Medjugorje, il corto circuito della comunicazione
Tg e giornali di tutti il mondo hanno affermato che il Papa "sconfessa" Medjugorje. In effetti non ha detto proprio così, ma in Vaticano dovrebbero riflettere seriamente sul fatto ormai ricorrente di espressioni usate da papa Francesco che rimbalzano sui media con un significato ben diverso dalle intenzioni.
«Superstizione Medjugorje – Sconfessati i veggenti»; «L’anatema del Papa contro i veggenti: “La Madonna non manda emissari”»; «Il Papa: cercare i veggenti non è da cristiani – Il riferimento indiretto a Medjugorje: “Non annacquate la fede in una religione soft”». Sono solo alcuni dei titoli dei giornali di ieri che riportavano le parole pronunciate da papa Francesco nella omelia della messa mattutina celebrata martedì a Santa Marta. Apparentemente una condanna senza appello per Medjugorje, solo tre giorni dopo aver annunciato una prossima decisione sulle presunte apparizioni, limitata però ad alcuni orientamenti per i vescovi. Così almeno è stata presentata dalla stampa mondiale.
Ma è proprio così? In realtà andando a leggere la sintesi dell’omelia così come riportata da Radio Vaticana e dall’Osservatore Romano (delle omelie di Santa Marta non c’è il testo integrale) le cose stanno un po’ diversamente. Il Papa stava parlando dell’identità cristiana e di quali atteggiamenti dei cristiani la minacciano. Tra questi, papa Francesco ha fatto riferimento a «”quelli che sempre hanno bisogno di novità dell’identità cristiana” e hanno “dimenticato che sono stati scelti, unti” che “hanno la garanzia dello Spirito” e cercano: “Ma dove sono i veggenti che ci dicono oggi la lettera che la Madonna manderà alle 4 del pomeriggio?” Per esempio, no? E vivono di questo. Questa non è identità cristiana. L’ultima parola di Dio si chiama ‘Gesù’ e niente di più”».
In altre parole, il Papa se la prendeva con chi si preoccupa tanto dei veggenti e non di Chi vedono. Il che è più che giusto, e – visto che il sottoscritto è stato diverse volte a Medjugorje – posso assicurare che è anche il richiamo continuo che fanno gli stessi veggenti.
Tutto bene, dunque? No. Perché se il Papa intende richiamare a un atteggiamento vero anche di fronte al fenomeno di presunte apparizioni, e tutto il mondo capisce che “condanna” Medjugorje un problemino c’è, anzi un problemone. E non è neanche la prima volta che un “terremoto” del genere succede. Tutta colpa dei giornalisti che strumentalizzano il Papa? Troppo facile. C’è sicuramente anche questo aspetto, ma se vogliamo essere sinceri bisogna dire che c’entra in minima parte.
Dove nasce allora il corto circuito?
Anzitutto il soggetto dell’esempio. Medjugorje è un caso delicatissimo: c’è la singolarità di apparizioni che andrebbero avanti quotidianamente da 35 anni e che ormai hanno portato nella piccola città dell’Erzegovina milioni e milioni di pellegrini di tutto il mondo. Per la maggior parte sono fedeli che tornano e ritornano attratti dal clima di preghiera che si vive e dalle testimonianze di fede che lì si incontrano. Ci sono migliaia e migliaia di conversioni, che lasciano stupiti e commossi. Eppure i due vescovi che si sono succeduti alla guida della diocesi in questi anni, si sono dimostrati fortemente contrari al riconoscimento della soprannaturalità dell’evento e convinti che si tratti di una truffa. Un bel problema visto che normalmente sulla veridicità delle apparizioni a decidere dovrebbe essere il vescovo del luogo. Un “sì” creerebbe una situazione imbarazzante con il vescovo locale, un “no” apparirebbe incomprensibile a milioni di fedeli. Il fatto che papa Benedetto XVI abbia istituito una commissione internazionale presieduta dal cardinale Camillo Ruini che ha lavorato per quasi 4 anni, prelude a una sospensione dei poteri giurisdizionali del vescovo sulla parrocchia di Medjugorje, ma in ogni caso lo sviluppo della vicenda non sarebbe indolore.
