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DEMANSIONATI

Medici non vaccinati: dai governatori una segregazione illegale

I governatori - di destra e di sinistra - che vogliono tenere lontani dai pazienti fragili i medici reintegrati operano una segregazione ideologica inaudita, che è contro la scienza e contro il diritto. Ormai è accertato che il vaccino non impedisce la trasmissione del virus. Prima esiliati hanno già "scontato la pena", ora vengono isolati nei loro stessi posti di lavoro: l'ennesimo insulto alla medicina e al primo articolo della Costituzione. 

Attualità 11_11_2022

La decisione di alcune regioni di limitare l’impiego dei medici non vaccinati finalmente tornati in servizio rappresenta un insensato accanimento contro chi non si è sottomesso al sistema. La misura di non metterli in reparti con pazienti fragili, come hanno annunciato attraverso circolari apposite Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto o di non riammetterli affatto in servizio come in Puglia e Campania che cos’è, se non una segregazione non su base razziale, ma ideologica? Se si pensa che debbano essere puniti per non essersi piegati al culto vaccinista, hanno già ricevuto la loro “pena” e hanno già scontato la colpa nell'essere stati privati del lavoro per oltre un anno.

È l’ennesimo insulto alla medicina e hanno ragione medici come Daniele Giovanardi, i quali fanno notare che i cosiddetti pazienti fragili hanno assunto 4 dosi di vaccino e dovrebbero essere super protetti. Dovrebbero sapere, però, come ormai è stato detto in tutte le salse, che la vaccinazione non preserva dalla trasmissione. Il personale sanitario non vaccinato - fa notare alla Bussola il medico modenese diventato uno dei simboli della resistenza dei camici bianchi all’imposizione degli inoculi anti-Covid a mRna - può trasmettere il virus esattamente come quello vaccinato. «Quindi non ha alcun senso questo accanimento».

Con questa logica messa in campo da molte Asl, buonsenso vorrebbe che tutti i medici - tutti i santi giorni - dovrebbero sottoporsi al tampone. Invece, si preferisce continuare a vessare i sanitari non vaccinati diventati ormai “merce” senza più alcuna dignità professionale.

Facciamo un passo indietro per capire: l’obbligo vaccinale del personale sanitario derivava dal fatto che i medici, inoculandosi, non avrebbero trasmesso il Covid ai loro pazienti. Successivamente, si è poi imparato – anche per stessa ammissione di Pfizer – che il vaccino non era stato testato contro la trasmissione, quindi con questa non indifferente notizia, tutto il castello cade. Gli altri non vengono protetti dal vaccino dei medici. Pur cadendo il presupposto, però, si tiene in piedi una segregazione assurda. È evidente che il motivo non è scientifico, ma eminentemente politico e di vendetta. Una vendetta che la classe medica non ha mai subito neanche nei periodi più cupi del secolo scorso.

Una vendetta che non tiene conto della ragione. Se il govenro non fosse intervenuto "liberando" in antipico gli oltre 4000 camici bianchi sospesi attualmente, questi si sarebbero presentati regolarmente in corsia l'1 gennaio 2023, quando la misura coercitiva contro di loro sarebbe scaduta naturalmente.  

Anche il concetto di paziente fragile è puramente vago e pretestuoso, esattamente come lo era quando si usava la scusa del vaccino per proteggere i pazienti fragili che non potevano farselo. Morale: sono stati vaccinati tutti, anche i moribondi. Tutti i pazienti in un ospedale sono fragili. «Ogni anno – prosegue Giovanardi – muoiono 50mila persone per infezioni ospedaliere: sporcizia, passaggi non controllati tra la sala operatoria e l’esterno, condizionatori che non funzionano. È risaputo che in un ospedale il rischio di beccarsi un’infezione aumenta a dismisura. Una geriatria, un’oncologia, quanti sono i reparti in cui sono ricoverati pazienti sulla carta considerati fragili?».

«È chiaro che è una discriminazione idiota e stupida tra sanitari che infettano allo stesso modo. Una discriminazione che non c’è in tutto il mondo. Una punizione, una segregazione razzista. E pensare che prima del Covid i medici venivano premiati perché venivano a lavorare stoicamente anche quando avevano la febbre a 39 e sarebbero dovuti restare a casa».

La decisione delle Asl è illogica e potrebbe aprire anche a profili di illegittimità e non può lasciare insensibile il ministro della Salute Orazio Schillaci. Come politico cerca ovviamente di non spingersi oltre, quindi rimandando a lavorare i non vaccinati ha dato un segnale preciso di distensione, lasciando alle aziende, però, di decidere il loro impiego in funzione discriminatoria. Così cede ad una sorta di pilatismo che potrebbe vanificare il buon inizio del suo cammino di governo.

Schillaci è anche medico e da medico sa che la riammissione in servizio dei medici non è legata al fatto che ormai il quadro della pandemia è cambiato, come recita la linea della Federazione degli ordini dei medici, ma più semplicemente perché le evidenze scientifiche ormai hanno sentenziato che farmaci a mRna chiamati impropriamente vaccini non proteggono dalla trasmissione e quindi il re è nudo. Ne consegue che i medici che sono stati sospesi perché non vaccinati, sono stati sospesi ingiustamente sulla base di un pregiudizio scientista. Il loro pieno ritorno al lavoro non è un premio, nemmeno una sanatoria, ma il naturale atto di giustizia nei confronti di chi ha già pagato ingiustamente una discriminazione professionale.

Ultima considerazione: nella crociata dei governatori contro i medici non vaccinati si assiste ad una trasversale linea che attraversa l’arco parlamentare. La Lombardia e il Veneto sono amministrate dal Centrodestra, Campania, Puglia e Toscana dal Centrosinistra. È il segno che la discriminazione che stanno subendo i medici non è nemmeno politica: è solo ideologica e vendicativa. Contro la scienza, ma anche contro il diritto.