Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
LA BATTAGLIA CONTINUA

Messe, Macron irride i fedeli. Negli Usa Barrett decisiva

Francia, il governo impone il limite di 30 fedeli per le Messe, cattedrali comprese. “Ridicolo”, dice il vescovo di Parigi, che denuncia la disparità di trattamento e ribadisce la linea di quattro metri quadrati a persona. Negli Usa, la Corte Suprema vota 5-4 contro le restrizioni ai luoghi di culto decise da Cuomo. Ago della bilancia: Amy Coney Barrett.

Attualità 27_11_2020

La battaglia della Messa è tutt’altro che terminata. Il Governo Macron si beffa della Chiesa e dei vescovi. Dopo settimane di veglie di migliaia di fedeli sui piazzali delle chiese di Francia, nel pomeriggio di ieri il primo ministro ha confermato le misure anti Covid-19 che irridono i cattolici: massimo 30 persone potranno partecipare alle Messe, qualunque sia la dimensione della chiesa, dalla cattedrale alla parrocchia di paese. Invece, negli Usa, la Corte Suprema segue la linea “di” Amy Coney Barrett, per la prima volta ago della bilancia: con sentenza emessa nella notte di mercoledì, abolisce le restrizioni assurde imposte dal governatore Cuomo nei confronti di ogni celebrazione religiosa e che avevano provocato le proteste di ebrei, cattolici ed evangelici. Una decisione che libererà la libertà religiosa dai folli (e ingiusti) limiti imposti da molti governatori del Partito Democratico.

Con la sentenza del Consiglio di Stato francese dello scorso 6 novembre, nel confermare la decisione del Governo di chiudere le chiese e anche le ipotesi di riaperture con solo 30 persone che avrebbero potuto partecipare alle Messe, i giudici avevano rimandato al confronto tra esecutivo e Chiese l’aggiornamento sulla libertà di culto. In queste settimane di intensi colloqui tra vescovi e autorità dello Stato, i fedeli cattolici si sono resi presenti con veglie di preghiere di fronte alle chiese di migliaia di città di Francia, dimostrando con rispetto e con fermezza la loro decisa volontà a non rinunciare a Cristo e alla Santa Celebrazione Eucaristica.

Lo scorso 24 novembre Macron aveva annunciato che le cerimonie religiose si sarebbero potute nuovamente svolgere alla presenza dei fedeli, a partire da sabato 28 novembre. Le modalità precise, aveva aggiunto il presidente, sarebbero state presentate dal primo ministro, ma pur sempre con il limite delle 30 persone per Messe e funerali. La reazione dei vescovi alla dichiarazione di Macron era stata furibonda, poiché sorpresi da una dichiarazione non conforme con il confronto che avevano avuto con diversi ministri e irrispettosa della realtà. La Chiesa aveva proposto lo spazio di sicurezza di 4 metri quadrati per ogni fedele, sino ad un massimo di 1/3 della capacità delle chiese. Una proposta più che ragionevole e più che rispettosa delle misure anti Covid del Governo, ma rifiutata in tronco da Macron.

Ebbene, non sono valse le critiche cadute su Macron da ogni dove per convincere il Governo a cambiare idea. Ieri il primo ministro Jean Castex ha appunto confermato in una conferenza stampa sulle reti nazionali che le Messe saranno possibili con la presenza massima di 30 fedeli sino al 15 dicembre, e a quella data si rivaluterà il da farsi. “I luoghi di culto sono luoghi di contaminazione”, si afferma. Un’affermazione totalmente falsa e che rischia di gettare ulteriore discredito su Macron e su un esecutivo che, ormai palesemente e ingiustificatamente, con questi divieti vuole erodere la fede dei cattolici.

L’arcivescovo di Parigi, Michel Aupetit, è stato il più diretto: “Questa è una misura totalmente stupida che contraddice il buonsenso. Trenta persone in una chiesa di un piccolo villaggio, lo capiamo, ma a Saint-Sulpice è ridicolo! Alcuni parrocchiani vengono in 2000 in alcune parrocchie di Parigi. Ci fermeremo a trentuno... È ridicolo! (...) che alcuni membri del governo possano essere ignoranti della religione, ci può stare, ma che siano ignoranti della medicina è grave nel bel mezzo di una crisi sanitaria! Abbiamo proposto di occupare un terzo della capacità abituale, lasciando uno spazio di 4 metri quadrati intorno ad ogni fedele. Ciò corrisponde perfettamente allo standard sanitario richiesto a tutti i luoghi aperti al pubblico. Questo è quello che viene imposto ai negozianti . È tuttavia sorprendente che lo permettiamo per i negozianti e che non lo permettiamo per la Chiesa...”.