Ad ogni modo in tutto il mondo è molto atteso l’esito dell’indagine della Commissione internazionale e la conseguente decisione del Papa, come anche dimostra il risalto dato alle poche parole pronunciate da papa Francesco di ritorno da Sarajevo, a proposito di una prossima sua indicazione. Ovvio dunque che ogni parola sull’argomento venga sezionata per capire l’orientamento.
E qui si collega il secondo elemento, ovvero le parole usate. Nelle omelie a Santa Marta il Papa parla a braccio, va a ruota libera, e ormai sappiamo che ama usare espressioni molto colloquiali o delle immagini evocative, che avranno sì il dono dell’immediatezza ma che si prestano anche a facili fraintendimenti ed equivoci. Ormai gli incidenti di questo genere non si contano, e poco vale che tutti dovrebbero sapere che conferenze stampa e omelie a Santa Marta non costituiscono magistero né possono essere considerate canali per annunciare decisioni ufficiali. Il fatto è che certe espressioni “regalano” titoli ai giornali, che sentitamente ringraziano. Non solo, a volte – come in questo caso – al di là delle intenzioni suonano come irridenti nei confronti di chi segue certe devozioni. Peraltro su Medjugorje non è la prima volta che papa Francesco usa espressioni forti: il 14 novembre 2013, mettendo in guardia dallo spirito di curiosità, arrivò a dire che «la Madonna non è un capo ufficio della posta, per inviare messaggi tutti i giorni». Allora l’espressione suscitò sorpresa e fu chiaramente riportata con enfasi dai media, ma non ebbe la forza dirompente dell’intervento di martedì scorso.
Il perché sta in un terzo elemento, ovvero il momento scelto. Come già detto prima, in questo caso papa Francesco aveva appena annunciato la prossima pubblicazione di alcune direttive sull’argomento, per cui si è già creato un clima di forte attesa. In questa situazione è ovvio che ogni parola, ogni smorfia, ogni sguardo che possano alludere a Medjugorje vengano analizzati per trarne delle indicazioni. Figurarsi i riferimenti alla Madonna che fa la postina. Può non piacere, può non essere completamente corretto, ma questo si sa è il mondo dei media.
Non stupisce allora che le parole del Papa pronunciate martedì siano state una bomba su tg e stampa di tutto il mondo, e che tanti pellegrini di Medjugorje si siano sentiti (ingiustamente) colpiti.
Ma a lasciare maggiormente perplessi è il comportamento dell’apparato comunicativo della Santa Sede. Che le parole del Papa rimbalzassero in tutto il mondo con un significato e una interpretazione diversa dalle intenzioni è stato subito evidente, ma a nessuno dei tanti consulenti ed esperti di comunicazione che affollano e pesano sulle casse della Città del Vaticano è venuto in mente di correre ai ripari, di avvertire di non usare quelle parole fuori dal contesto e che comunque non vanno lette come anticipo del giudizio su Medjugorie, di ribadire il senso dell’omelia. No, si è lasciato che in tutto il mondo passasse il messaggio di una sconfessione delle apparizioni e dei veggenti di Medjugorje. Incapacità? Risultato voluto? Non lo sappiamo.
Il portavoce vaticano padre Lombardi già a suo tempo disse che non avrebbe mai commentato le omelie di Santa Marta, proprio perché non rappresentano posizioni ufficiali o Magistero. E però, visto che creano opinione pubblica, sarà anche il caso di riconsiderare la questione: o le omelie restano a beneficio dei soli partecipanti alla messa di Santa Marta oppure che si intervenga quando passa un messaggio non corrispondente alle intenzioni del Papa. C’è già tanta confusione in giro, perché crearne di più?