Maria ci insegna l'orazione mentale
Bendetto XVI ci ricorda l'importanza di meditare i misteri di Dio e farli risuonare nel nostro animo. Per essere capaci di affidarci alla Sua volontà.
All'udienza generale del 17 agosto a Castel Gandolfo Benedetto XVI ha ricordato che ci troviamo ancora nella Festa dell'Assunta: una festa che da una parte ci ricorda che Maria è arrivata in Cielo in anima e corpo, dall'altra induce a riflettere su «come Maria vi è arrivata». La risposta del Papa è che «si è affidata a Dio, è entrata con la sua nella volontà del Signore e così era proprio nella via direttissima, nella strada verso il Paradiso. Credere, affidarsi al Signore, entrare nella sua volontà: questo è l'indirizzo essenziale».
A questo tema il Pontefice aveva già dedicato la bella omelia del 15 agosto nella parrocchia di San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo, in cui aveva rilevato che contemplando la Madonna ci è data la grazia speciale «di poter vedere in profondità anche la nostra vita». In quell'omelia, Benedetto XVI aveva insistito sul rapporto fra Maria, che è la nuova Arca dell'Alleanza, e l'antica Arca del popolo ebraico. Quest'ultima, com'è noto, era «il simbolo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Ma ormai il simbolo ha ceduto il posto alla realtà. Così il Nuovo Testamento ci dice che la vera arca dell’alleanza è una persona viva e concreta: è la Vergine Maria. Dio non abita in un mobile, Dio abita in una persona, in un cuore: Maria, Colei che ha portato nel suo grembo il Figlio eterno di Dio fatto uomo, Gesù nostro Signore e Salvatore».
Nell'Arca degli Ebrei «erano conservate le due tavole della legge di Mosè, che manifestavano la volontà di Dio di mantenere l’alleanza con il suo popolo, indicandone le condizioni per essere fedeli al patto di Dio, per conformarsi alla volontà di Dio e così anche alla nostra verità profonda. Maria è l’arca dell’alleanza, perché ha accolto in sé Gesù; ha accolto in sé la Parola vivente, tutto il contenuto della volontà di Dio, della verità di Dio; ha accolto in sé Colui che è la nuova ed eterna alleanza, culminata con l’offerta del suo corpo e del suo sangue: corpo e sangue ricevuti da Maria. A ragione, dunque, la pietà cristiana, nelle litanie in onore della Madonna, si rivolge a Lei invocandola come Foederis Arca, ossia "arca dell’alleanza", arca della presenza di Dio, arca dell’alleanza d’amore che Dio ha voluto stringere in modo definitivo con tutta l’umanità in Cristo».
A questo ruolo della Madonna come nuova Arca, aveva detto il Papa nell'omelia del 15 agosto, allude anche il Vangelo di Luca (1, 44) quando ci mostra Giovanni Battista, non ancora nato, che esulta di gioia nel grembo di sant'Elisabetta in occasione della visita di Maria. «Qui l’evangelista Luca usa il termine "skirtan", cioè "saltellare", lo stesso termine che troviamo in una delle antiche traduzioni greche dell’Antico Testamento per descrivere la danza del Re Davide davanti all’arca santa che è tornata finalmente in patria (2Sam 6,16). Giovanni Battista nel grembo della madre danza davanti all’arca dell’Alleanza, come Davide; e riconosce così: Maria è la nuova arca dell’alleanza, davanti alla quale il cuore esulta di gioia, la Madre di Dio presente nel mondo, che non tiene per sé questa divina presenza, ma la offre condividendo la grazia di Dio. E così - come dice la preghiera - Maria realmente è "causa nostrae laetitiae", l’"arca" nella quale realmente il Salvatore è presente tra di noi».
La Madonna e la festa dell'Assunta hanno indotto il Papa nell'udienza del 17 agosto a riprendere il tema generale delle udienze del mercoledì di questo periodo, la «scuola della preghiera», esaminando il modo di pregare di cui Maria ci dà in modo particolare l'esempio: la meditazione. Ma che cos'è la meditazione? «Vuol dire - ha spiegato il Pontefice - "fare memoria" di quanto Dio ha fatto e non dimenticare i tanti suoi benefici (cfr Sal 103, 2b). Spesso vediamo solo le cose negative; dobbiamo tenere nella nostra memoria anche le cose positive, i doni che Dio ci ha fatto, essere attenti ai segni positivi che vengono da Dio e fare memoria di questi».
La meditazione non è un semplice ricordo. È veramente preghiera. In effetti «parliamo di un tipo di preghiera che nella tradizione cristiana è chiamata "orazione mentale". Noi conosciamo solitamente l'orazione con parole, naturalmente anche mente e cuore devono essere presenti in questa orazione, ma parliamo oggi su una meditazione che non è di parole, ma è un prendere contatto della nostra mente con il cuore di Dio».
Questa propriamente era la preghiera della Madonna durante la sua vita terrena. «Maria qui è un modello molto reale. L'evangelista Luca ripete, diverse volte, che Maria "da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore" (2,19; cfr 2,51b). Custode non dimentica, Ella è attenta a tutto quanto il Signore Le ha detto e fatto, e medita, cioè prende contatto con diverse cose, approfondisce nel suo cuore».