Le proteste proseguiranno, ferme, rispettose e composte. E cresceranno i vescovi - come già annunciato da monsignor Norbert Turini - che inviteranno i propri sacerdoti a “non impedire a nessun fedele di partecipare alla Messa, indipendentemente dal numero dei presenti, purché si mantengano i 4 metri quadrati di distanza”.

Pregiudizio? Non prendiamoci in giro, questa è guerra ai fedeli di Cristo e alla Sua Presenza sacramentale. Guerra che, nello Stato di New York, ha ingaggiato anche il governatore Andrew Cuomo dalla fine del mese di ottobre contro ogni celebrazione pubblica, intimando la chiusura di chiese cattoliche, sinagoghe e case di preghiera. Il 12 novembre, il vescovo della Diocesi cattolica di Brooklyn (New York) aveva fatto ricorso direttamente alla Corte Suprema, in quanto si palesava una chiara violazione della Costituzione e del diritto alla libertà di culto. «Mentre questo ordine esecutivo di Cuomo chiude effettivamente le chiese e gli altri luoghi di culto, tutte le attività ritenute “essenziali” dal Governatore - compresi i supermercati, i negozi di animali, gli enormi negozi di ferramenta e gli uffici dei broker - possono rimanere aperte senza alcuna limitazione di capacità, anche nelle zone “rosse” più restrittive. Nelle zone “arancioni”, anche la stragrande maggioranza delle attività non essenziali, compresi i grandi magazzini, può rimanere aperta senza limitazioni, ma le chiese non possono». Queste le parole di allora.

Quella di mercoledì sera è quindi una vittoria per la libertà religiosa. La Corte Suprema - con una maggioranza di 5-4, resa possibile anche grazie al primo voto decisivo di Amy Coney Barrett - ha affermato che Andrew Cuomo ha preso decisioni illegittime, imponendo limiti e ingiuste chiusure verso i luoghi di culto, con la scusa della pandemia. La Corte ha stabilito che c’è stata violazione del Primo Emendamento della Costituzione. Il relatore Neil Gorsuch ha definito le imposizioni di Cuomo sfavorevoli per i luoghi di culto. “È tempo - ha scritto il giudice Gorsuch - di chiarire che, mentre la pandemia pone molte gravi sfide, non c’è alcun modo tollerato dalla Costituzione per approvare decisioni degli organi esecutivi che riaprono negozi di liquori e di biciclette, ma chiudono chiese, sinagoghe e moschee”. Parole sante! E grazie al voto di Amy Coney Barrett, nominata da Trump al posto della liberal Ruth Bader Ginsburg, le stravaganti opinioni del presidente della Corte e giudice, in teoria conservatore, John Roberts Jr., sono divenute irrilevanti: certo, colpisce che abbia ancora una volta votato con la truppa dei giudici liberal su un argomento e un diritto così dirimente.

L’ordinanza del tribunale si è occupata di due richieste: una presentata appunto dalla Diocesi cattolica di Brooklyn, l’altra da due sinagoghe, da un’organizzazione ebraica ortodossa e da due individui. Entrambe le richieste erano dirette a denunciare le restrizioni di Cuomo contro la libertà di culto. Questa decisione potrà liberare anche dalle ingiustizie subite dalle chiese in altri Stati federati, come in California, dove l’arcivescovo Salvatore Cordileone è in prima linea nella battaglia per le Messe.

Intanto, quattro Diocesi del Kentucky si sono ribellate all’ennesimo governatore democratico che impone la sospensione delle celebrazioni eucaristiche e religiose sino al prossimo 13 dicembre. A nome di tutti ha parlato il vescovo di Louisville, Joseph Kurtz: “In questo momento non sospenderemo le liturgie pubbliche, ma incoraggeremo tutti ad agire in modo responsabile, rispettando la gravità di questa pandemia e la salute e la sicurezza di tutti”. A buon intenditore, anche se progressista di Roma, liberale di Dublino, massone di Parigi o democratico di New York, dovrebbero bastare poche parole: alla Messa non rinunciamo.