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BERLUSCONI

Mediaset e partito: Parisi val bene una guerra

Un inestricabile intreccio tra politica e affari. C’è questo nelle ultime vicende riguardanti le telecomunicazioni, dopo la retromarcia di Vivendi su Mediaset Premium. In questo scenario, Stefano Parisi è l’ancora di salvezza per Berlusconi, che però nulla ha a che fare con il rilancio del centrodestra su basi ideali.

Politica 28_07_2016
Stefano Parisi

Un inestricabile intreccio tra politica e affari. C’è essenzialmente questo nelle ultime vicende riguardanti le telecomunicazioni, all’indomani della retromarcia di Vivendi su Mediaset Premium e dell’alleanza tra Telecom e Fastweb sulla fibra ottica. Per sintetizzare gli ultimi eventi, si potrebbe dire che è stato sferrato un duro attacco dalla Francia all’asse del Nazareno.

L’impero berlusconiano è sotto assedio, con l’aggravante che l’ex Cavaliere non può più usare da tempo la sponda politica come arma in più sul terreno negoziale. Forza Italia è in caduta libera, il centrodestra si presenta rissoso al suo interno e privo di strategia e incisività e la vera alternativa al Pd di Renzi appare sempre più il Movimento Cinque Stelle. Berlusconi non ha dunque nulla da mettere sul tavolo per condizionare le scelte dell’esecutivo e per trattare con Palazzo Chigi, se non i suoi voti al Senato, in caso di smottamento in Ncd, e la disponibilità ad ammorbidire la propaganda per il “No” al referendum, al fine di far vincere i “Si”.

A Renzi, che è ugualmente in difficoltà, sia pure per ragioni ben diverse, potrebbe tornare utile il “soccorso azzurro”, anche attraverso una mini-scissione in Forza Italia, che possa bilanciare la probabile diaspora, in direzione contraria, di senatori centristi vicini a Schifani e pronti a rientrare nel recinto del centrodestra. E la figura di Stefano Parisi, in questo scacchiere, è davvero strategica. L’ex manager Fastweb è esperto di telecomunicazioni ed è in grado di seguire, non solo il rilancio di Forza Italia, finalizzato a riconquistare un peso politico rilevante, ma anche e soprattutto la gestione degli affari della famiglia Berlusconi nell’ambito tlc. La missione del candidato sindaco di Milano è di riaggregare i moderati, che, in soldoni, significa recuperare i voti che il centrodestra ha perso negli ultimi anni. 

Solo così l’impero berlusconiano potrebbe tornare ad avere un “legale rappresentante” anche in ambito politico, visto che gli attuali mediatori, da Letta a Confalonieri, hanno l’età dell’ex Cavaliere e sembrano un po’ usurati. Parisi diventa, quindi, il volto spendibile per combattere una battaglia aziendale e famigliare, che nulla ha a che fare con il rilancio del centrodestra su basi ideali e valoriali. Lo hanno capito i segretari dei partiti di centrodestra e anche molti esponenti azzurri, che non a caso alzano le barricate di fronte all’ascesa del manager.

Ma quello che è successo martedì è la conferma della debolezza del Biscione e dell’intero arcipelago degli asset della famiglia Berlusconi (e i ritardi nella cessione del Milan sono altri segnali di evidente agonia). Vivendi si è tirata indietro nella partita Mediaset Premium, di cui si era impegnata ad acquisire il 100% del capitale sociale. Il gruppo francese intende «acquistare soltanto il 20% del capitale e arrivare a detenere in tre anni circa il 15% del capitale di Mediaset attraverso un prestito obbligazionario convertibile». La notizia ha fatto precipitare le azioni del Biscione in Borsa. Il titolo ha ceduto il 13% dopo essere stato sospeso all'arrivo della notizia. 

La mossa di Vincent Bollorè sembra finalizzata ad indebolire Mediaset al fine di acquisire a un prezzo ribassato l’intera Mediaset e non solo Mediaset Premium. L’intento di Arcore, invece, era quello di acquisire, tramite Telecom Italia, una sponda per il business televisivo di Mediaset, ma almeno per ora questo tentativo sembra essersi arenato. Il rischio, anzi, è che la vicenda abbia un fastidioso prolungamento a suon di carte bollate.

Non meno significativo per i riflessi sulla politica italiana è l’accordo Telecom Italia-Fastweb per 1,2 miliardi per lo sviluppo della rete in fibra in 29 città italiane. Si tratta di una partnership che si pone in forte competizione con Enel Open Fiber, la società dell’Enel che ha stretto un’intesa solidissima con Wind e Vodafone per portare la fibra nelle case degli italiani. A rovinare i piani di Renzi, che ha fortemente “investito” su Enel, interverrà una nuova società con l’80% di capitale detenuto da Tim e il 20% da Fastweb, finalizzata a unire le forze e le reti nell’erogazione dei servizi a banda ultralarga. 

Bollorè ha dunque sedotto e abbandonato Mediaset sul terreno televisivo e sta turbando i sonni del premier Renzi sulla fibra. L’asse del Nazareno, in fondo mai del tutto tramontato, viene preso di mira con siluri pesantissimi. Sono segnali episodici o fanno parte di una strategia?