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LA NEOPRESIDENTE

Metsola, da pro vita ad abortista. Per il potere

L’elezione, con una netta maggioranza, della maltese Roberta Metsola a neopresidente del Parlamento europeo non è una buona notizia. Chi ieri esultava per il suo anti-abortismo si è subito dovuto ricredere dopo le sue parole su “salute riproduttiva” e “nazionalismi”. E in più c’è il suo impegno per i diritti Lgbti.

Politica 19_01_2022 English Español

Il Parlamento europeo, composto da 705 membri, ha eletto ieri la popolare maltese Roberta Metsola come nuova presidente. È stata eletta con una chiara maggioranza di 458 voti su 616 voti validi. A 43 anni, compiuti ieri, la Metsola è la più giovane presidente nella storia del Parlamento europeo e la prima donna negli ultimi 20 anni, prima di lei solo Simone Veil e Nicole Fontaine.

Chi evocava l’anti-abortismo della neopresidente si è dovuto ricredere subito. Nel suo discorso inaugurale, ella ha messo subito in guardia contro i “nazionalismi” e, non senza una certa dose di ambiguità, ha avvertito che combatterà le forze che mettono in discussione “i nostri valori e principi europei”, lanciando un monito chiaro a coloro che “cercano di distruggere l’Europa, sappiate che questa casa [il Parlamento] è contro di voi”. Cosa siano i valori e principi europei e come la nuova presidente del Parlamento li intenda - se quelli iscritti nella lettera dei Trattati o quelli che abbiamo visto imporsi negli ultimi anni di esasperato centralismo di marca Lgbti e abortista - non è stato volutamente chiarito.

Solo il tempo ci dirà come la Metsola vorrà intendere il suo ruolo. Tuttavia è azzardato esultare per l’elezione di una cattolica anti-abortista, come molti hanno fatto ieri. I fatti dimostrano come la Metsola sia chiaramente una delle più trasparenti promotrici dell’ideologia del gender e dei dogmi Lgbti. Non c’è neppure bisogno di ripercorrere la sua carriera politica, ci basti ricordare che lo scorso 23 settembre 2019 aveva partecipato con l’europarlamentare Terry Reintke (co-presidente dell’Intergruppo Lgbti), la commissaria Vera Jourová e diversi ministri e sottosegretari alla conferenza organizzata dall’Ilga Europe (una lobby Lgbti) e dalla presidenza di turno finlandese del Consiglio dell’Unione Europea sull’avanzamento dei diritti Lgbti; pochi mesi prima aveva sottoscritto il “Manifesto elettorale di impegni Lgbti” dell’Ilga, così come aveva già fatto nella campagna elettorale del 2004. Non è certo un caso che i leader socialisti abbiano  accettato di sostenere Metsola in cambio di un impegno sulle priorità politiche con il Ppe e Renew Europe, ed essersi assicurati anche cinque dei 14 posti di vicepresidente del Parlamento, così come il capo della Conferenza dei presidenti di commissione, una posizione chiave tradizionalmente detenuta dal Ppe che coordina il lavoro tra le varie commissioni del Parlamento e indirettamente condiziona anche il calendario dei lavori dell’Assemblea.

Tutto è chiaro, i dogmi Lgbti e la presa contro i Paesi cristiani non potranno che aumentare nei prossimi due anni e mezzo. La Metsola non farà presumibilmente né più né meno di quanto dimostrato da Sassoli nel suo mandato. La presidente Ursula von der Leyen, i commissari Helena Dalli, Vera Jourová e Franz Timmermans possono essere certi di avere un’alleata. Il patto di collaborazione sarà ancor più forte, proprio per lo strapotere concesso ai socialisti nelle commissioni parlamentari, dove si preparano i dossier e le risoluzioni per il voto dell’Assemblea. L’esultanza per un’antiabortista alla presidenza del Parlamento è dunque fuori luogo: lo ha messo in chiaro la stessa Metsola pochi minuti dopo la sua elezione incontrando i giornalisti delle testate internazionali.

Nonostante le artificiose polemiche giornalistiche che mettevano in risalto il suo anti-abortismo, fondato in effetti su molte sue dichiarazioni e voti contrari a tutti i documenti pro aborto del Parlamento europeo (vedi il Rapporto Matić), la neopresidente, messa alle strette in conferenza stampa, alla domanda su cosa pensi di fare sul tema dell’aborto, ha risposto senza alcuna esitazione: “Il Parlamento europeo, su tutti i diritti sessuali e di salute riproduttiva, è senza ambiguità. Ha chiesto a più riprese che questi diritti siano meglio tutelati. Solo il mese scorso abbiamo sottolineato che l’accesso ai servizi di salute riproduttiva sessuale è un elemento essenziale per raggiungere la parità di genere ed eliminare la violenza di genere. Questa è la posizione del Parlamento e posso confermare che mi impegno verso tutti voi sul fatto che questa è la posizione che promuoverà e che ho già difeso quando da vicepresidente mi hanno affidato l’incarico di rappresentare la presidenza del Parlamento”.

Sull’aborto, la coscienza, le battaglie e le convinzioni di Roberta Metsola sono state messe da parte, l’incarico e il ruolo hanno preso il sopravvento: la nuova Metsola è abortista e sosterrà quelle folli risoluzioni parlamentari che mortificano Paesi come la Polonia e la sua stessa patria, Malta, dove l’aborto è vietato. Dunque, per far carriera i cattolici in politica devono abbandonare i principi non negoziabili? No, e i casi dei coraggiosi presidenti della Repubblica di Malta (George William Vella è pronto alle dimissioni nel caso venga approvata una legge abortista), Portogallo (che ben due volte non ha firmato la legge sull’eutanasia), Ecuador (che ha dichiarato il proprio veto all’eventuale liberalizzazione dell’aborto nel Paese) e i politici al governo in Polonia (su diritto alla vita e lotta ai dogmi Lgbti) e Ungheria (su libertà educativa e divieto indottrinamento Lgbti) ci dicono che è possibile servire Dio prima delle vacche di Cesare.
La misureremo sui fatti, ma il suo cambio di posizione sulla vita umana del concepito per il gusto del potere è inaccettabile.