Mancano poche ore all’inizio dell’udienza che deciderà della sorte di Asia Bibi
La Corte Suprema sta per esaminare la richiesta di revisione della sentenza di assoluzione di Asia Bibi. Se il verdetto pronunciato a ottobre sarà confermato, Asia sarà libera di lasciare il Pakistan
Mancano poche ore all’inizio dell’udienza presso la Corte Suprema per la revisione della sentenza di assoluzione di Asia Bibi, revisione chiesta dai partiti islamisti e autorizzata dal governo per mettere fine alle violente manifestazioni di protesta che nei primi tre giorni dello scorso novembre, alla pubblicazione del verdetto della Corte Suprema, hanno paralizzato Islamabad e altre città del Pakistan. “Non tolleriamo attacchi alla santità del nostro profeta” minacciavano i leader del Tehreek-e-Labaik e degli altri partiti islamisti annunciando nuove proteste e accusando il governo di essere al servizio dell’Occidente e di Israele. Ma il governo ha raccolto la sfida. A fine novembre ha ordinato l’arresto di migliaia di militanti, inclusi i leader, tutti accusati di sedizione e terrorismo. A gennaio sono poi scesi in campo oltre 500 imam con la “Dichiarazione di Islamabad”, un documento di condanna di qualsiasi violenza fatta in nome della religione e di solidarietà con le minoranze perseguitate. Nel frattempo Asia Bibi era stata condotta in un luogo segreto dove tuttora vive protetta da agenti per impedire che sia raggiunta dalla vendetta degli islamisti. La maggior parte delle revisioni dei verdetti della Corte suprema vengono immediatamente archiviati. Confida che sarà così domani l’avvocato di Asia Bibi, Saif-ul-Malook, che era fuggito dal paese temendo per la vita, ma che è rientrato in Pakistan nei giorni scorsi per rappresentarla in tribunale: “la richiesta di revisione è stata fatta su basi inconsistenti – sostiene – prive di fondamento costituzionale. A Dio piacendo, domani (29 gennaio) la sentenza sarà a favore di Asia Bibi e lei sarà una persona libera di andare dove vuole”. In tal caso finalmente potrà riunirsi alla sua famiglia e lasciare il paese dove non può più sperare di vivere al sicuro. A novembre il premier canadese Justin Trudeau aveva avviato contatti con il governo pachistano per offrirle asilo.