Mandiamo a casa la Lagarde
“Non siamo qui per chiudere gli spread”. È bastata questa frase della presidente della Banca Centrale Europea per mandare a picco le Borse di tutta Europa. Parole irresponsabili e misure inadeguate per fronteggiare la crisi. È già ora che torni a casa.
Nella serata di giovedì le borse europee sono crollate tutte contemporaneamente: Parigi ha perso il 12,2% Francoforte il 12,2% Londra il 10,9% Madrid il 14% Milano ha subito il tracollo più terribile di sempre, meno 16,92%, 84 miliardi di euro bruciati in un baleno, nel pieno di una crisi con prospettive economiche terribili provocate dalla crisi sanitaria del coronavirus che si è ormai estesa a tutta Europa.
A provocare questo cataclisma le parole irresponsabili pronunciate da Christine Lagarde, la francese da pochi mesi eletta presidente della Banca Centrale Europea, da cui tutto il mondo finanziario ed economico si attendeva giovedì l’esatto contrario, e cioè che illustrasse con forza le misure e gli strumenti straordinari che la banca intende mettere in campo per sostenere le imprese, i cittadini, i governi.
“Non siamo qui per chiudere gli spread” ha invece dichiarato, l’opposto di quel “faremo tutto quello che è necessario” che era diventato il mantra del suo predecessore Mario Draghi che era così riuscito a salvare l’euro.
E la reazione dei mercati e degli spread a quelle sue parole è stata immediata, i mercati sono crollati, gli spread sono schizzati verso l’alto (quello italiano ha toccato i 262 punti, cento in più dei giorni precedenti). A poco sono valse le timide parole di smentita pronunciate qualche ora dopo dalla stessa Lagarde, a seguito delle furibonde proteste partite un pò da tutte le capitali europee.
È evidente che Lagarde e il board della BCE non hanno idea della crisi pesantissima che incombe sul nostro paese e tra poco colpirà anche gli altri paesi a seguito della pandemia del coronavirus. Forse bisognerebbe prelevare la gentile dama dal suo palazzo dorato (dove dicono che la vita proceda come prima, con riunioni affollate, baci e abbracci) e portarla a vedere le piazze deserte delle nostre città, i negozi chiusi, gli ospedali che scoppiano, le fabbriche in gravi difficoltà. Ma basterebbe anche che madame si informasse delle misure drastiche che gli altri paesi europei, compresa la sua Francia, stanno prendendo per tentare di frenare la crisi che dilaga. Oppure che leggesse i bollettini delle borse, dove Wall Street in questi mesi ha perso il 30% e Piazza Affari il 40%.
Servivano, e servono tuttora, decisioni ferme e coraggiose che invece non sono arrivate, come quelle della Federal Reserve che ha immesso 1500 miliardi di dollari nel sistema USA per i prossimi tre mesi.
Mario Draghi, in un’analoga situazione, nel 2016 faceva comprare ogni mese 80 miliardi di euro di titoli di stato, questa volta gli esperti calcolano che ne basterebbero 60, ne sono arrivati meno della metà, e con questi la battaglia per salvare l’economia europea, e oggi anzitutto italiana, non la si vince ma la si perde.
I fondi servono per sostenere le imprese, per pagare la cassa integrazione, per aiutare le piccole e medie imprese, per favorire il commercio e le esportazioni, per ristorare chi ha perso il reddito e forse il posto di lavoro, per costruire nuovi ospedali, ecc. ecc.
Eppure Lagarde ha detto quel che ha detto e ha preso decisioni assolutamente inadeguate. Un errore simile in un simile momento è irresponsabile e inaccettabile, Lagarde deve subito rassegnare le dimissioni. Le parole dure di Mattarella ieri sera devono essere accompagnate da passi formali del nostro governo, e si auspica dei governi degli altri paesi colpiti, che vadano in questa direzione.
Spagna, Francia, Portogallo, Grecia, questi sono i paesi più esposti assieme all’Italia: per loro le parole di Lagarde, la timida smentita, le poche risorse annunciate devono suonare come un potente campanello di allarme. Si apre la fase di una nuova dura guerra in BCE. Per sette anni la presidenza di Mario Draghi ha tutelato il Sud dell’Europa, ora bisogna impedire che Lagarde sia succube, consapevole o inconsapevole, della volontà egemone della Bundesbank e dei suoi alleati del Nord.