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IMMIGRAZIONE

Mare Nostrum, un'operazione ormai fallita

L'operazione della Marina Militare "Mare Nostrum", varata dal governo Letta nell'ottobre 2013, doveva servire a scoraggiare gli scafisti grazie alla forza deterrente di navi da guerra. Il suo scopo è palesemente fallito.

Politica 24_04_2014
Operazione Mare Nostrum

«In Italia si pone sempre il problema dell'immigrazione in campagna elettorale. Nel merito non c'è dubbio che c'è un problema. L'Operazione Mare Nostrum va verificata e aggiornata».  Il presidente del Consiglio Matteo Renzi entra con un tweet  nella polemica politica scoppiata dopo gli ultimi arrivi di massa di immigrati clandestini provenienti dalla Libia e raccolti in mare dalle navi militari nell’ambito dell’Operazione “Mare Nostrum".

«Lunedì mattina ci sarà una riunione ad hoc con i vertici dei servizi segreti, i ministri degli Interni e della Difesa» ha aggiunto il premier rispondendo all’opposizione che, con Forza Italia, ha chiesto un’indagine conoscitiva per fare chiarezza sulle finalità della missione mentre la Lega vuole l’immediata sospensione dell’intervento della Marina.

Non stupisce che la Lega cavalchi il vecchio cavallo di battaglia della lotta all’immigrazione, dimenticando però che nel 2011 il Ministro degli Interni Roberto Maroni diede il via libera all’accoglienza di 24mila tunisini (per metà galeotti fuggiti dalle prigioni) che nulla avevano  che fare con i profughi del conflitto libico.

In ogni caso il fallimento di Mare Nostrum e soprattutto dell’assurda politica sull’immigrazione varata dal governo Letta è sotto gli occhi di tutti. Ben 43mila arrivi l’anno scorso (il 224% in più del 2012), oltre 21mila dall’inizio dell’anno, mentre, secondo il Ministero dell’Interno, 700mila persone sono pronte sul territorio libico ad imbarcarsi per l’Italia pagando il “biglietto” ai trafficanti di esseri umani. «Nel 2013 circa il 70% degli arrivi via mare nell'Unione europea è avvenuto attraverso la rotta del Mediterraneo centrale, dalla Libia all'Italia» aveva dichiarato l’8 aprile scorso il ministro degli Esteri, Federica Mogherini.

L’operazione Mare Nostrum varata a metà ottobre sull’onda emotiva di 300 migranti morti in un naufragio al largo di Lampedusa, doveva avere il duplice scopo di soccorrere in mare i disperati a bordo di barconi sovraffollati e spesso in pessime condizioni e di esercitare un deterrente contro i trafficanti come avevano annunciato i ministri Angelino Alfano e Mario Mauro.

Il primo voleva “rafforzare la protezione della frontiera” con la “deterrenza del pattugliamento e dell’intervento delle Procure” mentre il secondo aveva rivelato che i profitti incassati dai trafficanti finanziano anche il terrorismo islamico. Sei mesi dopo il bilancio dell’operazione è del tutto negativo. Certo si sono scongiurate altre tragedie sul mare, ma il Mediterraneo è diventato una sorta di “autostrada” sulla quale chiunque transiti ha la certezza di venire accolto in Italia dove potrà decidere se chiedere asilo, cercare (spesso invano) di raggiungere il Nord Europa o far perdere le proprie tracce come capita sempre più di frequente con le fughe di massa degli immigrati. 

L’Italia è diventato l’unico Paese al mondo a non difendere i propri confini e ad aiutare chiunque lo voglia a entrare nel Paese. L’Unione Europea non ci aiuta a gestire l’emergenza con mezzi e denaro e i nostri “partner” si rifiutano di accogliere almeno una parte dei clandestini sbarcati in Italia. Siamo l’unico Paese che impiega navi da guerra (il cui utilizzo costa 9 milioni di euro al mese) come “traghetti” per aiutare i malavitosi ad arricchirsi: quelli che gestiscono i flussi migratori, hanno aumentato il loro giro d’affari. Le porte spalancate dall’Italia hanno aumentato i loro “clienti” e ridotto i costi, perché oggi basta mettere pochi litri di carburante sulle carrette del mare, sufficienti a uscire dalle acque libiche dove la Marina italiana è pronta a soccorrere ed accogliere tutti. Pare che i numerosi piccoli cantieri navali sulla costa tra la Tunisia e la Tripolitania, che un tempo realizzavano piccole barche da pesca, lavorino a pieno ritmo per varare bagnarole da riempire di immigrati con destinazione l’Italia. Neppure l’arresto di una cinquantina di scafisti operato da Marina, Guardia Costiera e Polizia è servito a ridurre i flussi, sia perché i trafficanti non faticano certo a trovare manovalanza, sia perché un'eventuale pena carceraria in Italia non fa paura nessuno.

Alternative? Ce ne sarebbero, anche se la politica sembra rifiutarle. Il ministro Mogherini sostiene che «l'attuale governo libico non ha il pieno controllo del territorio né può garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti e questo rende impraticabile ogni ipotesi di collaborazione finalizzata al rimpatrio dei migranti verso tale Paese». La sua collega Pinotti  ammette che Mare Nostrum «è un intervento a tempo» anche se «finché lo scenario libico resta instabile non possiamo sospenderlo» perché in Libia «non abbiamo interlocutori istituzionali stabili e non si possono ipotizzare accordi per bloccare il flusso migratorio in partenza». 

Tutto vero, ma l’anarchia che domina la Libia (dove si attende che il Parlamento nomini un nuovo premier) consentirebbe anche scelte diverse, come l’impiego delle forze navali per raccogliere gli immigrati e riportarli sulla costa libica, utilizzando navi da guerra e fucilieri di Marina per garantire la sicurezza sulle spiagge e tenere lontani i miliziani. Un’operazione che rientra nelle capacità della Marina Militare e che, ripetuta alcune volte, scoraggerebbe nuovi arrivi perché toglierebbe la certezza del successo a quanti pagano i trafficanti per raggiungere l’Italia. Roma potrebbe allertare le strutture umanitarie di Onu e Ue (Bruxelles ha in Libia una missione per il controllo delle frontiere, che non si sa cosa stia facendo) per assistere gli immigrati respinti, ribadendo così la sua sovranità e il principio che nessuno può entrare in Italia illegalmente.

Un’operazione del genere avrebbe anche un effetto deterrente sulle autorità libiche, in parte non estranee agli affari dei trafficanti come dimostra un fatto curioso accaduto nelle ultime settimane. Nonostante il caos che domina il Paese Tripoli è riuscita a imporre ai ribelli della Cirenaica di sgomberare alcuni porti petroliferi oggi presidiati da truppe regolari e dai quali è ripreso il regolare export di petrolio. Possibile che le autorità libiche abbiano battaglioni di soldati (addestrati anche dagli italiani) per garantire il lucroso export di petrolio, ma non riescano a controllare con gli stessi mezzi militari porti e spiagge utilizzati dai trafficanti di esseri umani? E soprattutto è accettabile che Roma continui a farsi prendere in giro da Tripoli e a essere indirettamente complice delle organizzazioni malavitose libiche?