Nella meditazione di Maria s'incontrano fede, speranza e disponibilità generosa ad accogliere le promesse di Dio, cioè carità. «Colei, quindi, che "ha creduto" all’annuncio dell’Angelo e si è fatta strumento perché la Parola eterna dell’Altissimo potesse incarnarsi, ha anche accolto nel suo cuore il mirabile prodigio di quella nascita umano-divina, lo ha meditato, si è soffermata nella riflessione su quanto Dio stava operando in Lei, per accogliere la volontà divina nella sua vita e corrispondervi. Il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio e della maternità di Maria è così grande da richiedere un processo di interiorizzazione, non è solo qualcosa di fisico che Dio opera in Lei, ma è qualcosa che esige una interiorizzazione da parte di Maria, che cerca di approfondirne l’intelligenza, di interpretarne il senso, di comprenderne i risvolti e le implicazioni».
La vita della Madonna sulla Terra è una continua meditazione. «Così, giorno dopo giorno, nel silenzio della vita ordinaria, Maria ha continuato a custodire nel suo cuore i successivi eventi mirabili di cui è stata testimone, fino alla prova estrema della Croce e alla gloria della Risurrezione. Maria ha vissuto pienamente la sua esistenza, i suoi doveri quotidiani, la sua missione di madre, ma ha saputo mantenere in sé uno spazio interiore per riflettere sulla parola e sulla volontà di Dio, su quanto avveniva in Lei, sui misteri della vita del suo Figlio».
Si tratta di un modello irraggiungibile per noi, uomini del ventunesimo secolo? A prima vista si potrebbe pensarlo. «Nel nostro tempo siamo assorbiti da tante attività e impegni, preoccupazioni, problemi; spesso si tende a riempire tutti gli spazi della giornata, senza avere un momento per fermarsi a riflettere e a nutrire la vita spirituale, il contatto con Dio». Proviamo però a metterci davvero in ascolto della Madonna. Vediamo allora che «Maria ci insegna quanto sia necessario trovare nelle nostre giornate, con tutte le attività, momenti per raccoglierci in silenzio e meditare su quanto il Signore ci vuol insegnare, su come è presente e agisce nel mondo e nella nostra vita: essere capaci di fermarci un momento e di meditare».
Dobbiamo convincerci che questa sosta, questo raccoglimento sono necessari. «Sant’Agostino [354-430] paragona la meditazione sui misteri di Dio all’assimilazione del cibo e usa un verbo che ricorre in tutta la tradizione cristiana: "ruminare"; i misteri di Dio cioè vanno continuamente fatti risuonare in noi stessi perché ci diventino familiari, guidino la nostra vita, ci nutrano come avviene con il cibo necessario per sostenerci. E san Bonaventura [1217 ca.-1274], riferendosi alle parole della Sacra Scrittura dice che "vanno sempre ruminate per poterle fissare con ardente applicazione dell’animo" (Coll. In Hex, ed. Quaracchi 1934, p. 218)».
L'immagine tradizionale del «ruminare» è, spiega il Pontefice, molto importante e veramente significativa. «Meditare quindi vuol dire creare in noi una situazione di raccoglimento, di silenzio interiore, per riflettere, assimilare i misteri della nostra fede e ciò che Dio opera in noi; e non solo le cose che vanno e vengono. Possiamo fare questa "ruminazione" in vari modi, prendendo, ad esempio, un breve brano della Sacra Scrittura, soprattutto i Vangeli, gli Atti degli Apostoli, le Lettere degli apostoli, oppure una pagina di un autore di spiritualità che ci avvicina e rende più presente le realtà di Dio al nostro oggi, magari anche facendosi consigliare dal confessore o dal direttore spirituale, leggere e riflettere su quanto si è letto, soffermandosi su di esso, cercando di comprenderlo, di capire che cosa dice a me, che cosa dice oggi, di aprire il nostro animo a quanto il Signore vuole dirci e insegnarci».
La meditazione non è alternativa al Rosario. In realtà, infatti, «anche il Santo Rosario è una preghiera di meditazione: ripetendo l’Ave Maria siamo invitati a ripensare e a riflettere sul Mistero che abbiamo proclamato». «Ma possiamo soffermarci pure su qualche intensa esperienza spirituale, su parole che ci sono rimaste impresse nel partecipare all’Eucaristia domenicale». Nella tradizione della Chiesa «ci sono molti modi di meditare e così di prendere contatto con Dio e di avvicinarci a Dio, e, in questo modo, essere in cammino verso il Paradiso».
L'essenziale è riconoscere che, anche nella frenesia di un tempo abbreviato, Dio ha diritto a un suo spazio. Così, «la costanza nel dare tempo a Dio è un elemento fondamentale per la crescita spirituale; sarà il Signore stesso a donarci il gusto dei suoi misteri, delle sue parole, della sua presenza e azione, sentire come è bello quando Dio parla con noi; ci farà comprendere in modo più profondo cosa vuole da me, da noi». Alla fine, «è proprio questo lo scopo della meditazione: affidarci sempre più nelle mani di Dio, con fiducia e amore, certi che solo nel fare la sua volontà siamo alla fine veramente felici».