Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
USA

Meno tasse e più crescita, la ricetta di Trump che l'UE ignora

In un Paese come il nostro, dove da troppi anni anche la più strombazzata delle riforme consiste in modifiche millimetriche, la riforma fiscale cui il nuovo governo degli Usa ha posto mano in questi giorni sembra appartenere al mondo della fantasia. Mira a tagliare il carico fiscale dal 35 al 15%. Perché l'Italia e in genere l'Ue escludono misure simili dal dibattito pubblico?

Editoriali 28_04_2017
La Trump Tower

In un Paese come il nostro, dove da troppi anni anche la più strombazzata delle riforme consiste in modifiche millimetriche e in caute “limature”, la riforma fiscale cui il nuovo governo degli Usa ha posto mano in questi giorni sembra appartenere al mondo della fantasia.

Il segretario al Tesoro del nuovo presidente Trump, Steve Mnuchin, ha infatti annunciato che negli Stati Uniti l’imposta sulle imprese passerà dal 35 al 15 per cento, l’aliquota fiscale massima sulle persone fisiche scenderà dal 39,6  più o meno al 30 per cento, e infine i primi 24 mila dollari di reddito di una coppia sposata saranno esenti da imposte. Le attuali sette fasce di reddito familiare saranno ridotte a tre  con aliquote comprese tra un minimo del 10 un massimo del 35 per cento.  L’obiettivo è da un lato quello di attirare investimenti negli Stati Uniti e di demotivare le imprese americane a delocalizzare le loro produzioni, e dall’altro quello di aumentare la capacità di acquisto delle famiglie,  rilanciando così i consumi interni. Alla domanda su come l’erario americano potrà ricuperare i previsti oltre 600 miliardi di dollari in meno di entrate rispetto alle attuali la risposta del governo Trump è che il ricupero avrà innanzitutto luogo grazie alla crescita del 3 per cento del prodotto interno lordo che da tale nuova politica ci si attende. Del piano fanno parte anche agevolazioni fiscali per il rientro di investimenti  americani dall’estero, e agevolazioni fiscali per le famiglie con figli a carico. 

In Italia, secondo Il Sole/24 Ore,  il carico fiscale complessivo sulle imprese (imposte sui redditi, imposte sul lavoro e contributi obbligatori, imposte sui consumi) ammonta a quasi il 65 per  cento degli introiti risultando così il più alto in Europa. D’altra parte il carico fiscale sulle persone fisiche si avvicina oggi al 50 per cento. Se dunque nel nostro Paese al centro del dibattito politico stessero davvero le cose che politicamente più contano, notizie e questioni come queste dovrebbero riempire le prime pagine dei giornali e dei telegiornali. Nell’economia globalizzata in cui viviamo, come può sperare l’Europa di restare a galla senza porsi questi problemi? E tanto più come può sperarlo l’Italia che tra i grandi paesi industrializzati europei è quello nella situazione peggiore? Si può, così stando le cose, dare meno tempo e spazio a questioni del genere rispetto al caso di alcune decine di ulivi provvisoriamente spostati a Melendugno per lasciar passare i tubi di un gasdotto, peraltro di evidente cruciale importanza strategica per l’Italia? 

Dal suo punto di vista, e nel legittimo interesse del suo Paese, Trump sta prendendo per le corna il cruciale problema delle ripresa dell’economia produttiva nel mondo industrializzato. E a tal fine punta su lavoro e sul rilancio dei consumi delle famiglie; quindi sul sostegno alla natalità. Che cosa si sta facendo in Italia, in Europa nel frattempo? In pratica nulla. Tenendo conto solo di quanto sta a cuore alla grande finanza internazionale si punta esclusivamente  alla riduzione del debito pubblico anche a costo di strozzare l’economia produttiva. A tal fine gli Stati, fra cui in prima fila il nostro, non esitano a depredare le imprese e le famiglie con una pressione fiscale da usura, mentre la cultura nichilista, che i grandi media hanno deciso sia la loro, si incarica di squalificare la famiglia stabile e fertile, ossia il primo motore non solo della società ma anche dell’economia.

Dal momento che l’Unione Europea è oggi il fulcro di questa politica, è obiettivamente drammatico che si cerchi di tenere racchiuso il dibattito sull’Europa dentro il falso dilemma Europa sì / Europa no. In realtà nel mondo in cui viviamo una qualche forma di Unione Europea è inevitabile. La vera domanda che ci si deve fare è piuttosto: Europa sì, ma quale? L’Unione Europea è oggi un nodo di tendenze neo-autoritarie al servizio degli interessi della grande finanza socialmente irresponsabile. Finché non viene rifondata in modo da essere davvero democratica, ovvero al servizio del popolo, fare una politica diversa dall’attuale sarebbe difficile per qualsiasi governo. E tanto più per governi politicamente e culturalmente fragili come quelli che adesso ci tocca sopportare.