nonostante la ragazza se ne vada arrabbiata, lei continua a leggere la Bibbia finché non scopre l’esistenza di una “religione fai-da-te, in cui scegli quello che vuoi prendere…ad esempio puoi prendere dalla Bibbia e poi dalla New Age e da altro. E capii esattamente ciò che stavo facendo: mettevo insieme ciò che mi piaceva della fede, lasciando da parte ciò che non mi piaceva”.
A quel punto Emily decide, anche contro comportamenti radicati da anni, di voler seguire la verità, fino a cerare quanto dice la Bibbia sull’omoerotismo e scoprendo la prima lettera ai Corinti in cui san Paolo spiega di “non illudersi” che “né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il Regno di Dio” e poi continua “e tali erano alcuni di voi”, ma “siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!”.
Così “capii che non ero una cristiana, che non ero per nulla obbediente a Lui. Che la mia religione personale non aveva valore, non aveva fondamento”. La storia di Emily è quindi una bomba politicamente scorretta, non solo per il mondo ma sopratutto per l’eresia presente in parte della Chiesa che ha coniato il termine di “cristiani Lgbt”. Infatti, a differenza di chi vuole giustificare il peccato, dicendo che Dio è misericordioso, Emily desidera essere davvero quella che Lui ha creato donna per un motivo, volendo “immediatamente obbedirgli”. E subito “dissi: non posso più vivere da gay, non so cosa sarà di me, ma non posso più”. Perché “sono viva e Lui mi ha perdonata e non c’e nulla di meglio. Anche se non lo merito”. La prima cosa che Emily pensa però è che la redenzione debba avvenire dalla frequentazione di un uomo, ma oggi sostiene che “non è questa la soluzione, la soluzione è Dio. È la santità a cui ci chiama. Dovevo prima capire che la mia identità doveva fondarsi in Cristo, non nell’uscire con un uomo cristiano o altro. Avevo bisogno di tempo per crescere, per comprendere cosa dicono le Scritture”.
Solo dopo aver puntato tutto su Gesù, Emily incontra un ragazzo di cui si innamora: “Ben conosceva la mia storia…lui sa che tutti siamo feriti, io posso esserlo di più, ma lui comprende di avere molto bisogno di Dio e di perdono e di redenzione. Così, a due anni dalla mia conversione, io e Ben ci siamo sposati: guarda le Scritture, guarda la tua vita e sii più giusto che puoi e chiediti: assomiglio ad un santo redento, a qualcuno che combatte il peccato, qualcuno che è stato salvato?”. Tuttora Emily non si sente arrivata, né tanto meno parla come fosse cambiata senza pena in un baleno, perché “fatico ancora con il peccato e con le pulsioni, ma questo non ha nulla a che vedere con la mia identità. La mia identità è in Cristo…mi sento amata e non sono più schiava”.
Vivendo come Dio l’ha creata, Emily si ritiene una salvata che ha ricevuto un dono tale da decidere di offrire al mondo la sua vicenda personale, con la carità di chi è disposto a mettersi a nudo e a rivivere, raccontandole, le esperienze dolorose della sua vita, per ridare quanto ricevuto aiutando chi è nell’errore e nella confusione. Eppure la giovane non solo dal mondo, ma sopratutto dai credenti è stata giudicata “cattiva” o addirittura responsabile del rischio di “indurre al suicidio" i ragazzini che vivono queste attrazioni, come le ha scritto Morven Roberts Baker, madre di una nota blogger sedicente lesbica e cristiana. Da alcuni la giovane è stata addirittura minacciata di morte.
Ma Emily non si fa intimidire, perché nessuno più di lei sa cosa vuol dire convincersi che è bene ciò che in realtà è autodistruttivo e del danno prodotto da chi persuade gli uomini a pensare come pensava lei: “Se Dio è amore significava che era simpatico e tranquillo con quello che ti piace”, ma può farti malissimo). Fino a scoprire l’esistenza di un’alternativa ad essere costretta ad una vita miserabile che non accetta la proria identità: Gesù Cristo tutto intero, la sua persona, la sua grazia, la sua legge, i suoi sacramenti e insegnamenti e la sua via di Verità.