Messico e...inquietudine
Parolin sereno e inquieto sul caso Viganò, si lavora ai ritmi soliti. Dice il segretario di Stato alla festa messicana di ponchi e mariachi.
Immaginate di essere un giornalista ingaggiato per difendere uno dei cardinali finiti nella testimonianza del vescovo Viganò. E che lo raggiungiate per un’intervista. E che lo troviate per smentire quelle brutte calunnie del livoroso monsignore che adesso è arroccato nella sua Fort Alamo. E pazienza se egli, il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, non dica granché sulle accuse che l’ex nunzio gli ha rivolto. Ma anzi, ostenti serenità generale pur parlando di inquietudine in Vaticano (per cosa? Se è tutto falso non c’è motivo…). Ossimori diplomatici.
Ma comunque, ciò che conta è il messaggio. Ora, premesso tutto questo, considerate il contesto in cui è avvenuta l’intervista chiarificatrice che dovrebbe smontare in un sol colpo le calunnie del monsignore represso e deluso, che ha puntato i piedi perché non ha avuto l’appartamento promessogli e che non è diventato cardinale etc.. etc..
Il contesto, leggiamo, è questo: “Il testo, le cui lacune e incongruenze sono già state segnalate, non ha cambiato il ritmo di lavoro nella Santa Sede. Infatti, mercoledì sera diversi funzionari di prim’ordine hanno partecipato a un ricevimento con musica e piatti tipici messicani in uno dei cortili dei Musei vaticani”. Ed è appunto a margine di questo tripudio di ole e tortillas che il solerte cronista raggiunge il Segretario di Stato.
Lavoro, ritmo, funzionari di prim’ordine. Per fare cosa? Un galà a base di chili e tequila, i mariachi col sombrero e la trombetta a passo di marcia. Che inquietudine... neanche a Puerto Escondido si balla così.
Ecco a che cosa ha dovuto rinunciare Viganò non diventando cardinale. C’è effettivamente da rodersi il fegato per l’invidia. E da comprendere la serena inquietudine che Parolin respira in Vaticano sotto le palme dei Musei: "Hombre...una cerveza, muy fria".
Meno male che invece è tutto a posto: il dossier Viganò non ha cambiato il ritmo di lavoro della Santa Sede. Sì, ritmo di cucaracha e corrido. Ok, facciamo da soli: andiamo noi a stendere un velo…anzi, un poncho pietoso.