Messa antica: la realtà resiste all'ideologia del motu proprio
A un mese dall'entrata in vigore del Traditionis Custodes che limita le Messe in rito antico, nella stragrande maggioranza dei casi, le celebrazioni sono state confermate. In alcune diocesi ridotte, mentre in pochissime sono state soppresse, per lo più per motivi ideologici. Come nel caso di Ancona. Evidentemente Traditionis Custodes si muove più sul piano dell’ideologia e della vendetta, che non su quello della realtà e della carità. E secondo i rumors si prepara un'ulteriore stretta sugli istituti di vita consacrata.
Ad un mese dalla pubblicazione del Motu Proprio Traditionis Custodes, diventa sempre più chiaro che «gli auspici formulati dall’episcopato» a monte dell’estrema decisione di Francesco di incatenare il rito romano antico, sono un paravento dietro il quale nascondere i soliti noti.
Il tenore della lettera di accompagnamento al Motu Proprio aveva tutto l’aspetto di una tragedia: «Le risposte pervenute hanno rivelato una situazione che mi addolora e mi preoccupa, confermandomi nella necessità di intervenire. Purtroppo l’intento pastorale dei miei Predecessori, [...] è stato spesso gravemente disatteso».
Basta però dare una rapida occhiata al sito traditioniscustodes.info, per rendersi conto che le cose stanno diversamente. E non di poco. Nella stragrande maggioranza dei casi, le Messe in rito antico sono state confermate. In alcune diocesi sono state ridotte, mentre in pochissime altre sono state soppresse, per lo più per motivi ideologici. Come nel caso di Mons. Angelo Spina, vescovo della diocesi di Ancona-Osimo, che si è subito precipitato dai frati Francescani dell’Immacolata del Santuario dell’Addolorata di Campocavallo per recargli il lieto annuncio. Ovviamente, il vescovo si è guardato bene di incontrare i fedeli che frequentavano la Messa in rito antico, per accertarsi se tra loro vi fosse qualche pericolosissimo talebano: ha semplicemente deciso che lo sono, e basta. Metodi ben conosciuti in diocesi, dal momento che il misericordiosissimo prelato si è distinto in questo anno e mezzo di pandemia per lo zelo con cui ha perseguitato i sacerdoti che davano la Comunione in bocca, anche se questo accadeva in sacristia o nel confessionale. Anzi, dopo qualche mese di tolleranza, ha persino proibito che i fedeli si accostassero al Sacramento con le mani coperte da un telo di lino. Un po’ di cronaca locale, giusto per dare la misura della deviazione ideologica di certi soggetti felici di sopprimere Messe frequentate per lo più da giovani famiglie, alle quali non può “fregà de meno” di tutte le diatribe sul Vaticano II e la riforma liturgica.
Ed in effetti la situazione dei tremendi fedeli scismatici che frequentano la Messa antica è sempre di più quella di persone semplicemente attratte: dal rito, dal canto gregoriano, dall’orientamento della celebrazione, dai gesti, dal silenzio... da Dio. Persone, spesso giovani e giovanissime, che asfissiate dal secolarismo presente ovunque, trovano in queste Messe una terapia per riportare la loro saturazione spirituale a livelli di sopravvivenza.
E’ quanto emerso anche nella bella diretta organizzata dal Maestro Aurelio Porfiri (vedi qui) con S. Em. Cardinale Joseph Zen, Mons. Athanasius Schneider ed altri importanti personaggi legati alla Messa antica, come Felipe Alanis Suarez, presidente dell’associazione Foederatio Internationalis Una Voce. I diversi interventi, in particolare quello del cardinale Zen, hanno sottolineato come le persone che partecipano alla Messa nel rito tradizionale sono lì perché attratte da un rito capace di rispondere al razionalismo ed al secolarismo odierni. E lo fa non in senso teorico, ma immergendo concretamente le persone in un “ambiente” capace di attivare i sensi e le facoltà dell’uomo ed elevarle, senza restare incagliato nella verbosità, nei concetti, nelle mode. Lo fa immettendo l’uomo in un habitat che lo agevola ad orientarsi a Dio, a percepire la Sua presenza, sottraendolo al vortice divoratore della modernità malata, che ha loro violentemente chiuso il Cielo.
La realtà è questa: gran parte dei fedeli cerca il Rito antico per delle ragioni che nulla hanno a che vedere con le polemiche nelle quali si avvoltolano i burocrati della liturgia; e gran parte dei vescovi, anche quelli non proprio “tradizionalisti”, come Mons. Perego di Ferrara ed il Cardinal Zuppi di Bologna, hanno confermato le Messe tradizionali nella propria diocesi. Evidentemente Traditionis Custodes si muove più sul piano dell’ideologia e della vendetta, che non su quello della realtà e della carità.
Come mai allora Francesco ha scelto di firmare un documento che, secondo quanto affermato da Zen, «non è una regolamentazione, ma la decisione di far sparire» il Rito antico? Lo stesso Cardinale sospetta che ci sia la longa manus della Segreteria di Stato, in primis del cardinale Pietro Parolin, che egli conosce fin troppo bene. Anche l’abbé Claude Barthe vede i personaggi della Curia, nominalmente i cardinali Parolin e Stella, come gli artefici principali della ghettizzazione dei fedeli legati al Rito antico, aggiungendo però che a suo avviso, «il gruppo di pressione maggioritario nella Conferenza Episcopale Italiana è stato fortemente montato contro Summorum Pontificum, essenzialmente perché in Italia, con un po’ più di ritardo rispetto alla Francia, i giovani sacerdoti iniziavano a celebrare la Messa tradizionale e ad avere idee più tradizionali. Hanno rilevato una “tradizionalizzazione” dei seminari, che li ha molto allarmati» (vedi qui).
La fine dell’estate dovrebbe portare altre cattive notizie. Qualche giorno fa Messainlatino ha parlato delle imminenti purghe contro gli istituti e i monasteri di rito tradizionale – la cui soppressione o distruzione è il vero obiettivo finale – e di un documento applicativo più restrittivo del Motu Proprio firmato dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e quella del Culto Divino. Anche nostre fonti indipendenti ce ne danno conferma. Chi vivrà, vedrà. E, dati i tempi, non è tanto per dire.