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INDIA

Marò, l'umiliazione definitiva dell'Italia

Dopo quasi tre anni di prigionia, senza un processo, i due marò italiani sono ancora sotto il torchio dell'India. La Corte Suprema di Nuova Delhi ha respinto ogni richiesta dei legali di Latorre e Girone. L'ennesima umiliazione non deve stupirci: è il prodotto della nostra politica estera, che ci ha fatto perdere completamente ogni influenza.

Editoriali 17_12_2014
Marò

Se qualcuno si era illuso di un nuovo corso del governo indiano nella vicenda di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, ha provveduto ieri la Corte Suprema di Nuova Delhi a riportarlo con i piedi per terra respingendo le richieste presentate dall’avvocato dei due fucilieri di Marina. La Corte ha detto no alla richiesta di Latorre di prorogare di quattro mesi la sua permanenza in Italia per poter sottoporsi a un intervento chirurgico e portare avanti cure e riabilitazione, ordinandogli di rientrare in India il prossimo 16 gennaio. Latorre si trova in Italia dal 13 settembre scorso, a seguito di un grave malore accusato a Nuova Delhi. Il massimo tribunale indiano ha respinto anche la domanda presentata da Girone per poter rientrare in Italia per le festività natalizie.

Tre no che costituiscono solo l’ultimo dei numerosi smacchi inflittici dall’India in questi oltre mille giorni. Uno smacco che impone riflessioni che vanno al di là di quelle che abbiamo scritto per quasi tre anni sottolineando il buon diritto dell’Italia, quanto previsto dalle leggi internazionali e le accuse raffazzonate dell’India, Paese del Terzo Mondo persino più corrotto dell’Italia, incapace di rispettare leggi e diritti, anche di istruire un processo.  

La questione ormai va molto al di là dell’ambito giudiziario, del  caso di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone a cui va sempre il nostro affetto e il dispiacere di saperli soldati di un Paese (il termine Nazione appare sempre più inadeguato) da troppo tempo in mano a ciarlatani privi di attributi e imbonitori incompetenti. Il problema vero è che occorre digerire che l’Italia non solo non vale più nulla in termini politici, di prestigio e di influenza, ma che di tutto questo il mondo intero se n’è accorto. 

Le chiacchiere di Renzi che mesi or sono “impressionavano” Angela Merkel oggi non godono più di nessuna credibilità in Europa e oltre Oceano da dove giungono solo ordini a Roma: “tagliate queste spese, mettete questa tassa, aumentate l’Iva, inviate truppe in Iraq, comprate gli F-35….” Sono tutti così abituati a darci ordini a cui sanno che obbediremo ciecamente che nessuno su pone il problema di dover affrontare un contenzioso con l’Italia. 

Figuriamoci poi se questo problema se lo pone l’India di Narendra Modi, nazionalista indù che governa nel nome di un fierezza che poggia su basi etniche, culturali e religiose (tutti valori che noi invece abbiamo rimosso dalla società e dalla politica) cullando il sogno della grande potenza. Per quale ragione Modi dovrebbe preoccuparsi dell’Italia di Matteo Renzi, incapace persino di avviare per davvero la procedura di arbitrato internazionale? 

Ricordate quando il premier con i ministri Mogherini e Pinotti raccontarono per mesi dell’arbitrato avviato presso il Tribunale del Mare di Amburgo salvo poi scoprire che non era stato fatto nulla? I "boy scout" avevano menato il can per l’aia ancora una volta preferendo dialogare con il governo indiano invece di internazionalizzare la vicenda. Più che di un dialogo sembra però si sia trattato di un monologo con Renzi impegnato a complimentarsi con il premier indiano e a tesserne le lodi, mentre quest’ultimo si limitava a consigliare all’Italia di accettare che di Latorre e Girone si occupasse la giustizia indiana. 

Metterci in ginocchio non aiuta mai a negoziare. Nelle scorse settimane dagli ambienti governativi italiani è emersa la valutazione che possano esserci presto novità in vista di un accordo tra i due governi che risolva la vicenda prima del ritorno in India di Massimiliano Latorre al termine della sua convalescenza in Italia. Superfluo affermare ancora che Latorre non dovrebbe essere rimandato a Nuova Delhi e che dovremmo attivare ogni canale, inclusi i nostri servizi segreti, per portare fuori dall’India, al più presto, anche Girone. La realtà e che anche questo governo italiano, come i due che lo hanno preceduto, non hanno gli attribuiti e le capacità politiche per affrontare nessuna crisi: che si tratti della guerra civile libica, della recessione economica o della disputa giudiziaria e diplomatica con l’India. 

Del resto è inutile illudersi, al vertice regna una mediocrità a cui non si vuole porre rimedio. Con la partenza per lo scranno europeo di Federica Mogherini avevamo per una volta la possibilità di avere un ministro degli Esteri serio, competente, che conosce i dossier: Lapo Pistelli. In base agli standard italiani era però “troppo qualificato” e avrebbe potuto far fare brutta figura o semplicemente “oscurare” un po’ qualcuno, anche a colui che lo aveva battuto anni or sono alle primarie del Pd per la corsa a sindaco di Firenze. E’ triste ma necessario ammettere che, oltre agli attributi, ci mancano gli uomini per affrontare i tempi e le situazioni difficili che viviamo, inclusa quella dei marò. 

Alcune delle reazioni alla decisione di ieri della Corte Suprema indiana lo confermano. I delegati del Cocer della Marina sottolineano che erano “sicuri che l’India non avrebbe accolto le richieste di Massimiliano e Salvatore” lamentando che “il continuo cambio di strategia non avrebbe portato risultati” e chiedendo che l’Italia “riveda la partecipazione italiana alle missioni internazionali”. Un provvedimento che avrebbe un senso se l’Italia avesse chiesto ma non ottenuto un intervento internazionale, cosa che non ha invece mai fatto rinunciando all’arbitrato. 

Inoltre il governo non assumerà mai una decisione così di rottura impegnato com’è a obbedire agli ordini di Washington inviando truppe e aerei in Iraq, mantenendone per un altro anno in Afghanistan e non inviandone in Libia a proteggere i terminal del “nostro” gas e petrolio.

Dopo lo schiaffo dei giudici indiani ci è di conforto sapere che il Presidente della Repubblica è fortemente contrariato dalle notizie giunte da Nuova Delhi. Oppure apprendere che il capo della diplomazia europea, Federica Mogherini, ha fatto ieri un punto della situazione sul caso marò durante il collegio dei commissari a Strasburgo.

Importante anche sottolineare che il senatore Nicola Latorre, presidente della commissione Difesa del Senato, ha osservato che "la sentenza della Corte suprema indiana è gravissima e determina un problema molto serio nei rapporti tra Italia e India. Su questo occorrerà riflettere nelle giuste sedi e nel momento opportuno per valutare ulteriori iniziative".

Dopo tre anni di osservazioni, valutazioni e discussioni, tutte ovviamente nelle opportune sedi, non c’è ancora nessuno che intenda agire.