Marco: "La vita con Cristo è una corsa al Cielo"
Nella sua breve esistenza Marco Martinolli ci mostra la bellezza e la vertigine di vita a cui siamo chiamati con il Battesimo. Costantemente attratto dal desiderio della Vita Eterna, vive totalmente impegnato nella realtà del mondo, che ama pur sapendosi straniero. Combatte in difesa della vita, della famiglia e dei "principi non negoziabili". Ma, soprattutto, è follemente innamorato delle Montagne, per lui segno dell'Amore di Dio che lo chiama all'Eternità.
“Perché te ne stai lì tutto solo?”, gli chiese la maestra. “Sono solo perché la mia amichetta Nancy è dovuta andar via, ma io rimango ancora per regalare questi fiori a Gesù quando passerà di qui”, rispose il bambino. “Sei sicuro che Gesù passerà proprio davanti a te?”, ribatté la donna. “Sì, sono sicuro che Gesù passerà per questa strada ed io potrò fargli questo bel regalo!”. Marco ha solo 4 anni, ne dovranno trascorrere altri 35 per scoprire che quel bimbetto sta semplicemente dicendo la verità. Accadrà in una sera di fine inverno, al termine di una solita giornata di lavoro. Marco, si accosterà alla sua auto e, accasciandosi al suolo, spirerà tra le braccia di uno sconosciuto viandante. Un malore improvviso e fatale, una tragedia imprevedibile che lascia tutti senza parole. Sarà solo il tempo che, inesorabilmente, farà riemergere tutti i segni, a ricomporre quel disegno d'Amore che il Mistero aveva pensato per Marco sin dall’Eternità. “E’ stato repentinamente rapito dal Cielo: Marco era pronto!”, i genitori si affidano al libro della Sapienza per comprendere l’incomprensibile: “La mattina stessa – raccontano - stringendo i pugni aveva ripetuto con forza all’amata moglie: “Sarò sempre fedele a Cristo!”. Ebbene, quel Gesù che da bambino aveva atteso con tanta certezza, davvero gli è passato dinnanzi e Marco subito, come a porgli un mazzolino di fiori, Gli ha regalato la sua vita, tutta.
LA SALITA AL MONTE
E allora, quando si incontra un'anima bella, che ha risposto in pienezza a Dio ed in cui Dio stesso si è compiaciuto, vale la pena stargli un poco insieme per cercare di scrutare qualche segreto dell'Eterno Amore.
Per raccontare di questo ragazzo triestino che ha vissuto la sua vita come un’instancabile scalata verso il Cielo, non si può non parlare delle Montagne. La vita di Marco, nato a Cormons (Gorizia) il 18 giugno del 1970, sin dall'inizio, è un continuo salire e scendere da vette sempre più impegnative. Vivere, respirare, calcare le Cime è sempre stato per Marco un amore vitale perché insieme, simbolo ed essenza, dell’Amore per Dio. Nella scalata d’alta Montagna Marco vede ricapitolata tutta l’esperienza che l’uomo fa nel tentativo di guadagnarsi la felicità, fino a raggiungere quel pezzo di Cielo che si ritrova addosso quando, un bel dì, la Grazia gratuitamente lo investe.
Il giovane ben presto diventerà presidente del Cai di Monfalcone, avvicinando un’infinità di giovani all’amore per le Montagne ed, insieme, alla fedeltà per la Patria che in esse si ritrova e si riscopre. Lo fa, per esempio, portando alla luce “il Dolore non sepolto” delle Foibe che si è consumato proprio nella "sua" fetta d’Italia: calandosi in quegli anfratti noti per i crimini del comunismo, Marco vuole depositare sul fondo immagini e statue della Madonna di Medjugojie, per invocare con forza la presenza della Regina della Pace in quegli inferi della storia.
Emblematico è il gesto che Marco compie il 25 giugno del 2006 quando, sulla cima del Jof di Miezegnot (Alpi Giulie), il giovane riesce ad apporre una targa-omaggio a Giovanni Paolo II, in occasione della sua dipartita. Sulla targa si leggono le parole del Santo: “Eppure non muoio del tutto, ciò che in me è indistruttibile, ora sta faccia a faccia con Colui che E’”. E’ il Papa-Alpinista per cui Marco nutre una grandissima devozione ed è l’icona di quella “guida” che il ragazzo ritiene vitale per chiunque, sulla terra, intenda camminare verso il Cielo: “La scomparsa di Giovanni Paolo II - scrive Marco - priva il mondo di un alpinista particolare: alpinista in senso specifico, ma anche alpinista in un’accezione spirituale e morale straordinaria. Tutta la vita di Woytila è stata un’espressione di azioni esemplari, di gesti capaci di indicare la via, i sentieri ottimali per raggiungere la vetta che è sogno di ogni essere umano. Fino agli estremi battiti del suo cuore ha continuato a guidare, insegnare e confortare. (…) “Dite a tutti che sono lieto, che sono sereno”, ha mormorato il Papa morendo, ribadendo così quel suo motto: “Non abbiate paura!”. L’ultima ascensione di Papa Woytila, l’ultimo sforzo per raggiungere la Cima, resta per ognuno di noi, immerso nelle bufere del vivere quotidiano, un forte, saldo, indimenticabile dono. Un invito a sperare sempre!”.
