Merkel vince la battaglia contro i "nazisti" in Turingia
In Turingia sono tornati i nazisti? Non proprio: il presidente del Land tedesco è un liberale, ma ha avuto l’appoggio dell’AfD, il partito di destra che per la prima volta è stato accettato in una più ampia coalizione di centro-destra. Ma la presidenza di Kemmerich è durata solo un giorno. Il mondo ha tremato, per una storia che non ha alcun senso.
In Turingia sono tornati i nazisti? Non proprio: il presidente del Land orientale tedesco (ex DDR) è un liberale (FDP), ma ha avuto l’appoggio dell’AfD, il partito di destra che per la prima volta è stato accettato in una più ampia coalizione di centro-destra. Ma la presidenza del liberale Thomas Kemmerich è durata solo un giorno. A causa delle polemiche, non solo locali, non solo nazionali, ma addirittura mondiali, ha subito l’ostracismo di Angela Merkel che ha dato ordine al suo partito di ritirare ogni appoggio, a causa della presenza dell’AfD. E ha dovuto rassegnare le dimissioni ieri pomeriggio.
Mai una vicenda politica locale tedesca ha avuto tanta risonanza nel mondo. Almeno è giustificata? La Germania ha rischiato realmente di ritornare al suo passato più oscuro? La scena del delitto si prestava sicuramente a una serie di speculazioni mediatiche: la Turingia è proprio il Land tedesco in cui il Partito Nazionalsocialista ha vinto la sua prima maggioranza locale, nel 1930, tre anni prima della presa del potere da parte di Hitler. Il leader dell’AfD in Turingia è uno dei personaggi più chiacchierati e temuti del suo partito, l’ormai noto Björn Höcke, dipinto come un nuovo Hitler. E dunque ci sono tutti gli ingredienti per montare una storia di terrore, durata fortunatamente un solo giorno. Thomas Kemmerich è diventato un nuovo Franz von Papen, il conservatore moderato che aprì le porte del governo ai nazisti, sottovalutandone il pericolo. Ma la Merkel non ha giocato lo stesso ruolo dell’allora presidente Hindemburg e invece di ratificare il governo (locale, va ricordato), ha fatto pressioni dirette perché la coalizione di maggioranza si sciogliesse. Germania salva, almeno per ora.
Ma siamo seri? La prima notizia da verificare è che l’AfD (Alternativa per la Germania) possa essere considerata realmente un nuovo partito nazista. Non lo è, a giudicare dalla sua storia. La sua origine è quella di un partito liberale ed euroscettico, dunque più simile a quello fondato da Farage prima del referendum sulla Brexit (l’Ukip), con una base valoriale conservatrice, un programma economico liberista e uno scopo preciso di difesa degli interessi tedeschi dall’Ue. Nel corso degli anni, specialmente dopo il congresso del 2016, l’AfD ha abbandonato l’originario liberalismo, per diventare più affine alla destra sociale europea continentale. Le istanze più note sono quelle contro l’immigrazione senza regole, ma l’AfD è ora anche un partito contrario all’aborto che difende la famiglia naturale, propone più democrazia diretta e più controllo e divisione dei poteri dello Stato, si oppone all’islamizzazione (tacitamente accettata, ormai, anche in sede giudiziaria) e rilancia l’identità nazionale. E proprio nella questione nazionale si va a toccare il nervo scoperto: perché nella storia, dunque nell’identità tedesca, ci sono anche le due guerre mondiali perse e il nazismo. Chiunque proponga un rilancio dell’identità nazionale e non voglia affogarsi nei sensi di colpa, in Germania rischia di essere accusato di nazismo. Anche se nel secolo e mezzo di storia tedesca nazionale e nel millennio di tradizione germanica, ci sono ben altri contributi alla cultura europea.
