Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Cristo Re a cura di Ermes Dovico

INTERVISTA

Marocco, l'eccezione nella regione del Maghreb

Souad Sbai: «Il nostro Paese è più povero della Tunisia, ma c'è già da molti anni un sistema democratico. E in Egitto la protesta è 'pilotata'»

Attualità 07_02_2011
souad sbai Souad Sbai è onorevole del parlamento italiano. Nata in Marocco, ma da molto tempo cittadina italiana,  ha fondato nel 2003 il mensile  Al Maghrebiya, l’unica  rivista  in lingua araba edita in Italia. E’presidente dell'Associazione Donne Marocchine in Italia e dal 2005 fa parte della Consulta islamica nel nostro paese. L’abbiamo incontrata nei corridoi di Montecitorio alla fine di una lunga giornata parlamentare: per conoscere il punto di vista su quanto succede in queste ore in Egitto da chi conosce bene questa parte del mondo e per chiederle se si deve temere un’allargarsi della rivolta fino alle strade del suo Marocco.

Per qualche giorno a Fez, la storica capitale del paese della mezzaluna, c’eravamo dati da fare a leggere i commenti su i giornali locali e ad interrogare la gente incontrata durante il viaggio per sondare l’umore del paese in queste ore. Senza riuscire però ad arrivare al polso della situazione. Certo il Marocco è un paese con un parlamento democratico, elezioni regolari e libere, tante nuove leggi a favore della parità tra i sessi e a difesa della libertà di opinione, però il potere anche economico, come riferiscono illustri giornalisti, è ancora concentrato nelle mani del re Mohamed VI, mentre il livello di disoccupazione, alfabetizzazione  e il tasso di povertà sono fra i più alti dei paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo.

C’è pericolo che la situazione degeneri anche in Marocco?
No, non credo. Qui le rivoluzioni per i diritti umani sono state già fatte e con i risultati visibili sul piano della democratizzazione del paese. Si può decidere sul primo ministro e sul governo. In Marocco c’è parlamento e un governo pluralista dal 1993. E chi vuole va a votare.

Aboubakr Jamai, noto giornalista marocchino in esilio, scrive che ci sono le premesse per una destabilizzazione del paese. Troppa disoccupazione e povertà, mentre i ricchi iniziano a portare i capitali all’estero.
E’ un uomo credibile Jamai. Ma chi può portare capitali all’estero in Marocco è solo il Re. E poi le proteste che erano state previste in Marocco in questi giorni sono state di fatto annullate dagli stessi organizzatori, che non sapevano bene contro cosa andare in piazza. In Marocco ci sono tantissimi giornali di opinione e si scrive cosa si vuole, si prende in giro il Re, tutti hanno accesso a internet e alle televisioni. Io non vedo questo pericolo.

Differenze con la Tunisia?
Il Marocco è più povero, non ha materie prime, ha meno introiti dal turismo che è essenzialmente e solo a Marrakech,  però non ha un dittatore. Certo una eventuale protesta marocchina sarebbe più simile a quella delle strade di Tunisi: per i prezzi che aumentano degli alimentari e per la disoccupazione che non ha ancora soluzioni vicine. La protesta in Egitto è altra cosa.

Si spieghi meglio.
La protesta in Egitto per me, e altri osservatori del nord dell’Africa e del Medioriente, è una protesta pilotata.  Non nasce dalla borghesia del paese, unica parte sociale che può chiedere cambiamenti, perché ha la cultura di chiederli. In Egitto, ormai da molti anni la borghesia è pressoché scomparsa, diversa la protesta tunisina fatta da molti laureati anche se senza lavoro. Le grandi masse dell’Egitto invece sono facilmente strumentalizzabili.

Crede che Mubarak abbia ancora il polso della situazione?
Io credo di si e che la protesta non durerà a lungo se qualcuno l’aiuta. C’è chi mi dice che lo sta già facendo Israele, che non ha alcun interesse di perdere l’Egitto di Mubarak in termini di sicurezza. Comunque, avere i Fratelli mussulmani al potere in Egitto è un pericolo per tutto il Mediterraneo.

Mubarak non potrà durare in eterno…
Certo. Ma proporre come sostituto El Baradei, che ha sempre vissuto fuori dell’Egitto è una cosa folle. Ci sono uomini e donne in Egitto che possono andare al posto di Mubarak conoscendo bene la situazione del loro paese. El Baradei potrebbe contare solo sull’appoggio dei Fratelli musulmani.