IL QUOTIDIANO EROICO E L’EROICO QUOTIDIANO
Dentro ad una tensione costante alla Vita Eterna e ad un carattere di natura contemplativa, Marco è stato certamente un ragazzo che ha lasciato un segno concretissimo in questo mondo. Lo dimostrano le oltre 1300 persone stipate nella parrocchia di San Pio X a Trieste il 4 marzo 2010, giorno delle sue esequie, che hanno visto la concelebrazione di 13 sacerdoti e la partecipazione dell’Arcivescovo Gianpaolo Crepaldi.
A sostenere e correggere Marco in questo cammino verso il Cielo, mantenendo i piedi ben saldi a terra, è stata la Santa Madre Chiesa, nella forma particolare dei movimenti ecclesiali. Nella vita di Marco, infatti, si scorge tutta la delicatezza del Signore che lo viene a prendere seguendo il ritmo della sua personalità e intercettando le stagioni della sua vita.
E’ il carisma di Chiara Lubich e l’esperienza dei focolarini ad illuminare i primi passi di Marco sulla via della fede. Alla vigilia un’importante operazione al cuore subita durante l'infanzia, sarà lei a pregare affinché il piccolo Marco “viva e diventi un testimone di Dio”, segnando così nel profondo la sua fresca spiritualità. Nella prima giovinezza, poi, le amicizie nate nei “Gen” (movimento giovanile dei focolarini, ndr) e il permanere in un ambiente ricco di forti sollecitazioni a vivere il Vangelo, fanno crescere nel ragazzino il desiderio di amare Gesù sempre di più e di seguirlo fino alla fine. E’ lo stesso Marco che, al termine di un ritiro, si commuove per la sintonia di quel pezzo di Chiesa con la “particolare sensibilità” del suo cuore, spiegandola così: “Ho scoperto la necessità di amare, di non giudicare a priori e se qualche volta vedo situazioni che non vanno, l’amore deve venir prima di ogni altra considerazione. (…) Ho capito che l’amore è come una costruzione, della quale noi vediamo solo le fondamenta, perché il soffitto è il Cielo stesso: l’Infinito”.
Diversi cambiamenti e circostanze di vita lo porteranno, anni più tardi, ad incontrare l’esperienza di Comunione e Liberazione. Marco abbraccerà con grande entusiasmo questa nuova avventura nella libertà, nella gratitudine e nella coscienza che tutti i Movimenti appartengono per Grazia all'unico Corpo Mistico di Cristo. Di don Luigi Giussani, lo colpisce un semplice, ma profondo programma di vita: “Che il quotidiano diventi eroico e che l’eroico diventi quotidiano”. E’ la concretezza di una proposta cristiana, che entra come giudizio e compagnia in tutti gli ambiti della vita, a conquistare questo giovane sempre alla ricerca di un “di più”.
Inizia così per Marco un instancabile impegno in ambito umano, sociale e politico. Eletto presidente del CAV (Centro Aiuto alla Vita) di Monfalcone, lascia un’impronta decisiva nel riporre il diritto alla vita come centro della società: “Finché distribuiremo latte e pannolini, non saremo altro che uno dei tanti centri di assistenza - dirà nel suo discorso d'insediamento -. Quando la nostra azione metterà in discussione l’aborto di Stato e la falsa scienza su cui pretende di fondarsi la soppressione della vita nascente, allora il nostro Impegno avrà una efficacia ed un’attendibilità indiscutibili”.
Molteplici sono poi le iniziative culturali e sociali che organizza in ambito locale, avviando anche un fitto dialogo con le forze politiche del territorio per promuovere, nei programmi di governo, la difesa della vita, della famiglia, della libertà religiosa e di tutti i cosiddetti “principi non negoziabili”. “Non abbiamo bisogno dei partiti e delle forze sociali, ma sono i partiti, le forze sociali, anzi è l’intera società che ha bisogno della nostra azione materiale e culturale”, così Marco intende l’appartenenza cristiana: una passione totale per Cristo che diviene presenza ed opera d'amore nella realtà del mondo.
“E VIDI IL CIELO RIBALTARSI SULLA TERRA”
Marco ama tutto della vita, eppur nulla gli basta: giorno dopo giorno, rapidamente, tutto viene assorbito nel suo grido d'Eternità. Negli ultimi tempi della sua vita terrena Marco fatica a stare a valle, ha lo zaino sempre pronto e sempre più vuoto del necessario, come a dire che ormai la sua casa è lassù in cima: il Cielo lo ha rapito ancor prima di rapirlo. Il cammino di purificazione dalle "cose del mondo", verso l'Abbraccio del Padre, è quasi giunto al culmine.
Il perché lo spiega il suo amico e alpinista, don Romano Valle: “Ogni tappa raggiunta lo assicura che urge partire, la Meta è più in alto. Ormai calamitato dall’Eterno Marco non sopporta più nessuna tappa. Distaccato da tutto come alla base della parete rocciosa, pronto a salire anche al di là delle possibilità fisiche, lui si accorge, e invece di moderare, accelera la corsa fino al balzo disormeggiato: è calamitato dall’Assoluto che finalmente ha raggiunto. Perchè? E' il mistero di Marco che conosceremo raggiungendolo, incontrando Dio”.
Ancora una volta è la Montagna ad esser metafora e immagine dell’Amore di Dio, come lo stesso Marco scriverà prima di partire per la Vetta Eterna: “Se vuoi vivere, fai della tua vita un dono, se vuoi che la tua vita abbia valore, fanne dono per Amore, se vuoi che abbia un valore eterno fanne dono per Amore, amando come Dio Ama”. Marco lo ha fatto, semplicemente vivendo in pienezza le promesse fatte nel Battesimo e rispondendo fino in fondo al desiderio di santità a cui tutti siamo chiamati nello Spirito Santo.