Metti un saudita al Salone del Libro
Il Salone del Libro di Torino del 2016 ospita l'Arabia Saudita. Non è uno scherzo: Arabia Saudita. Che si propone di far conoscere l'islam (fondamentalista, wahhabita) agli italiani. Quale proposta letteraria e culturale potrebbe mai arrivare da un paese dove 200 scrittori sono all'indice, la stampa è censurata e il blogger Badawi è condannato a 1000 frustate?
Il Salone del Libro 2016 vedrà come paese ospite l’Arabia Saudita. Una provocazione, una battuta? Al contrario, una triste verità. Non servono a rassicurare le dichiarazioni di Fahad Hamad Almaghlooth, l’addetto culturale dell’Ambasciata Saudita a Roma.
“Da tempo – ha spiegato - prendiamo parte ai più importanti saloni del libro nel mondo per proporre la nostra cultura. La partecipazione sarà all'altezza del prestigio del Salone di Torino.” Sono stati annunciati libri di letteratura, arte e libri per bambini e la presenza di numerosi intellettuali. “Per il momento abbiamo ventuno libri tradotti in italiano, ma contiamo di proporne altri e di far conoscere meglio l'islam agli Italiani e a chi è interessato a capirne la cultura, e porteremo informazioni sui nostri luoghi sacri."
E’ interessante sapere che l’Arabia Saudita si propone di illustrare l’islam agli italiani, e magari ai marocchini, tunisini ed egiziani che vivono nel nostro paese e che hanno un vissuto completamente diverso da quello saudita. L’interpretazione conservatrice e integralista dell’islam wahhabita non mancherà di stupire molte persone. In base a questa interpretazione le donne non possono guidare, non possono muoversi né ottenere la carta d’identità se non previo consenso del loro guardiano – dicasi il maschio di famiglia -, non possono intrattenersi con un collega di lavoro a sorseggiare un caffè perché, se tutto ciò avviene in assenza del guardiano, rischiano il carcere.
Secondo l’interpretazione saudita dell’islam – perché nel Regno la sharia è la legge assoluta – il venerdì all’uscita della moschea non è raro assistere alla flagellazione oppure al taglio della mano di un cittadino. Secondo l’interpretazione saudita dell’islam, i cristiani che vi lavorano non possono esibire la croce al collo e devono celebrare la messa tra le mura domestiche con il rischio di un’irruzione della polizia religiosa e di un successivo arresto. Secondo l’interpretazione saudita dell’islam, i non musulmani non possono visitare i luoghi sacri alla Mecca e Medina in quanto vietati a chi non appartiene alla religione di Allah. Detto questo, è evidente la necessità da parte dell’Arabia Saudita di “portare informazioni” sui propri luoghi sacri perché nessun non musulmano li potrà mai visitare, neanche per puro interesse scientifico o per curiosità intellettuale. In altre parole se gli italiani non vanno alla Mecca, sarà la Mecca a venire agli italiani.
Esaurito il commento alla proposta culturale-religiosa, sarebbe doveroso sapere in anticipo quale sia la proposta culturale-letteraria. Che proposta potrà mai giungere da un paese in cui nel 1988 il predicatore Awadh ibn Muhammad al-Qarni ha pubblicato un saggio dal titolo La modernità sulla bilancia dell’islam in cui accusava di apostasia più di duecento tra i maggiori scrittori, poeti, studiosi e giornalisti arabi del calibro di Adonis e del premio Nobel Naguib Mahfuz? Che proposta potrà mai giungere da un paese in cui nel 2000 viene discussa una tesi di dottorato dal titolo La deviazione dal dogma nella letteratura e nel pensiero in cui ancora una volta si attaccano alcuni autori perché “i discorsi, le opere, le idee che hanno diffuso meritano l’accusa di apostasia affinché il prezzo del sangue li purifichi dalla laicità importata dall’occidente, da tutta la miscredenza e dall’eresia contenuta nei loro cuori”?
Che proposta potrà mai giungere da un paese in cui lo scrittore e blogger Raif Badawi è in carcere dal giugno 2012, condannato a 1000 frustate, a 10 anni di carcere e a una ammenda per avere, così recitava la prima lunga sentenza del Tribunale penale del distretto di Jedda, “fondato il sito dei Liberali sauditi” e per avere scritto e pubblicato sullo stesso sito, sul proprio blog, su Facebook e Twitter scritti propri e altrui recanti “offesa ai precetti islamici”, per avere attaccato alcuni ulema e le istituzioni preposte a fare rispettare la sharia, quali la Commissione per la promozione del bene e il divieto del male ovvero la spietata polizia religiosa. Infine per avere con questi atti minato l’ordine pubblico? Nella stessa sentenza n. 34184394 si proponeva anche la condanna per apostasia per avere offeso il Profeta, condanna che, come viene spiegato a partire da pagina 16 della sentenza, prevede per tutte le scuole giuridiche, e per il Profeta stesso la condanna a morte. Che proposta potrà mai giungere da un paese che condanna Raif Badawi per avere scritto sul proprio blog, in occasione del divieto di festeggiare San Valentino da parte della Commissione per la promozione del bene e il divieto del male, un post dal titolo “Auguri a tutti i popoli della terra per la festa dell’amore, auguri a noi per la virtù.”
Ebbene, se l’Arabia Saudita vorrà convincerci che si tratterà di una vera proposta culturale e se il Salone del Libro vorrà convincerci di non essere caduto trappola dell’ipocrisia e di volere farsi promotore della libertà d’espressione che va di pari passo con la letteratura di ogni tempo e luogo, che l’Arabia Saudita liberi Raif Badawi e che il Salone del Libro lo inviti in quanto promotore del libero pensiero in quel paese.
In un’intervista rilasciata nel 2007, Raif Badawi si descriveva come segue: “Raif Badawi non è nient’altro che un semplice cittadino saudita. Il mio impegno è volto all’avanzamento della società civile nel mio paese, a rifiutare qualsiasi repressione in nome della religione, a promuovere i liberali sauditi illuminati il cui primo obiettivo è la presenza nella società civile, obiettivo che raggiungeremo pacificamente e rispettando la legge.” Aggiungeva: “Il pensiero liberale è fortemente ancorato alla realtà e al pragmatismo, considera la patria come sacra, non si pone in contrasto con l’islam, anzi deriva e si sviluppa dai nobili principi di quest’ultimo. Siamo convinti che l’evoluzione verso il pensiero liberale richieda una formazione, una coscienza e sentimenti aperti al bene comune, al dovere e alla responsabilità.”
Raif Badawi è saudita, è una mente sopraffina che vorrebbe traghettare il proprio paese verso un futuro di libertà e al quale il proprio paese ha tolto la libertà, in primo luogo quella di vivere con la moglie Ensaf e i suoi figli che ora vivono in Canada. Per il prossimo Salone del Libro forse in italiano sarò disponibile un suo volume. L’Arabia Saudita rilasciando Raif e il Salone invitandolo eviteranno molte critiche, eviteranno che Amnesty International ricordi – come sta già facendo – al mondo intero che scrivere in Arabia Saudita può costare molto caro, può costare la libertà e la vita. L’Arabia Saudita sa bene che molti governi, molti politici e attivisti si stanno mobilitando a livello mondiale per salvare Raif. La famiglia di Raif è ormai una famiglia allargata, inarrestabile e in continua crescita e questa famiglia sarà al Salone del Libro 2016 o per festeggiare la liberazione di Raif o per ricordare al mondo intero che in Arabia Saudita il libro e la scrittura sono solo capi d’accusa.