Maternità della Meloni e pensiero unico femminista
Il candidato sindaco per Roma Guido Bertolaso si esprime sulla concorrente Giorgia Meloni in dolce attesa: "Non vedo perché qualcuno dovrebbe costringerla a fare una campagna elettorale feroce" proprio mentre allatta. E si son levate le grida del femminismo a destra e a manca.
Il candidato sindaco per Roma Guido Bertolaso interviene nel programma de La7 Fuori onda e si esprime sulla concorrente Giorgia Meloni in dolce attesa come possibile vicesindaco: "La Meloni deve fare la mamma, mi pare sia la cosa più bella che possa capitare ad una donna nella vita. Deve gestire questa pagina della sua vita che per una donna è una delle pagine più belle in assoluto. Non vedo perché qualcuno dovrebbe costringerla a fare una campagna elettorale feroce e, mentre allatta, ad occuparsi di buche, sporcizia, del traffico, della microcriminalità".
Arriva a stretto giro la replica della Meloni: "Io non voglio polemizzare. Dico solamente con garbo e orgoglio a Guido Bertolaso che sarò mamma comunque e spero di essere un'ottima mamma, come lo sono tutte quelle donne che tra mille difficoltà e spesso in condizioni molto più difficili della mia riescono a conciliare impegni professionali e maternità. Lo dico soprattutto per rispetto loro".
Qui non vogliamo fare il processo alle intenzioni di Bertolaso. Ha detto quello che ha detto perché voleva eliminare una concorrente scomoda che potrebbe togliere voti al suo bacino elettorale? Perché era sinceramente preoccupato per la sua gravidanza? Perché voleva consigliare alla Meloni di evitare di occuparsi di cose più grandi di lei? A noi non interessa. Quello che interessa sono invece le reazioni della politica, di uomini di cultura, di giornalisti alle parole del candidato sindaco.
Il ministro Maria Elena Boschi ha twittato: “Quando chiederanno a un candidato uomo di ritirarsi perché deve fare il padre?”. Altro ministro donna, Beatrice Lorenzin: “Questo Paese non è per le donne. Ciò che sta accadendo in questi giorni è incredibile, rivela una misoginia di fondo". La Cinque Stelle Virginia Raggi, candidato sindaco per Roma: “Essere mamma e sindaco allo stesso tempo è possibile. E’ quello che accade a tutte le donne che lavorano: sempre di salti mortali si tratta”. Un altro candidato sindaco, Alfio Marchini: “Paesi con natalità più alta? Dove c’è maggior occupazione femminile”. L’Ansa e il Tg Uno poi raccontano dei numerosi casi di mamme con il pacione impegnate in politica: dalla Prestigiacomo alla Madia, dalla Buongiorno alla Lorenzin, dalla Brambilla alla Ronzulli che allattava il pupo al Parlamento europeo.
Insomma tutti a dire che maternità e lavoro si possono conciliare, che essere madri e lavoratrici è cosa normale, che è dai tempi di Adamo ed Eva che le donne tirano grandi i figli e lavorano sodo, che impedire ad una donna di accedere ad una carica pubblica è atteggiamento sessista, che portare in grembo un figlio non rende la donna handicappata professionalmente e via dicendo. In breve in poche ore abbiamo assistito ad un inno corale alla maternità che ha unito sinistra, destra e centro.
Eppure proprio il tema lavoro-maternità è stato un cavallo di battaglia sia del femminismo che del cugino movimento abortista. Le femministe vedevano il lavoro come strumento di liberazione della donna dalla condizione di madre e moglie: il pancione, i figli, il marito e la casa erano nemici che si erano alleati nell’impedirle di realizzarsi. Il fronte pro choice poi ha sempre insistito che una della motivazioni più valide per abortire è la carriera, è la necessità di guadagnare per campare, è la volontà di non perdere il lavoro, è la realizzazione personale che passa attraverso una professione (così ad esempio Planned Parenthood indottrina le adolescenti dei paesi in via di sviluppo). E’ un dato evidente – così si sostiene – che lavoro e maternità per loro natura non possono conciliarsi e dunque la donna è costretta a non tenersi il figlio.
Da qui la contraddizione emersa dalle dichiarazioni sul caso Bertolaso-Meloni di molti politici favorevoli all’aborto: da una parte le figure di mamma e di lavoratrice possono coincidere, perché entrambe sono aspirazioni naturali della donna. Dall’altro la donna deve scegliere: o il biberon oppure il computer. L’apparente contraddizione trova un punto di sutura ancora una volta nel famigerato principio di autodeterminazione della donna. Sta a quest’ultima decidere se lavoro e famiglia possono convivere pacificamente nella sua vita oppure no. La Meloni decide di tenere il bambino e candidarsi? Scelta da approvare senza riserve. La Meloni, per mera ipotesi di scuola, decide di abortire perché con quel pancione la candidatura va a carte quarantotto? Scelta ugualmente da approvare senza riserve. In breve la disquisizione sulla bellezza di essere mamme impegnate in politica non valgono nulla e sono solo ipocrite. Ciò che è importante è non dissentire con le decisioni di una donna. Farlo è sessista, misogino e discriminatorio.
Detto questo, le più sentite felicitazioni a Giorgia Meloni.