Messico, arriva il rito indigeno con la benedizione vaticana
Dalla Santa Sede ok agli adattamenti del messale per le comunità Tseltal, Tsotsil, Ch'ol, Tojolabal e Zoque. Di fronte all'inculturazione anche l'«unica espressione della lex orandi» fa un passo indietro.
Che al Papa stessero particolarmente a cuore le varianti indigene al Messale era chiaro sin dall'inizio del pontificato: già nell'ottobre 2013 La Stampa definiva come «rivoluzione liturgica» la decisione di Francesco di autorizzare l'uso delle lingue tzotzil e tzetzal per Messa e sacramenti in alcune comunità messicane. Adesso arriva la confirmatio del Dicastero per il Culto Divino per tutta una serie di adattamenti al Messale spagnolo, tratti dalla cultura locale, per le comunità messicane Tseltal, Tsotsil, Ch'ol, Tojolabal e Zoque.
Danze rituali, parti della Messa guidate da un laico e donne incensatrici sono tra le principali novità sintetizzate dal cardinale Felipe Arizmendi Esquivel, vescovo emerito di San Cristóbal de las Casas, intervistato da InfoCatólica. Queste danze «non sono folklore, ma semplici movimenti dell'intera assemblea, monotoni, contemplativi, accompagnati da musiche tradizionali, che esprimono la stessa cosa del rito romano, ma in un'altra forma culturale», spiega il porporato. Così quella delle donne incensatrici «non è una richiesta femminista» ma un uso delle comunità indigene («di solito sono loro che incensano nelle preghiere tradizionali»); e «non con il comune turibolo, ma con un incensiere specifico della cultura». Infine un laico di «riconosciuta rilevanza morale» guiderà «alcune parti della preghiera comunitaria», alternandosi alle formule specifiche del rito pronunciate dal sacerdote.
«Del rito romano non è cambiato il contenuto, ma piuttosto la sua espressione culturale», spiega il porporato. Insomma, non un altro rito ma una variante del medesimo. Stesso ragionamento applicato, del resto, al rito amazzonico o a quello congolese. Qualsiasi paragone col differente trattamento riservato alla liturgia romana tradizionale è da considerarsi puramente casuale. Anzi si scontra contro il muro invalicabile dell'«unica espressione della lex orandi» (pronto a cedere di fronte all'inculturazione).