La seconda notizia da verificare è se almeno il singolo esponente locale dell’AfD, Björn Höcke, sia un nuovo nazista. La televisione pubblica Zdf ha colto in castagna diversi esponenti del suo partito: leggendo loro brani scelti del Mein Kampf di Hitler e frammenti dei discorsi di Höcke, senza dir loro gli autori degli uni e degli altri, ha constatato che i suoi stessi compagni di partito non sapessero distinguere fra i due. Lo stesso tipo di scherzo, comunque, è stato fatto con Salvini, durante la manifestazione in Piazza del Popolo: anche in quel caso i simpatizzanti di centrodestra presenti in piazza non hanno saputo distinguere le affermazioni vere del leader leghista da quelle false (e atroci) create ad hoc dai giornalisti di The Fan Page. Dunque l’esperimento non prova nulla, se non il fatto che è molto facile manipolare le opinioni, specialmente da parte di media che prendono subito di mira il personaggio di destra di turno. La prova regina che inchioderebbe Björn Höcke è la sua dichiarazione sul monumento dedicato all’Olocausto, a Berlino. Lo avrebbe definito “una vergogna”, sollevando la preoccupazione della comunità ebraica e dell’intera scena politica tedesca. Ma non ha mai definito “una vergogna”, né il monumento, né il suo scopo. Ha pronunciato una frase diversa: “Noi tedeschi siamo l’unico popolo del mondo che ha eretto un monumento della vergogna (Denkmal der Schande) nel cuore della sua capitale”. Si può essere d’accordo o meno con il senso di questa frase che è: i tedeschi sono ampiamente consapevoli dei loro crimini e non possano essere accusati di amnesie sul loro passato. Ma non per questo si può accusare chi l’ha pronunciata di essere un simpatizzante nazista. Non lo dimostra neppure il passato politico di Höcke, che da giovane ha militato nella Cdu, il partito democristiano, non in formazioni di estrema destra. Le prove portate da media e rivali politici, comunque non sono sufficienti a dimostrarlo.
La terza notizia da verificare è se in Germania vi siano le condizioni, politiche e culturali, per un eventuale ritorno di fiamma del nazismo. Purtroppo, in questo caso, la vulgata storica non permette di rispondere con lucidità, perché la prevalente storiografia marxista e socialista (a Est come a Ovest) ha dipinto i nazisti come i “conservatori più conservatori”, dunque qualsiasi discorso di destra su identità, famiglia, aborto, immigrazione, viene automaticamente associato al nazismo. Dell’ideologia di Hitler si dimenticano, però, tratti ancor più essenziali: l'eco-centrismo e quindi il primato della natura sulla morale (che oggi è proposto degli ecologisti), il darwinismo sociale (che oggi continua con le pratiche eugenetiche, sostenute dai partiti progressisti), la volontà di unificare l’Europa in un unico Stato (proposta da tutti i partiti) e il socialismo economico (appartenente alla tradizione socialdemocratica più che ad altri). Paradossalmente, nell’AfD queste ideologie sono presenti meno che in altri partiti. Se l’atrocità peggiore storicamente commessa dal nazismo, è il genocidio degli ebrei, si deve quantomeno constatare che l’AfD è in buoni rapporti con Israele. Non si può essere antisemiti e filo-israeliani al tempo stesso. Il partito nazista era anche fortemente anti-slavo e lo sterminio dei popoli slavi, soprattutto del popolo russo (per far posto ai colonizzatori tedeschi), era il cuore del programma di guerra di Hitler. Al contrario, l’AfD può essere accusato di essere troppo filo-russo, di avere molti militanti ed esponenti dell’Est, anche di origine russa, e di essere sostenuto Putin. Ma sicuramente non di essere la prosecuzione del razzismo anti-slavo di Hitler.
In politica si sta verificando quel che il politologo Leo Strauss chiamava “reductio ad Hitlerum”: per squalificare l’avversario politico, lo si paragona a Hitler. Dopo la Seconda guerra mondiale, è una retorica che è sempre stata usata, ma in questi anni di “ritorno dei nazionalismi” viene abusata, ovunque. Vi ricorre sia una destra che si sente superata, sia una sinistra in cerca di nuovo consenso. Si parla tanto di nuovo nazismo e nuovo fascismo che, se si dovesse presentare un vero partito nazista, pochi, ormai, darebbero ascolto all’allarme.